La storia di Clelia – Primo appuntamento
Gondor non esiste, ma chiede aiuto e qualcuno è pronto a darglielo. La droga dà, la droga toglie.
[Sette prostitute e tre clienti]
Ciclo I: [Giulia] – [Jackson] – [Consuelo] – [Xeni] – [Clelia] – [Guido] – [Gaia] – [Andrea] – [Rosa] – [Elettra]
Ciclo II: [Giulia] – [Gaia] – [Consuelo] – [Guido]
Xeni porta via l’ultimo piatto senza che a tavola qualcuno abbia spiccicato parola. Durante il pomeriggio, di sopra c’è stato ben poco movimento. Terminata la cena, Guido e Consuelo fanno per andarsene in direzioni opposte, ma Rosa si mette in mezzo. Confabula con il vecchio che va a sedersi al tavolo, distante dai divani. Consuelo cerca di andarsene, Elettra le morde la caviglia per poi venire tirata via dal guinzaglio di Rosa.
«Non far arrabbiare il mio cane» dice la donna.
È straordinario come il patetico risolva situazioni di stallo.
«Vogliamo parlare degli ultimi sviluppo?» domanda Rosa.
«No. Siamo qui per raccontare storie, giusto? Io la mia l’ho raccontata» fa Consuelo «Sentiamone un’altra. Divertente, se possibile.»
Clelia si aggiusta la coda, si umetta le labbra, passa una mano sulla spalla di Consuelo: «Ce l’ho io, un primo appuntamento. Non so se è divertente, per me non lo è stato, magari per voi sì. Avete presente l’aneddoto di Woody Allen sul primo appuntamento della sorella, no?»
«Vagamente.»
«Ecco, diciamo che la mia è una variazione sul tema. Lui era bello da far girare anche le colonne, e quindi stupido senza misericordia. Non so perché Dio abbia stabilito questa regola naturale, ma fidatevi: più è bello o più ce l’ha grosso e più stupido è. Lei… bè, diciamo che era primavera, era in quel periodo del mese in cui c’hai voglia di metterti i neon addosso e aveva un gran bisogno di conferme.
Insomma, gliela tira con la fionda in ogni modo e apriti cielo, succede: lui si rende conto della sua esistenza e la invita fuori a bere qualcosa. Lei si tira che manco miss Italia, tacco 12 dei cinesi che deve imbottire di cuscinetti come un’astronave ma – spera – non dovrà tenerseli tanto. Intimo Victoria’s secret che si fa arrivare dall’Inghilterra. Lo fa aspettare sotto casa dieci minuti e sale in macchina.
Lui è come al solito e manco c’ha pensato, a mettersi bene, ma chi se ne frega. È un cristone di due metri per uno con ‘sti occhi verdi che… vabbè. Vanno in una osmiza, e lei è l’unica in tacchi. Vabbè, tanto lei a suo agio non è mai. Mentre lei tenta d’imbastire una conversazione per salvare le apparenze a lui spunta uno strano sorriso sulla faccia.
Non malizioso: da ebete.
Ma lei crede di stare dicendo chissà che cose divertenti, crede lui colga la sottile ironia e l’arguto sarcasmo. Continua a parlare per tutta la cena e lui biascica sì e no due parole, pare distante. Rimontano in macchina, oramai sono le undici di sera e lei dovrebbe già essere senza vestiti in una cameretta che non rivedrà mai più, ma pazienza. Stanno andando, giusto? Se non che prima di salire in macchina lo vede buttarsi in bocca qualcosa. Cos’era, chiede. Una caramella, dice lui.»
«Che era? Viagra?» fa Guido.
«Magari. Aspetta.»
«Arrivano a casa di lui, che non è un appartamento: è la casa dei suoi genitori, la classica cascina caruccia col giardino e le paperelle. Lei vorrebbe andarsene ma lui spiega che ha una parte della casa tutta per lui. Va bene, tanto. Entra ed è un porcile che nemmeno vi dico ma chi se ne frega, fammi ‘sta festa che poi me ne vado. Si baciano. Si spogliano, lui è oltre ogni dire e non solo di fisico. La solleva di peso e la porta a letto e mentre cominciano i preliminari, lui è sudato.
Di nuovo, chi se ne frega, con tutto quel guizzare di TUTTO che c’hai per le mani. Lei si distende, lui mette il preservativo, sale sopra di lei, si volta un attimo verso la finestra e si paralizza. Una statua di sale. A quel punto, con la voce più terrorizzata che ho mai sentito in un uomo, dice “sono accesi”. Cosa, domanda lei. “I fuochi sono accesi” sbotta lui, tirandosi in piedi e scappando fuori dalla porta “Gondor chiede aiuto”, grida col coso in tiro e scappando fuori in cortile e poi nel Carso.»
«Ma sei seria?»
«Sìsì. Gondor chiede aiuto. Lei si riveste, cammina veloce e senza far rumore verso l’uscita, telefona a un amico dell’università che la viene a prendere – perché se bussava in casa magari era la famiglia di Non aprite quella porta. Due giorni dopo i giornali riportano la scomparsa, lei viene pure chiamata dai Carabinieri per raccontare questa identica versione.»
«Bè, più originale di ti chiamo io.»
«Ed ecco a voi una chicca, signore e signori: Singapore sling. È il 1915, nel mondo. Mentre i tedeschi spaventano gli Alleati sul fronte polacco, a Singapore gli inglesi fucilano decine e decine di ammutinati per poi rilassarsi nella splendida cornice del Raffles hotel, dove Ngiam Tong Boon, capo barman, crea un cocktail dolce e complesso per le donne, che all’epoca evitavano liquori e cocktail troppo aggressivi.
Il risultato è un’orgia di sapori, profumi ed erbe tenute insieme dal mio adorato Benedictine. Ideale per l’estate – o per chi la sogna.»