Dovrebbe essere questa la settimana decisiva per la lotta alla diffusione del coronavirus. Ci si avvicina, secondo l’opinione di alcuni esperti, sempre di più al picco di contagi e il ritmo di crescita continua a calare. I numeri assoluti di nuovi contagiati e, purtroppo, di morti, sono sempre molto elevati e potrebbero crescere ancora. Tuttavia a quasi due settimane dall’introduzione delle misure restrittive estese all’intero territorio nazionale si aspettano i primi, importanti, risultati del provvedimento entrato in vigore l’11 marzo. La larga maggioranza della popolazione sta rispettando le misure decretate dal governo e gli effetti si vedranno – o almeno si auspica – a partire da questa settimana. Il ritmo di crescita è sceso, nella giornata di ieri, all’1,09. Che significa ciò? Che il numero di casi attivi va moltiplicato per 1,09. Ricordiamo che fino a 10 giorni fa il ritmo di crescita si assestava attorno all’1,25 (il che significa un raddoppio dei casi in circa 3/4 giorni).
In virtù dell’approssimazione al momento critico, è arrivato l’ennesima (forse ultima) stretta da parte del governo, che ha imposto la chiusura di molte altre attività produttive e vieta finalmente anche gli spostamenti da un Comune all’altro per tornare nella propria residenza.
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Quando raggiungeremo il picco: ecco le ipotesi
Una delle ipotesi più accreditate vede il raggiungimento del picco di contagi per la fine di questa settimana (attorno al 29-30 marzo). Ricordiamo che il moltiplicatore descritto sopra tenderà a 1 in prossimità del giorno del picco. Quando il moltiplicatore scenderà al di sotto dell’1, significherà che il numero di casi risolti (tra guariti e deceduti) supererà il numero di nuovi contagi giornalieri, riducendo così il totale dei casi attivi. C’è chi parla del picco tra 48 ore e chi, invece, si mostra più cauto, rimandando la previsione a fine mese. Sembra essere scartata l’ipotesi di un picco ritardato ad aprile, il che è sicuramente una buona notizia. Prima si arriva al picco, prima comincerà la decongestione dei reparti di terapia intensiva, ormai al collasso in Lombardia e prossimi al collasso in Veneto.
L’epidemia da coronavirus e i rischi della fuga dal Nord
Uno dei fattori di maggior preoccupazione per gli esperti riguarda l’esodo dal Nord verso il Meridione. La Regione più colpita dalla fuga di tanti studenti e lavoratori verso le proprie residenze sarebbe la Puglia. La stragrande maggioranza dei casi rilevati nella Regione governata da Michele Emiliano è relazionata con l’esodo. Sono molti i genitori e familiari di ragazzi “fuggiti” dal nord che hanno accusato i sintomi da coronavirus e che sono risultati positivi al tampone. Va quindi tenuta sotto stretta osservazione la curva epidemiologica nel Sud Italia, considerato che la capacità di risposta del Servizio Sanitario Nazionale nelle regioni meridionali è meno preparata, almeno in termini numerici, delle regioni settentrionale.
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