Come ogni crisi ricorrente, torna lo spettro del governo tecnico a guida Mario Draghi. L’ex governatore della Bce sembra essere un passepartout da impiegare, ogni qual volta una crisi economica o politica interviene a minare la stabilità dell’establishment.
Di certo, all’orizzonte – lo ripetono da più parti – si profila una crisi economica senza precedenti e, stante alle ultime notizie, Draghi sarebbe il nome su cui maggioranza e opposizione convergerebbero per un governo di unità nazionale.
Dopo l’audizione del ministro Gualtieri che ha riferito in Parlamento, fonti autorevoli del Partito democratico hanno diffuso le ipotesi – definite “ottimistiche” – del Ministero dell’Economia e delle Finanze circa la previsione di un crollo del Pil nel 2020 tra il 5 e il 7%. Il che farebbe pronosticare l’intervento del governo per una manovra choc di rilancio dell’economia nazionale.
Benché il Patto di stabilità sia sospeso nell’euro-zona, una manovra del genere non può non presupporre l’assenso di tutto il Parlamento, opposizioni comprese. Pertanto, “Super-Mario” Draghi potrebbe essere indicato come il prossimo Premier a guida di un governo di unità nazionale.
Governo ultime notizie: ipotesi “unità nazionale” comincia a paventarsi
A dispetto di quanto ribadito da Conte una settimana fa, l’ipotesi di un governo di unità nazionale si fa sempre più largo all’interno del quadro politico. Persino i pentastellati, un tempo sacerdoti dell’ “anti-politica”, sembrerebbero mossi da un profondo senso di responsabilità istituzionale con Di Maio che si chiede per quanto tempo ancora si possa chiedere alle opposizioni di aderire al principio di unità nazionale, senza un’effettiva partecipazione al governo da parte loro.
D’altro canto, è proprio Franceschini a rilanciare le parole di Mattarella, secondo cui è necessaria la stessa unità del periodo post-bellico, quando «tutti i partiti parteciparono al governo di ricostruzione»: se è vero che «oggi è in campo la Nazionale» – chiosa il ministro della cultura – allora tutti devono giocare.
L’ipotesi di un «governo di unità nazionale» si fa largo anche tra gli strenui difensori della maggioranza a guida Conte. Secondo Bettini, il «tavolo permanente» tra partiti di maggioranza e opposizione, a lungo andare, prefigurerebbe un esecutivo di «unità nazionale»
Considerando poi il lockdown, la sospensione del referendum per il taglio dei parlamentari (originariamente prevista il 27 marzo, poi rimandata a causa dell’emergenza coronavirus), la necessità di varare una nuova legge elettorale, anche l’ipotesi di tornare alle urne sarebbe impraticabile.
Di fatto, l’ “unità nazionale” tra maggioranza e opposizione è già rotta. I malumori serpeggiano tra le opposizioni, con Giorgetti che retoricamente si chiede se sia possibile per il governo affrontare la «più grave crisi del dopoguerra», con sistema finanziario allo sfascio, un rapporto debito/Pil che supererà il 150% e un Paese genuflesso a Europa e mercati per non affondare. D’altronde, sono alcuni pezzi stessi del PD a ritenere che la nave del governo Conte potrebbe non reggere gli urti della tempesta dell’emergenza e non riuscire a traghettare il Paese fino a fine legislatura nel 2022.
Mario Draghi “salvatore della Patria”?
Sulla figura di Mario Draghi, stante alle ultime notizie e alle indiscrezioni, convergerebbero tanto l’opposizione quanto la maggioranza di governo. Un nome, quello dell’ex governatore della Bce, che metterebbe d’accordo tutto l’arco parlamentare, dalla Lega di Salvini quando lo definisce «il meglio alla guida del Paese in questa fase delicata», a Renzi, passando per Fratelli d’Italia e PD.
L’insofferenza sembrerebbe montare soprattutto nei confronti del ministro dell’economia Gualtieri, giudicato da più parti debole e incapace di trattare a Bruxelles, soprattutto in questi giorni in cui sui tavoli europei si gioca la partita della riforma del Mes e, non in ultimo, sugli Eurobond proposti dall’Italia che la Germania continua a osteggiare.
Nel frattempo, ieri il capogruppo del PD Delrio ha ribadito che «il dialogo con le opposizioni deve andare avanti». Ed è proprio su Draghi che, secondo un fronte bipartisan, questo dialogo potrebbe diventare strutturale a causa di un insieme di fattori: il suo profilo istituzionale, l’endorsement che avrebbe dalla Lagarde e perché, una volta finito il mandato, non rappresenterebbe un competitor per i partiti.
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