Continuiamo la nostra rubrica riguardante le grandi classiche del ciclismo, che purtroppo quest’anno sono state posticipate a causa del famigerato Coronavirus. Oggi parleremo delle Classiche del Nord, quelle che si svolgono nel mese di aprile e che, più che semplici corse ciclistiche, sono assimilabili alle fatiche di Ercole.
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Le Classiche del Nord: i tre gironi infernali
Se per quanto riguarda la Milano-Sanremo abbiamo usato termini bucolici e per la Strade Bianche abbiamo dipinto un’atmosfera agreste, invece le Classiche del Nord potremmo assimilarle a dei gironi infernali. Queste corse sono caratterizzate dal sudore, dal fango delle strade sterrate, dalla fatica, dal brutto tempo che spesso le contraddistinguono e dal pavé.
La corsa che apre la stagione delle Classiche del Nord è il Giro delle Fiandre, caratterizzata da strappi in pavé brevi ma distruttivi. Invece delle urla dei dannati, in questo girone dantesco le grida sono quelle di incitamento, da parte dei tifosi, per i propri beniamini. Per i fiamminghi, il Giro delle Fiandre è più di una semplice corsa ciclistica, anzi: per loro è più importante del campionato del mondo e vincerla trasformerebbe in eroi omerici i corridori, che hanno superato torture e mostri di tutti i generi, proprio come Ulisse con Scilla e Cariddi, Polifemo, Circe…
La Parigi-Roubaix è il culmine delle Classiche del Nord, è una corsa unica nel suo genere: non un metro di salita, solo pianura, ma la fatica per i corridori arrivati al traguardo è assimilabile a quella di chi ha percorso un tappone dolomitico. A rendere terrificante questa corsa sono i numerosissimi tratti in porfido, pietra e pavé, che causano ai ciclisti continui sbalzi e sobbalzi sulla loro sella. La ciliegina sulla torta è la pioggia, che spesso, in passato, si è abbattuta sui corridori, contribuendo a dare alla corsa l’appellativo, meritatissimo, di Inferno del Nord.
L’ultima delle tre classiche monumento del Nord è la Liegi-Bastogne-Liegi. Qui si cambia registro: non più pavé, ma irti muri con pendenze oltre il 20%. Anche il paesaggio cambia: non più fango e polvere tipici delle Fiandre, ma verdi paesaggi della Vallonia. Sembra di stare in un romanzo di Hercule Poirot, con tutti i corridori che cercano, come il celebre detective, di capire chi si “scipperà” il trofeo.
Se dobbiamo assimilare la Liegi a un girone infernale, probabilmente sarebbe l’ultimo, quello in cui risiede Lucifero: infatti la gara belga è l’ultima delle Classiche del Nord. Dopo di questa c’è il Purgatorio, rappresentato dalle settimane di preparazione per il Giro d’Italia, visto come il Paradiso, la gara ciclistica più amata e forse più bella del mondo.
Trittico del Nord: caratteristiche e curiosità
Il Giro delle Fiandre è, tra le Classiche del Nord, quella più completa: infatti presenta sia elementi di pavé sia muri con pendenze arcigne. Questi due elementi spesso si combinano e rendono la gara durissima per tutti i corridori. Il percorso è praticamente sempre lo stesso. La corsa nasce nel 1913, ideata dal giornalista Karel Van Wynendaele, fondatore del giornale Sportwereld. Prima di quest’anno si era tenuta ogni anno, ad eccezione degli anni delle due Guerre Mondiali. L’asperità più celebre è il Grammont, un muro in pavé dalle pendenze micidiali. Altri celebri muri, tutti per intero o almeno in parte in pavé, sono il Vecchio Kwaremont, o “Oude Kwaremont“, il Bosberg, il Koppenberg, il Molenberg e il Paterberg. Il campione in carica è il nostro Alberto Bettiol. La gara si sarebbe dovuta tenere domenica 29 marzo.
La Parigi-Roubaix, in programma inizialmente il 5 aprile, è la corsa gemella del Giro delle Fiandre: infatti anch’essa si svolge nelle Fiandre e anche qui è presente il pavé ma, a differenza della “sorella”, tutto il percorso è completamente pianeggiante. I corridori che vogliono giocarsi la vittoria di codesto “Inferno” devono possedere prima di tutto una potenza fuori dal comune, che permetta loro di farsi strada sul pavé, oltre a grandi doti di resistenza, vista la lunga durata della corsa e il chilometraggio. La prima edizione risale al lontanissimo 1896. Iconici il velodromo di Roubaix – sede del traguardo – e la Foresta di Arenberg, dove si trova il famigerato tratto in pietra, croce e delizia dei corridori e che ogni anno è preso d’assedio dagli appassionati e che è il primo frangiflutti della corsa: superato questo, si sa chi può vincere e chi no. Il campione in carica è Philippe Gilbert.
I corridori che hanno saputo stabilire record in queste due durissime Classiche del Nord sono, oltre al quasi scontato Eddy Merckx, sono stati Johan Museeuw, Fiorenzo Magni, Roger De Vlaeminck, Francesco Moser, Fabian Cancellara, Tom Boonen.
La Liegi-Bastogne-Liegi, inizialmente fissata per il 19 aprile, non ha come elemento fondante il pavé. La “decana”, come è soprannominata, è la classica più antica, nata nel 1892 dalla “Liege Cyclist Union”, club del primo vincitore, Léon Houa. A caratterizzare l’ultima delle Classiche del Nord sono gli strappi, le cotè, brevi tratti di salita in cui le pendenze superano il 20%. Per vincere questa corsa, oltre alla resistenza, dote immancabile per chiunque voglia poter competere in una Grande Classica, è necessaria la capacità di scattare in tratti di aspra salita. Eddy Merckx è, naturalmente, il primatista della competizione, avendola vinta cinque volte tra il 1969 e il 1975; solo due altri ciclisti hanno vinto quattro volte: Moreno Argentin (fra il 1985 e il 1991) e Alejandro Valverde (tra il 2006 e il 2017).
Il percorso dell’ultima delle Classiche del Nord è di circa 260 km, con partenza da Liegi. Si percorrono più di 90 km fino ad arrivare a Bastogne, da qui si torna verso Liegi percorrendo una strada diversa. Le tre cotè più famose sono la Redoute, la Roche-aux-Faucons e il Saint-Nicolas, soprannominata la salita degli Italiani in onore delle imprese di Moreno Argentin. Il campione in carica è il danese Jakob Fuglsang.
Con il taglio delle Classiche del Nord dalla stagione, per una volta, l’Inferno non arriverà sulla terra. Perlomeno non in Primavera.
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