C’è un po’ di confusione quando si parla di alcune tematiche legate al Coronavirus o Covid-19: facendo una rapida disamina di quanto dichiarato negli ultimi 40 giorni da epidemiologi, virologi e infettivologi siamo di fronte a qualcosa di bizzarro, soprattutto in termini di contraddizioni. Ma è normale quando si ha a che fare con un virus che ancora si deve conoscere in maniera approfondita. Nel novero delle incertezze sono da contare anche quelle relative al caso dei contagiati asintomatici da Coronavirus: sono enormi diffusori di contagio oppure no?
Contagiati asintomatici Coronavirus: le parole di Angelo Borrelli (Protezione Civile)
Il capo della Protezione Civile Angelo Borrelli, che ormai abbiamo imparato ad attendere ogni pomeriggio alle ore 18, in un’intervista a Repubblica ha preso le difese del governo affermando che “il 31 gennaio ha dichiarato lo stato di emergenza e bloccato i voli da e per la Cina, mi sembra che abbiamo compreso subito che questa epidemia era una cosa seria”. Quindi ha parlato di contagiati ufficiali, che per il momento ammontano a 63 mila persone. Tuttavia “il rapporto di un malato certificato ogni dieci censiti è credibile”.
In Corea del Sud un’applicazione ha permesso ai soggetti negativi al Coronavirus di circolare liberamente ed evitare persone o luoghi potenzialmente infetti. Sui contagiati asintomatici, almeno nel nostro Paese e scorrendo in panoramica gli articoli usciti nell’ultimo mese, sembra esserci parecchia confusione.
Contagiati asintomatici Coronavirus: l’analisi di Pregliasco
Iniziamo da un articolo pubblicato sul portale grupposandonato.it del 9 marzo scorso. Nell’occhiello leggiamo: “Essere positivi al Covid-19 vuol dire aver contratto il virus. Si può essere, tuttavia, positivi senza avere sintomi ed essere contagiosi anche dopo l’infezione”. Il virologo dell’Università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco spiega che “un caso positivo di Coronavirus è un soggetto a cui, a seguito di un tampone faringeo, viene riscontrata la presenza di virus vivo nelle vie respiratorie e che è quindi in una condizione di contagiosità che può andare avanti anche quando c’è la guarigione dei sintomi”. Alla luce di ciò “tutti i soggetti positivi, anche se poco sintomatici, vanno considerati a rischio”. Pregliasco consiglia ai soggetti che hanno avuto contatti con persone positive al Coronavirus di isolarsi per 14 giorni (tempo massimo di incubazione) e di prestare attenzione alla propria salute. Insomma, ne conviene un caso positivo da Coronavirus sia un potenziale diffusore di contagio. Anche se totalmente asintomatico? A inizio marzo alcune persone (5%) rientravano in questa casistica. “Difficile che un soggetto asintomatico, rispetto a uno che manifesta raffreddore e tosse, contagi in modo significativo un’altra persona. Anzi, è possibile, ma con minore efficacia e minore probabilità”. Anche in questi casi, dunque, si consigliava di osservare le misure precauzionali e rispettare un periodo di quarantena. C’è di più: nell’articolo il virologo precisa che quando i sintomi regrediscono è sempre meglio restare in quarantena ed eseguire un ulteriore test che possa confermare la negatività e dunque la susseguente non contagiosità.
