Freud, serie tv Netflix: trama, personaggi e recensione.

Freud, serie tv Netflix: recensione. Ecco quali sono i protagonisti, la trama e i difetti di questa nuova serie in voga su Netflix

Freud, serie tv Netflix: trama, personaggi e recensione.

È online dal 23 Marzo 2020 la serie tv Netflix “Freud”, che in Italia ha conquistato una delle prime posizioni d’ascolto sulla piattaforma streaming. Creata da Stefan Brunner e Benjiamin Hessler, è catalogata nel genere poliziesco: un giovane Sigmund Freud, alle prese con le prime grandi scoperte della sua carriera, viene aiutato da una medium e da un agente di polizia per la risoluzione di alcuni sanguinosi delitti nella Vienna del 1886.

In questo periodo di emergenza, è aumentato esponenzialmente il consumo di programmi d’intrattenimento, più o meno culturali. Difficile orientarsi in una vastissima possibilità di proposte. Vediamo perché, in questo caso, i motivi di perplessità sono più di uno.

Freud e l’ipnosi: alcune puntualizzazioni

I primi errori che saltano all’occhio riguardano principalmente la letteratura sulla psicoanalisi. È vero che la serie fallisce molto energicamente un presunto intento divulgativo e che non necessita di una minima conoscenza, nemmeno accennata, della storia della psicoanalisi. Tuttavia i messaggi che trapelano da ogni puntata sono inesatti e del tutto discutibili.

Nelle otto puntate che la compongono, la serie dà ampio spazio alla pratica dell’ipnosi, confusa e intrecciata con sedute spiritiche e riti magici, in un mondo assolutamente poco realistico dove basta essere toccati su un braccio per finire in trance e prevedere il futuro. Questo è il primo punto, nonché fallace filo conduttore, che necessita di qualche precisazione.

Il giovane Freud, in realtà, si è occupato d’ipnosi soltanto nel primo periodo della sua carriera, sebbene gli studi realizzati in questa fase rappresentino un passaggio fondamentale nella costruzione e nella sistematizzazione successiva del suo pensiero. L’interesse accademico per il lavoro di Charcot e più in generale per la scuola francese lasciano un’eredità imprescindibile nello spostamento da un piano di analisi anatomopatologica a un di tipo di analisi psicologica del paziente.

Partendo dallo studio di epilessia ed isteria, infatti, Charcot si accorge che la prima può essere confermata da evidenti danni a livello corticale attraverso l’autopsia. Mentre l’isteria, con sintomatologie per certi aspetti simili e che pure comportava alterazioni fisiologiche evidenti e sempre più diverse di caso in caso, non poteva essere compresa se non attraverso l’approfondimento del funzionamento psicologico del paziente.

Questa è la lezione francese che resta impressa a Freud, non che assumesse l’ipnosi come unico e solo strumento terapeutico possibile. Ben presto, inoltre, si differenzia da alcune posizioni per avvicinarsi, con più convinzione, al metodo della catarsi applicato da Breuer. Attraverso l’ipnosi, il paziente recupera il ricordo traumatico che ha attivato la sintomatologia isterica, per liberarsene definitivamente attraverso l’acquisizione di una memoria consapevole dell’evento scatenante. Nella serie, anche Breuer viene presentato alla stregua di un mago che fa addormentare le persone senza un criterio.

Che il periodo storico in cui questi fatti storici hanno avuto vita, si presti con facilità ad ambientazioni dalle cornici esoteriche, è un conto. Banalizzare un intero capitolo della storia contemporanea, è un altro. Rendere uno dei più importanti pensatori del nostro tempo, un cocainomane truffatore che approfitta delle pazienti in stato di trance, e le persone colpite da infermità psichica come imprescindibilmente legate all’elemento maligno e sovrannaturale, elimina ogni forma di credibilità possibile (e godibilità del prodotto televisivo).

Freud, serie tv: cos’è che non va

Imprecisioni storiche, contenutistiche e abomini visivi sono dunque gli elementi portanti di questa serie tv Netflix. Amplessi espliciti vissuti in stato di trance, cocaina e sangue, riti satanici e possessioni, vengono grossolanamente (e incautamente) avvicinati ai contesti della psicoanalisi, discostandosi in modo del tutto incurante non solo da un minimo di plausibilità storica, ma anche dalle intenzioni scientifiche e terapeutiche del soggetto in questione.

Una versione vagamente dark-horror (con tutto il rispetto per il genere) che tenta d’incrociare la tetra Londra di Sherlock Holmes e i toni cupamente seducenti di Penny Dreadful, facendo il verso ad entrambi: il medico Freud (intepretato da un incerto Robert Finster) diventa il Don Matteo degli efferati crimini di Vienna, mentre si lascia aiutare e incantare dalle grazie oscure della medium Salomè (Ella Rumpf) che, con ogni evidenza, vorrebbe molto sostituire la seduttività di Eva Green, restando lontana dal riuscirci. Senza parlare dell’intreccio con Rodolfo d’Asburgo Lorena, del tutto immotivato.

In un paese dove lo psicologo è stato integrato tra le figure di cura primarie solo un anno fa e dove una vasta disinformazione e stigmatizzazione del ruolo sono ancora all’ordine del giorno, possiamo stupirci che la serie tv Freud, sviluppata in questo modo, abbia conquistato il consenso generale? Possiamo dire di no.

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