La domanda di invalidità o di aggravamento della situazione di invalidità può essere rifiutata e spesso, dietro a questa risposta, il richiedente lamenta e denuncia una risposta insoddisfacente e per nulla adeguata al livello fisico del soggetto. Sostanzialmente il soggetto può contestare l’esito della domanda (al termine della procedura), ma solo in alcuni casi, ovvero solo in quei casi in cui il ricorso è davvero legittimato. Nel caso di revisione della condizione di invalidità può accadere che la indennità di accompagnamento venga revocata o che la percentuale di invalidità sia ridotta (pertanto può accadere che al posto di un aggravamento ci sia un miglioramento), esito che però non sembra corrispondere alla realtà, almeno per il soggetto che è stato visitato.
Indennità di accompagnamento revocata o invalidità ridotta: cosa fare
Qualora ci si trovi soggetti a visite non proprio professionali e a esiti sfavorevoli e non rispondenti alla realtà della propria situazione che comportano una riduzione dell’invalidità (laddove invece non c’è) o la rimozione dell’accompagnamento (quando invece è necessario), si può fare ricorso, ma solo entro 180 giorni dalla data della notifica del verbale Inps.
Per far sì che il ricorso abbia un esito favorevole è preferibile reperire a supporto tutta la documentazione che attesta e certifica la grave situazione procurata dalle patologie che comportano l’invalidità. Per quanto riguarda l’indennità di accompagnamento, questa è riconosciuta solo nel caso in cui il soggetto necessita di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, oppure se non è in grado di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore. Pertanto è bene raccogliere documentazione attestante la condizione di non autosufficienza. Altro aspetto da non sottovalutare è la possibilità di portare con sé il proprio medico curante durante la visita Inps.
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