Il caso Vo’ Euganeo
Passiamo ora ad un articolo pubblicato su Repubblica e datato 16 marzo 2020. Qui il titolo racconta una narrativa emblematica: “Il 50-75% dei casi a Vo’ sono asintomatici. Una formidabile fonte di contagio”. Sostanzialmente i casi positivi al Coronavirus asintomatici sono trattati come diffusori di contagio e quindi potenzialmente pericolosi. In questo contesto è importante (anche a posteriori) il contenuto di una comunicazione che il professore ordinario di Immunologia all’Università di Firenze Sergio Romagnani ha inviato alla Regione Toscana parlando proprio del caso Vo’ Euganeo. I dati hanno mostrato che “la percentuale delle persone infette, anche se asintomatiche, nella popolazione è altissima e rappresenta la maggioranza dei casi soprattutto, ma non solo, tra i giovani; e l’isolamento degli asintomatici è essenziale per riuscire a controllare la diffusione del virus e la gravità della malattia”. Seguendo il pensiero di Romagnani, un elemento chiave fondamentale nella lotta contro il virus consiste nello “scovare le persone asintomatiche ma comunque già infettate perché nessuno le teme o le isola” e questo è il caso di medici e infermieri “che sviluppano frequentemente un’infezione asintomatica continuando a veicolare l’infezione tra loro e ai loro pazienti”. Informazione, quest’ultima, che può essere riletta oggi dove si stanno scontrando due correnti di pensiero sulla prosecuzione operativa o meno dei medici e degli operatori sanitari positivi asintomatici.
Infatti, già allora (che poi non è altro che una settimana fa) “si sta decidendo di non fare più il tampone ai medici e agli infermieri a meno che non sviluppino sintomi”, decisione giudicata potenzialmente “estremamente pericolosa” perché “gli ospedali rischiano di diventare zone ad alta prevalenza di infettati in cui nessun infetto è isolato”. Non solo: con l’isolamento di tutti i soggetti infettati a Vo’ Euganeo, il numero totale dei malati è sceso da 88 a 7 in una decina di giorni.
I contagiati asintomatici sono il principale veicolo del virus?
Il giorno dopo, martedì 17 marzo 2020, askanews riporta uno studio effettuato da un team di ricercatori di Cina, USA, Gran Bretagna e Hong Kong, nel quale si rivela che il principale vettore del contagio da Coronavirus è rappresentato da casi di asintomatici o persone con lievi sintomi non sottoposti a test. È praticamente la conferma di quanto spiegato da Romagnani alla Regione Toscana dopo lo studio del caso di Vo’ Euganeo. Lo studio in questione è stato pubblicato su Science Magazine e rivela come l’86% delle infezioni in Cina non è stato documentato nei 14 giorni precedenti alla decisione di mettere Wuhan in quarantena. Attenzione: la carica virale dei contagiati asintomatici è inferiore del 50% rispetto a quella che possiedono i contagiati sintomatici gravi, ma i primi hanno rappresentato un’agevolazione non da poco nella diffusione del virus in Cina. Il pericolo maggiore, secondo la ricercatrice Lui Ruiyn, sta nel fatto che mentre le persone con sintomi non si muovono normalmente, “gli asintomatici generalmente si muovono come se si fosse in situazione normale, perché i sintomi non sono gravi abbastanza per metterli in allerta e cambiare i comportamenti di viaggio”. Pertanto la conclusione è cercare di fare più test a tutti, in modo da rallentare la veloce trasmissione del virus da parte dei contagiati asintomatici, nonché per creare maggiore consapevolezza pubblica.
L’opinione di Oms e Iss
Veniamo ora a un articolo pubblicato su ilfattoalimentare.it domenica 22 marzo 2020, che fornisce le risposte di Oms e Iss (le massime autorità in campo sanitario) sul tema della necessità di fare il tampone nei soggetti asintomatici. Questione che si pone nella polemica di dover fare o meno i tamponi ai residenti di una zona focolaio o ad alto rischio. Ovviamente il problema vero è la mancanza di laboratori in grado di analizzare tali campioni, ma per il momento, basandosi sulle prove scientifiche finora disponibili, “il Consiglio superiore della sanità non raccomanda l’esecuzione del tampone alle persone asintomatiche”. Infatti, sempre sulla base delle prove scientifiche disponibili, “l’Oms ritiene che il motore principale della trasmissione del nuovo coronavirus 2019-nCoV sia il contatto con persone malate che hanno contratto l’infezione e hanno manifestato i sintomi della malattia”. Pur ammettendo la possibilità di trasmissione del virus da persone infette ma asintomatiche, Iss e Oms sono concordi nel sottolinearne la rarità. Senza sintomi, una persona seppur positiva al Coronavirus avrebbe poche possibilità di trasmettere il virus. L’Iss ha dunque informato che “in base a quanto già noto sui coronavirus, sappiamo che l’infezione asintomatica potrebbe essere rara e che la trasmissione del virus da casi asintomatici è molto rara. Sulla base di questi dati, l’Oms conclude che la trasmissione da casi asintomatici probabilmente non è uno dei motori principali della trasmissione da coronavirus 2019-nCoV”. Sintetizzando, insomma, sulla base delle evidenze scientifiche attualmente disponibili e sul funzionamento generico dei coronavirus (classe di virus a cui il Covid-19 appartiene), la trasmissione del virus da casi asintomatici non sembra essere molto frequente.
