La storia di Consuelo – primo appuntamento

Pubblicato il 25 Marzo 2020 alle 19:27 Autore: Nicolò Zuliani

Consuelo immagina quello che non conosce, c’è qualche litigata e Guido ha un segreto che non vuole svelare.

La storia di Consuelo – primo appuntamento

[Sette prostitute e tre clienti]
Ciclo della paura: [Giulia] – [Jackson] – [Consuelo] – [Xeni] – [Clelia] – [Guido] – [Gaia] – [Andrea] – [Rosa] – [Elettra]
Ciclo del primo appuntamento: [Giulia] – [Gaia]

«Consuelo» fa Andrea, cercando i suoi occhi «Stasera racconta tu una storia.»
«Non sono quella giusta, mi sa. Passo.»
«Ma ognuno deve… devono raccontare una storia, no?»
«Non posso» dice lei, tirandosi indietro i capelli «Non so com’è un primo appuntamento.»

«In che senso?»

«Non ne ho mai fatto uno, va bene? Non si può parlare di qualcosa che non si conosce, e se escludiamo la pizza con il fidanzatino del paesino quando sei minorenne, che poi è banalissimo, non so com’è. Oh, potrei raccontare decine di uscite con dei tizi e centinaia di sessioni con i clienti, qui. Ma nessuno mi ha mai chiesto un appuntamento.»

«Nemmeno all’università?» domanda Rosa.

«Che c’entra, lì è differente. Ci vediamo lì, c’incontriamo là, fai un salto che, ci becchiamo con. Alla fine ti trovi sbronza a mangiare pizza al trancio su dei gradini da sola con lui, annaspi a casa tra le coinquiline tue o sue, fai piano, ciao e grazie, magari lo rifacciamo. Richieste di amicizia, like, poke, commentini tra il viscido e lo sfigato, chat infinite poi oh, ma una birra?

Magari potrei inventarmi gli approcci degli uomini più grandi, ma quando stai in pantaloni di lino e dredd non si formalizzano, ti dicono “ci beviamo qualcosa” e stai nello stesso pub a vergognarti che ti vedano con uno dell’età di tuo padre, perché lui è uno che non si formalizza, è uno alla mano, vuole sembrare giovane. Raccontatemelo voi, un primo appuntamento.»

«E ti stupisci?» sogghigna Guido, stiracchiandosi sul divano «Chi vuoi che t’inviti fuori? Una come te io nemmeno l’avrei vista, per strada. Fate parte del paesaggio come i cestini dell’immondizia.»
«Ooh, adesso capisco perché di sopra non mi tocchi e non mi fai toccare nemmeno dal tuo mandingo, è disprezzo» ringhia Consuelo, avvampando «Ma ti assicuro che di vecchi come te che c’hanno provato potrei farci l’elenco telefonico.»
«Dei perdigiorno; bastavano cinquanta euro.»

«Cristo, Guido» fa Rosa, con una smorfia di disgusto.

«Allora immaginalo!» esclama Xeni, dal fondo «Racconta UN primo appuntamento. Quello che vorresti.»
«Oh, per carità» crolla Guido, allargando le braccia «Donna pelata, almeno tu! Sogni e ambizioni d’una marchettara? Ti prego.»
«Cerco solo di essere d’aiuto.»
«Allora fàda bere e taci. Piuttosto, Consuelo, racconta di quelli della mia età che ci provavano. Con che tristezza di macchina venivano? Quanto gli chiedevi?»
Consuelo si volta verso Andrea: «Gli dici qualcosa, per favore?»
«E cosa… che devo dirgli?» balbetta lui.
«Lascia perdere la mezza cartuccia» fa Guido «Sentiamo ‘sta storietta di fantasia, avanti.»

«Immaginate una ragazza un po’ ingenua. No, forse… illusa? Una sognatrice. Testa tra le nuvole, guarda gli alberi che fioriscono in primavera e non sente che la chiamano per l’esame, ascolta colonne sonore dei film italiani degli anni ’60 e cerca tra gli altri studenti l’uomo che un giorno la guarderà negli occhi in una piccola sala comunale di provincia. Un giorno lo incontra ed è bello, non un modello, ma quelli con una bella struttura e stropicciati che stanno diventando adulti, ma non sanno ancora come.

