Pensioni ultima ora: Quota 100, ticket licenziamento va pagato
Pensioni ultima ora: quali sono i casi in cui il datore di lavoro è tenuto a pagare il ticket di licenziamento. Chiarimenti Inps
Pensioni ultima ora: quando il datore di lavoro è tenuto o non è tenuto a pagare il ticket licenziamento. La risposta alla domanda è contenuta nella circolare n. 40/2020 dell’Inps del 19 marzo 2020 e avente ad oggetto «Articolo 2, commi 31-35, della legge 28 giugno 2012, n. 92. Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita».
Pensioni ultima ora, info su cessazione rapporti di lavoro e versamento ticket licenziamento
La circolare – è scritto nel documento Inps a firma del Direttore Generale Gabriella Di Michele – fornisce un quadro riepilogativo delle tipologie di cessazione del rapporto di lavoro per cui si configura l’obbligo di versamento del c.d. ticket di licenziamento, introdotto con l’articolo 2, commi 31-35, della legge n. 92/2012. Sono inoltre trattate le fattispecie di sussistenza del suddetto obbligo contributivo nelle ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro cui consegua una prestazione pensionistica.
Come sintetizzato dal sito pensionioggi.it il datore non paga il ticket di licenziamento solo se al momento della risoluzione del rapporto il lavoratore ha maturato il diritto alla pensione di vecchiaia o alla pensione anticipata. Negli altri casi il datore di lavoro è tenuto al pagamento del contributo Il contributo va versato a prescindere dal fatto il lavoratore possa non fruire della Naspi optando per l’andata in pensione. Quota 100, ovvero la misura di pensione anticipata introdotta dal governo Conte I sostenuto da Movimento 5 Stelle e Lega col decreto n. 4/2019, rientra tra i casi in cui il datore di lavoro è tenuto al pagamento del ticket. Così come nel caso di Opzione Donna. Su Quota 100 che è una misura temporanea la cui validità è fissata al 31 dicembre 2021 ancora oggi imperversa il dibattito tra favorevoli e contrari.
Misura del contributo
Pensioni ultima ora – Il paragrafo 3 della stessa circolare Inps (n. 40/2020 del 19 marzo 2020) si sofferma sui criteri di calcolo della misura del contributi. Nel documento è scritto che «il contributo è pari al “41 per cento del massimale mensile di ASpI [oggi NASpI] per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni”. Il contributo è pertanto scollegato dall’importo della prestazione individuale e, conseguentemente, lo stesso è dovuto in misura identica a prescindere dalla tipologia di lavoro, che esso sia part-time o full-time[4]. Il contributo è interamente a carico del datore di lavoro e deve essere sempre versato in unica soluzione entro e non oltre il termine di versamento della denuncia successiva a quella del mese in cui si verifica l’interruzione del rapporto di lavoro».
Qui la versione integrale del documento INPS scaricabile in versione pdf
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