Contagiati asintomatici Coronavirus: mancano evidenze scientifiche, ma i numeri ci sono
Veniamo infine a un recentissimo articolo pubblicato su Il Bo Live, il magazine dell’Università di Padova. Un articolo pubblicato su Nature a firma di Jane Qiu della University of New South Wales, che si basa su alcuni dati relativi agli asintomatici non intercettati. Si cita così il caso di 565 cittadini del Giappone evacuati a inizio febbraio da Wuhan: di questi solo 13 erano stati contagiati da Coronavirus e solo 4 (ovvero il 31%) era asintomatico. Una percentuale fin troppo bassa. Come bassa è la percentuale dei casi asintomatici sulla Diamond Princess: su 3.711 passeggeri, solo 700 persone erano state contagiate, e di queste solo il 18% risultava asintomatico. Il sospetto generale è che gli asintomatici contagiosi fossero in realtà di più rispetto a quelli rilevati nei due casi sopraccitati, perché molte persone infette non sono collegabili ad alcun caso noto di Coronavirus o a qualche contatto di focolaio.
La tesi che ne segue è che gli asintomatici siano molti di più rispetto al numero dei contagi rilevati. Nell’articolo si cita un altro studio condotto da americani e cinesi che rivela come a Wuhan, su un campione di 26 mila contagiati rilevati con test di laboratorio il 28 febbraio 2020, il 59% di tutti i contagiati fosse asintomatico. “Se questa percentuale è realistica”, scrive Pietro Greco, “significa che sabato scorso quando i contagiati certificati da test di laboratorio risultavano in Italia 53.578, in realtà erano all’incirca 135.000”. Viene poi citato nuovamente il caso di Vo’ Euganeo: prendendo per buono che il 75% dei contagiati fosse asintomatico, sabato scorso il numero dei contagiati asintomatici poteva superare le 200 mila unità.
Contagiati asintomatici Coronavirus e contagiosità: i dati
L’aspetto più importante riguarda però la contagiosità: come abbiamo visto l’Oms non ritiene altamente pericoloso il soggetto asintomatico, mentre il caso Vo’ Euganeo è emblematico nel sottolineare come la capacità infettante del soggetto senza sintomi sia importante. Mancano però le effettive evidenze scientifiche, anche se altri numeri potrebbero correre nella direzione di quanto sia importante fare tamponi a tutti i soggetti (nonostante le ovvie difficoltà logistiche, qui siamo sul campo del teorico) e isolare anche gli asintomatici per rallentare o impedire la velocità della trasmissione del virus. “Resta il mistero della letalità che in Italia e, in particolare, in Lombardia è molto più alta della media mondiale, calcolata in 3,2 decessi ogni cento contagiati accertati”, calcola Greco. Ebbene, questa percentuale scenderebbe all’1,3% qualora gli asintomatici fossero almeno il 60% dei contagiati. E scenderebbe ulteriormente “se i contagiati asintomatici e i contagiati sintomatici non contabilizzati fossero molto più del 60% o addirittura del 75%”.
La conclusione? Non ci sono ancora le prove scientifiche, ma molti studiosi sembrano concordare sul fatto che il numero dei contagiati sia molto più elevato rispetto a quello previsto. E in tale direzione la raccomandazione di restare a casa può rappresentare un modo per preservare e tutelare la sicurezza delle vite umane e la resistenza delle strutture sanitarie.
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