Rifiuto ricovero ospedaliero: quando è possibile ed i requisiti
Rifiuto ricovero ospedaliero: il principio di autoderminazione ed i requisiti per dire no al ricovero. Il TSO come deroga: quando è giustificato?
Il ricovero ospedaliero è talvolta l’unico strumento idoneo ad aiutare una persona a superare un difficile momento per la sua salute. Tuttavia, non sono rari i casi in cui un individuo, affetto da una certa patologia, decida di opporsi al ricovero ospedaliero, oppure scelga di tornare a casa – firmando il modulo ad hoc – dopo un periodo di ricovero in ospedale. Vediamo allora di capire come funziona il rifiuto del ricovero ospedaliero, quando è possibile e con quali requisiti.
Ricovero ospedaliero e autodeterminazione del soggetto
Per capire come funziona in concreto il ricovero ospedaliero e se è possibile opporsi, dobbiamo ricordarci delle norme della Costituzione. Infatti, esse sanciscono un principio essenziale dello Stato democratico, ovvero il principio di libertà di autodeterminazione. In linea di massima, pertanto, un individuo può scegliere autonomamente di opporsi al ricovero ospedaliero, a meno che non ricorrano alcuni casi disciplinati dalla legge, per cui i familiari del paziente su cui effettuare il trattamento in ospedale, richiedano le cure e il ricovero al posto suo. Analogamente, i medici possono talvolta imporre di sottoporsi alle cure, nonostante il no della persona da assistere dal punto di vista sanitario.
Come accennato, il paziente – sempre che abbia compiuto 18 anni – si avvale del principio di decidere in libertà di se stesso e del proprio corpo. Insomma, è a lui che spetta di fatto l’ultima parola in tema di ricovero ospedaliero, entro cui sottoporsi a trattamenti mirati a migliorare la sua condizione di salute. Corollario di ciò sono i doveri – che i medici ed il personale sanitario debbono rispettare – di informazione sulle condizioni sanitarie, sul trattamento specifico da somministrare e sui rischi eventuali.
Per esercitare il diritto al rifiuto verso il ricovero ospedaliero, non basta tuttavia quanto sopra: occorre anche che il paziente sia capace di intendere e volere, ovvero capace di decidere con la propria volontà, in modo lucido e consapevole. In mancanza, la legge vigente consente ai familiari di decidere al posto suo, sia per il ricovero ospedaliero, sia per il rifiuto. Pensiamo, ad esempio, ai casi di incapacità del malato, causati da disturbi mentali oppure alla dipendenza da droghe o alcool, oppure ancora alla depressione, che in talune circostanze, può assumere forme molto gravi.
TSO e ricovero forzato: i requisiti
Se ricorrono i requisiti visti sopra, un paziente può liberamente dire no al ricovero, sottoponendosi però ai possibili pericoli dei mancati trattamenti ospedalieri. Ed in caso di gravi conseguenze o di morte, il medico non potrebbe essere ritenuto responsabile.
Ma non sempre il no è libero. Infatti, la Costituzione dispone che un soggetto può subire comunque i TSO, contro la sua volontà e nei casi tassativi di legge. In altre parole, il trattamento sanitario obbligatorio è capace di limitare il principio di autodeterminazione e libertà personale dell’individuo: è la legge n. 833 del 1978 a disporre i TSO, ovvero quei tipi di cure disposti contro la volontà della persona curata. In base alla normativa vigente, il TSO – che dura 7 giorni ma può essere allungato dal medico – segue uno specifico iter di attivazione, dato che è deciso con ordinanza del Sindaco del Comune in cui l’interessato ha la residenza, su iniziativa di due medici, i quali debbono ravvisare il no del paziente al ricovero, l’impossibilità di usare soluzioni differenti dal ricovero e le ragioni di necessità ed urgenza, connesse allo stato di salute della persona cui è destinato il TSO. A seguito della citata ordinanza, il Sindaco ha due giorni per segnalarla al giudice tutelare competente, che dovrà nei successivi due giorni dare la conferma e convalidare il provvedimento, in presenza di tutti i requisiti visti sopra.
Il TSO è più spesso usato in ipotesi di disturbi gravi di salute, in cui la persona da ricoverare può rappresentare un pericolo per se stesso e/o per gli altri (ad esempio casi di disturbi alimentari, tossicodipendenza e malattie mentali).
Concludendo, è chiaro quindi che se la libera scelta, da parte del paziente, per il ricovero ospedaliero costituisce la regola generale, è altrettanto vero che la legge vigente ammette deroghe, che trovano fondamento nel principio di tutela della salute degli individui.
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