Perché tanti morti in Lombardia: cosa è stato sbagliato per il contagio?

La domanda ricorrente degli ultimi giorni è la seguente: perché ci sono tanti morti in Lombardia per Coronavirus? Cosa si è sbagliato?

Mascherina
Perché tanti morti in Lombardia: cosa è stato sbagliato per il contagio?

Il coronavirus ha mietuto numerose vittime in Lombardia e nelle ultime ore ci si domanda perché ci sono state così tante morti in questa Regione, perché i numeri sono impietosi e rivelano che qualcosa si è sbagliato nella gestione dell’epidemia. La domanda se la sono posta anche Milena Gabanelli e Simona Ravizza, che hanno cercato di fornire delle risposte in un articolo dedicato sul Corriere. Da fine febbraio a oggi si contano 11 vittime lombarde ogni 10 mila abitanti, contro i 6 dell’Emilia Romagna e i 2 del Veneto. Dai dati Istat e del Ministero della Salute emerge che a Milano i morti sono triplicati (90 contro i 30 dello scorso anno), a Bergamo (21 contro 4) e Brescia (20 contro 5) sono quintuplicati.

Il collasso del sistema sanitario in Lombardia

Il primo elemento che viene a luce è il rapido collasso del sistema sanitario. “A ridosso del 21 febbraio, con i posti letto delle Terapie intensive sottodimensionati (8,5 su 100 mila abitanti contro i 10 dell’Emilia e del Veneto) e il 30% in gestione alla Sanità privata convenzionata, la Regione deve contrattare la loro attivazione con gli ospedali privati in un momento in cui il fattore tempo è determinante”, scrivono le giornaliste. Tuttavia, altro problema rilevante è la mancanza di chiarezza nelle comunicazioni agli ospedali e soprattutto la carenza di dispositivi di protezione per gli operatori sanitari.

La sorveglianza sanitaria

La sorveglianza sanitaria mostra anche altre pecche: in ospedale arrivano casi fin troppo gravi, i tamponi non vengono effettuati a tutti quelli anche presentano sintomi, i medici di base sono lasciati soli e rischiano sulla propria pelle, alcuni malati sono lasciati da soli nelle proprie case tra l’incertezza per il futuro di un possibile improvviso aggravamento delle condizioni di salute, la possibilità di nuocere a se stessi e ai loro familiari aumenta, a volte una tachipirina (consigliata) non basta per calmare i sintomi. “Per le visite domiciliari vengono costituite le Usca (Unità speciali di continuità assistenziale): una squadra di medici ogni 50 mila abitanti. Duecento per la Lombardia: ancora oggi quelle attive sono solo 37”.

Una questione di autonomia, propria della regione Lombardia

E poi c’è la questione dell’autonomia decisionale: il rimbalzo negli ultimi giorni delle decisioni di confinare una certa zona, di dichiararla zona rossa, ha avuto il suo risalto mediatico, delineando una spaccatura tra Stato e Regione. Il problema delle case di riposo, note ormai a tutti con l’acronimo Rsa, è stato causato da un colpevole ritardo nella chiusura delle visite ai familiari, ma anche della decisione di trasferire i pazienti positivi (in condizioni meno gravi) in questi luoghi, al fianco di persone anziane sane, per liberare posti in ospedale. Senza peraltro dimenticare la mancanza di una formazione adeguata del personale operante in queste strutture. Tutta una serie di elementi che ha fatto evincere come la Lombardia sia stata la Regione a essersi affidata di meno all’autonomia decisionale: casi lampanti sono state le mancate chiusure in tempi debiti di Nembro e Alzano, rinviate fino alla decisione a livello nazionale di inizio marzo.

Il problema dei tamponi in Lombardia

Altro discorso affrontato è quello dei tamponi, su cui la Lombardia non esercita anche qui l’autonomia decisionale di cui ha potere. Decide invece di seguire le direttive del governo, pur sapendo la portata del problema nella Regione. Prima opta per l’esecuzione dei tamponi solo sui soggetti plurisintomatici, poi, sempre seguendo i provvedimenti governativi, decide di estenderli.

L’ospedale all’ex Fiera di Milano

Dopo giorni passati a rimproverare i lombardi perché si muovevano troppo, succede che la Regione punta fortemente sulla costruzione di un ospedale presso la ex Fiera di Milano in poco meno di due settimane. E, forse per dare lustro all’efficienza, decide di inaugurare la struttura invitando diverse persone. Le immagini degli assembramenti presso la nuova struttura non piacciono all’opinione pubblica. Inoltre la struttura ha una capienza di 600 posti letto, ma al suo interno si trovano solo una decina di malati. “L’ospedale in Fiera di Milano fortunatamente non è servito a ricoverare centinaia e centinaia di persone in terapia intensiva e di questo siamo contenti”, dirà poi l’assessore alla Sanità Giulio Gallera. La precauzione di fronte a una possibile grave ondata di ricoveri si è rivelata un bluff?

Morti, contagi, guariti in Lombardia: i dati e la comunicazione

“A Milano c’è l’Istituto Mario Negri, da tempo chiede i dati dei contagiati”, si legge nell’articolo del Corriere. “Fra questi c’è chi ha fatto il vaccino antinfluenzale, chi contro la polmonite. Sono importanti per capire come si comporta la malattia. Ma la Regione non glieli dà. Il motivo è ignoto”. L’unica preoccupazione sembra essere la conferenza stampa serale, nel quale si snocciolano dati, alcuni dei quali troppo carenti per essere ritenuti affidabili, come quello dei contagiati (cioè quelli a cui è stato fatto il test) e quello dei guariti (i dimessi dal pronto soccorso).

Ci sono stati poi evidenti problemi di comunicazione, come passare dalle preoccupazioni di dati terrificanti a buone se non ottime notizie sull’andamento del contagio da un giorno all’altro. Stessa storia per la città di Milano, che un giorno preoccupa e l’altro no.

La Fase 2

L’ultima dichiarazione ha lasciato un po’ tutti perplessi: la Lombardia è la regione più colpita dal Covid-19, e qui i ricoveri in terapia intensiva, seppur in calo, seguono un trend molto più lento rispetto a quello del Paese. Eppure, viste le pressioni delle industrie e di certa politica, si pensa già alla data della riapertura, ovvero lunedì 4 maggio. Necessaria, perché non si può stare sempre in quarantena, ma per ripartire servono gli strumenti. In poche parole, serve una strategia di uscita concreta, per ripartire riducendo al minimo il rischio di un nuovo rialzo del trend, altrimenti quelli sì che sarebbero guai seri.

Segui Termometro Politico su Google News

Scrivici a redazione@termometropolitico.it