Uno di quelli che la fanno sognare l’uomo che sarà.

Fanno due parole, le chiede il numero, le domanda di uscire a cena sabato sera in un certo posto che conosce. Oh, lei fa qualche battuta, è simpatica e brillante, e alla fine accetta. La settimana è lunga, così lunga che lei vorrebbe solo dormire per farla passare più in fretta. Non pensa ad altro, sogna ad occhi aperti e s’impone di non farlo. Ne parla con sua sorella e poi se ne pente. Gli scrive messaggi che poi cancella e prega lui non abbia notato che li stava scrivendo. Poi comincia il batticuore dello scegliere il vestito giusto; che tipo di uomo è, lui? Non lo conosce ancora.

Vuole essere bella ma anche appropriata, speciale ma non eccessiva. Sexy, ma non… così» dice Consuelo, indicandosi la giarrettiera «Allora potrebbe mettere quel vestito preso al mercatino, ma non le cade bene sui fianchi. Passa il pomeriggio a guardare il proprio guardaroba e trova ogni capo orribile, ha voglia di comprarne uno apposta, ma sarebbe troppo. O no? Si consulta con sua sorella, ed è tutto uno studiare il posto, guardare le foto in Internet. Oppure potrebbe mettersi in pantaloni, però ogni occasione è buona per mettersi una gonna, no?

Lui la viene a prendere e ha un piccolo mazzo di fiori, la una camicia fuori dai pantaloni, una giacca da due soldi e il viso più innamorato che una donna possa sperare. Ha una macchinina che è poco più d’un guscio di noce, ma lei si accorge che l’ha pulita.

Entrano al ristorante e lui è a suo agio con il gestore, è educato e simpatico con i camerieri. Le consiglia cosa prendere e sa già cosa prende lui. Parlano e il vino corre via, come se si conoscessero da sempre, come se da qualche parte, per qualche motivo, fossero già stati uno nella vita dell’altro. Ed è una sensazione così forte che lei, nei giorni successivi, penserà che potrebbe addirittura essere vero. Le offre la cena e poi la porta in un posto diverso, dove… non lo so! Dove i vecchi giocano a bocce. Lei scopre che lui li conosce, perché lì ci gioca suo nonno.

Stanno lì a ridere e giocano insieme e lei pensa che sì, da grande sarà un brav’uomo. Poi la riporterà a casa e lei nel tragitto deciderà di impiegare più tempo del previsto a trovare le chiavi nella borsa. Lui scende e un po’ per scherzo e un po’ davvero le apre la portiera. Lei fruga nella borsetta e fruga e prega, lui la prende piano per i fianchi e la bacia. È un bacio splendido, appassionato e curioso, ma non aggressivo. La guarda negli occhi e a lei non serve inventare scuse, la saluta e se ne va. Lei sale le scale domandandosi se non doveva invitarlo su, mette i fiori in un vaso e si addormenta scrivendosi con lui.»

«Patetico» fa Guido, alzandosi e andando alla finestra «Patetico.»

«Ed ecco il cocktail della sera» annuncia Xeni, portando il vassoio «Clover club. Gin, limone e lampone fresco. Il mio preferito per celebrare la primavera, inventato in un country club del primo ‘900 da una grande ospite e subito diventato un classico internazionale. Quando lo si beve par di vedere cavalli, gare campestri, ortensie in fiore, prati verdi… ma anche tutta la dolcezza e ingenuità dei vent’anni. Dio, credo mi sbronzerò senza ritegno.»

Mentre gli altri bevono, Jackson si alza, prende la coppa di Guido e glie la porta. Il vecchio è in piedi che guarda fuori. Lui sussulta quando arriva, abbassa gli occhi, vede il cocktail e lo prende in fretta, tornando a perdere lo sguardo sulle montagne svizzere.
«Capo, forse… Y-you know… dovresti dire, sì?»
Lui beve una lunga sorsata: «Taci.»

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L'autore: Nicolò Zuliani

Veneziano, vivo a Milano. Ho scritto su Men's Health, GQ.it, Cosmopolitan, The Vision. Mi piacciono le giacche di tweed.
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