La storia di Elettra – Il primo appuntamento

Pubblicato il 8 Aprile 2020 alle 18:53 Autore: Nicolò Zuliani

Il primo appuntamento per le persone comuni è con una persona; per altre è con un abisso.

La storia di Rosa – Il primo appuntamento

[Sette prostitute e tre clienti]
Ciclo I: [Giulia] – [Jackson] – [Consuelo] – [Xeni] – [Clelia] – [Guido] – [Gaia] – [Andrea] – [Rosa] – [Elettra]
Ciclo II: [Giulia] – [Gaia] – [Consuelo] – [Guido] – [Clelia] – [Andrea] – [Jackson] –

«Elettra…?» fa Andrea, con una smorfia dolorosa rivolta a Rosa.
«Il mio cane?» dice il magistrato «Vuoi sentire una storia del mio cane?»
«Bè, è pur sempre una persona.»
Rosa nitrisce una risata, tira Elettra per il guinzaglio e sporge la testa, studiandola. Dopo qualche istante scrolla le spalle e le libera la bocca dalla gag ball.

«Possiamo almeno guardarla in faccia?» dice Clelia «Inizio a dimenticarmi com’è.»
«È questa, la sua faccia» dice Rosa, accarezzando il cappuccio nero «Parla, Elettra. Intrattieni gli ospiti con il tuo primo appuntamento.»

Elettra, in ginocchio di fianco al divano, con addosso soltanto cappuccio e guinzaglio, si umetta le labbra e prende fiato. Prova a parlare, la voce le si impasta. Si schiarisce la voce, deglutisce, riprova:

«C’era una volta una ragazzina arrabbiata che voleva scappare dalla sua famiglia; cercava qualcuno che la portasse via e le facesse vivere la vita che sognava. Forse il principe azzurro, forse solo un passaggio, forse un altro salvagente a forma di scusa. Ma nella vita c’è una grande differenza tra quello che le persone vogliono e quello che dicono di volere. Ci sono le cose che ci piacciono, e quelle che ci piacerebbe ci piacessero. Sono quest’ultime che ci portano alla dannazione. A volte le persone inseguono per tutta la vita sogni che non gli appartengono perché… perché anche i sogni sono uno status symbol.»

Gli ospiti si scambiano occhiate confuse.

Gaia si sporge sul divano: «Elettra, ma sei davvero tu?»
Elettra volta la testa verso Rosa, lei annuisce: «Certo che sono io» risponde la ragazzina.
«T’hanno fatto una flebo d’intelligenza o cosa?» domanda Guido.

«Vorrei finire la mia storia.»
«Scusa, vai.»
«La ragazzina sognava un principe azzurro, ma non era quello che voleva davvero. Cercava un uomo così in alto che fosse irraggiungibile. Quando guardi l’orizzonte non ti fa differenza sapere se è a cento o a tremila chilometri, è distante e basta. Allo stesso modo, la ragazzina si raccontava che gli uomini erano sempre troppo poco, per lei.

Così li teneva a distanza.

Forse le facevano paura, forse le faceva comodo per giustificare la sua rabbia, e alla fine, la sua insicurezza. Poi un giorno incontra l’amore della sua vita, diverso da tutte e da tutti, grande e forte come mai ne aveva incontrati: il guinzaglio» dice, accarezzando con la mano la striscia di cuoio in mano a Rosa.

«Il… guinzaglio?» fa Andrea «Elettra, questa è una storia sul primo appuntamento.»

«Oh, lo so. Ma per me lo è. Un primo appuntamento è quando due mondi collidono, giusto? Quando due si studiano, si interessano l’uno dell’altro per scoprire se possono diventare una cosa sola. È un’occasione speciale, e questa lo è. Quando la ragazzina conosce il guinzaglio per la prima volta, sembra che dalle spalle le venga tolto un peso di cinquecento tonnellate. La rabbia, l’odio, la paura, le scuse, le bugie, non servono più. È amore a prima vista, il solo suono della fibbia che tintinna cercando il suo collare la fa fremere e il cuore le martella le tempie. Perché quando c’è il guinzaglio non deve decidere, non deve fingere di volere qualcosa, non deve preoccuparsi di cosa mangiare o indossare, dove andare, cosa fare.

Decide tutto lui.
Fa tutto lui.

A volte porta piacere, a volte dolore, ma il dolore è strano. Strano, sì. Il piacere è semplice. Il dolore è come un viaggio, alla fine serve solo a farci apprezzare il ritorno a casa. Chiunque può fare una carezza a un bambino, a una persona in difficoltà, o a un cane. Una sberla o un calcio invece no, sono azioni che espongono. Più dolore prova la ragazzina, più privazioni subisce, più la sua personalità si annulla, più è in pace. È spensierata, e dopotutto cos’è la felicità, se non spensieratezza? Dov’è il bello di innamorarsi, se non nel fatto che ci fa dimenticare i pensieri e i problemi di ogni giorno?

Alla ragazzina non importa chi c’è dall’altra parte del guinzaglio, se è uomo o donna, bello o brutto, ricco o povero. Lei ama il guinzaglio e il guinzaglio ama lei: la accudisce, la esibisce, la usa. Forse per voi che siete più grandi questo non è un primo appuntamento, non è amore, e io chi sono io per dirvi che avete torto? Ma la ragazzina è felice perché pensare, riflettere, per lei sono cose insopportabili.

Intollerabili.

Nel buio del cappuccio, nel silenzio delle cuffie, mentre qualcuno o qualcosa usa il suo corpo, lei riesce a sentire il cervello tacere. Riesce a sentire la felicità. Questo è il mio primo appuntamento» dice Elettra, poi si siede sui propri calcagni con le mani in grembo, chinando il capo davanti alla sua ciotola.

«Scusate, è troppo, per me» dice Rosa, asciugandosi gli occhi con un sorriso.
«Sto cercando la sanità mentale, sarà pur da queste parti» fa Guido, alzando il tappeto «Ma che problemi ha la vostra generazione?»

«IIIIIIL COCKTAIL» fa Xeni, portando il vassoio con dieci coppe Martini «Per la vostra – e mia – gioia ecco a voi il sapore dei vent’anni: il margarita, ovviamente con il sale sul bordo. Cocktail dotato di enorme carisma e senza alcun parente con cui fare paragoni, fiero ed eccessivo. Le sbronze di tequila sono le peggiori della vita, dunque serve una verde età per non finire in ospedale. Oppure serve la maturità dell’adulto che ne limita il quantitativo.»

Gli ospiti bevono, obbediscono alle direttive della barista e invece di continuare a bere preferiscono andare di sopra, dove dedicarsi al vizio più antico del mondo. L’usuale coro di gemiti, tonfi e gridolini riecheggia dal piano superiore mentre Xeni sparecchia e lava i piatti e continua mentre la barman esce a buttare la spazzatura, saluta con un cenno i poliziotti, poi si distende su un divano con una trapunta e chiude gli occhi.

In corridoio la pendola smette di battere il tempo, le imposte sbattono all’unisono, tutte le serrature scattano senza che nessuno di loro se ne accorga.

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L'autore: Nicolò Zuliani

Veneziano, vivo a Milano. Ho scritto su Men's Health, GQ.it, Cosmopolitan, The Vision. Mi piacciono le giacche di tweed.
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