Quando finisce il coronavirus: allarme dalla Cina “non è come la Sars”
Coronavirus: le tesi avanzate da un gruppo di scienziati dell’Istituto di Biologia patogena dell’Accademia cinese delle scienze mediche. Le novità.
Preoccupazione ancora diffusa sui rischi collegati al Coronavirus. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte teme che con l’avvio della fase 2 possa esserci un nuovo picco dei contagi. Per questo motivo l’allentamento delle misure sarà graduale e varranno nelle prossime settimane ancora molti divieti.
Coronavirus, la differenza con la Sars
Sul fronte medico, tra le molte tesi, ha fatto notizia quella avanzata da un gruppo di scienziati dell’Istituto di Biologia patogena dell’Accademia cinese delle scienze mediche. Una tesi poco rassicurante rispetto al superamento definitivo dell’emergenza in quanto secondo il gruppo dei ricercatori il virus Covid-19 potrebbe tornare in maniera ciclica come avviene per l’influenza.
Secondo quanto riporta Agi, il direttore dell’Istituto di Biologia patogena Jin Qi è convinto che “la difficoltà principale di questo ceppo riguarda i portatori sani, o asintomatici, che rendono estremamente arduo individuare e contenere la diffusione del virus, mentre con la Sars di 17 anni fa le persone si ammalavano gravemente, una volta individuati i focolai è stato relativamente più semplice contenere la gravità della situazione”. Lo stesso Jin Qi ha aggiunto che “un’altra complicazione del nuovo coronavirus riguarda la difficoltà di rintracciare il paziente zero, un problema scientifico che richiede una grande quantità di ricerche interdisciplinari. Se il paziente zero fosse stato contagiato in maniera asintomatica, non avremmo tracce della cartella clinica. Alcuni scienziati hanno proposto di utilizzare i test antivirali per rintracciare il primo caso, ma in realtà questa metodologia di indagine consente solo di sapere se una persona è stata infettata, senza indicazioni sulla cronologia dell’evento”.
Le temperature ed il contagio
Coronavirus – Un altro aspetto di cui si è sentito spesso parlare è quello legato alle temperature ovvero la scomparsa del virus con l’arrivo del caldo. Tesi smentita dal capo del Dipartimento di Malattie infettive dell’ospedale dell’Università di Pechino Wang Guiqiang. “Alcuni paesi inoltre sperano che con l’aumentare delle temperature la diffusione del virus rallenterà, ma non abbiamo prove a sostegno di questa ipotesi. Sappiamo che il virus è suscettibile al calore, ma per eliminarlo serve un’esposizione di 30 minuti a 56 gradi che rende estremamente improbabile una riduzione spontanea della diffusione durante l’estate”.
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