Ogni giorno la Fase 2 è sulla bocca di tutti e non si sente parlare d’altro sui media: c’è voglia di riaprire, perché le prospettive economiche fanno paura. C’è voglia di rilanciarsi, perché restare chiusi dentro le mura domestiche può essere una soluzione provvisoria, che non può essere prolungata troppo nel tempo, anche perché lo Stato non può erogare sussidi ogni mese. Anche dalle Regioni più colpite dal virus si lancia lo slogan di voler ripartire il 4 maggio, o comunque il prima possibile. Ma chi è che può decidere le riaperture tra Stato e regioni? E soprattutto, visto che ognuno sembra voler andare per conto suo, la task force organizzata dal governo per la ripartenza del Paese a cosa serve davvero?
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Fase 2 Coronavirus: il potere decisionale ripartito tra Stato e regioni, ma su cosa?
Il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia ha cercato di smorzare le rivalse locali dei presidenti della Regione, rispedendo al mittente le dichiarazioni di Attilio Fontana (Regione Lombardia) che per alcuni hanno avuto anche una base di propaganda politica. Infatti, dopo aver chiesto una riapertura il 4 maggio, Fontana ha fatto marcia indietro, considerando che le attività produttive “sono competenza del governo centrale, sottratta a ogni nostra possibile valutazione”. Boccia lo ha biasimato, affermando che “fa parte della cabina di regia nazionale” e che pertanto, se Fontana vuole fare delle proposte, “quello è il luogo istituzionale per farle”. Come fa notare Il Sole 24 Ore, “le attività produttive in quanto tali sono un macrosettore nell’ambito del riparto di competenze delineato nell’articolo 117 della Costituzione”. Quindi, “se alle Regioni spetta la competenza residuale in materia di industria, commercio e artigianato, nelle altre competenze concorrenti, come in quelle in materia di commercio estero e sostegno all’innovazione per i settori produttivi, la competenza è condivisa con lo Stato”.
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Fase 2 Coronavirus: dialogo tra Stato e regioni fondamentale
C’è dunque un rischio di sovrapposizione, dove l’ambito decisionale può risultare dubbio e complesso. Con la sentenza n. 354 del 2004, ribadita dalla sentenza n. 63 del 2008, la Corte Costituzionale ha ribadito come sulle attività produttive siano necessari interventi regionali e statali e come entrambe le direzioni siano fondamentali, con una subordinazione però teorica delle regioni allo Stato, in quanto nessun intervento di una singola Regione, priva di una visione nazionale, può essere davvero efficiente.
Lo Stato si dedica prevalentemente a materie soprastanti le attività produttive, senza cioè occuparsi di un singolo o specifico settore, preferendo così provvedimenti “orizzontali” piuttosto che “verticali”, operando dunque intorno al contorno nel quale si muovono le imprese.
Alla luce di ciò, mai come ora, ovvero in una situazione di straordinaria emergenza come quella che stiamo vivendo, il dialogo tra Stato e regioni, fondato più sulla ripartenza che su beghe politiche, risulta fondamentale.
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