Fase 2 coronavirus: rischio 430 mila in rianimazione. Lo studio
Fase 2: tecnici dell’esecutivo e le autorità sanitarie lavorano da tempo sui possibili scenari che l’emergenza sanitaria potrebbe mettere di fronte al paese
Fase 2, coronavirus: i tecnici dell’esecutivo e le autorità sanitarie lavorano da tempo sui possibili scenari che l’emergenza sanitaria potrebbe mettere di fronte al paese.
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Un piano “drammatico” secretato a febbraio
Qualche giorno fa, è stato il Corriere a venire a conoscenza di una relazione elaborata a fine gennaio da Ministero della Sanità, Iss e Ospedale Spallanzani sulle possibilità di tenuta del sistema sanitario nel caso di diffusione del nuovo coronavirus nel nostro paese. Dal dossier, la cui originalità è stata confermata anche dal ministro Speranza in una nota, emergevano dei dati drammatici: secondo lo scenario più catastrofico tra quelli ipotizzati – con indice di contagiosità del Sars Cov 2 posto oltre quota 2 – si sarebbero contati tra 600mila e 800mila morti senza lockdown. Per non gettare la popolazione nel panico, quindi, dal governo si sarebbe deciso di secretare il contenuto dello studio.
Fase 2: cosa potrebbe succedere?
Dopo l’impatto, è giunto il momento di pensare alla Fase 2; anche qui sono molti gli scenari che i tecnici devono valutare. Uno di questi sicuramente verte sulla possibilità di eliminare del tutto le restrizioni agli spostamenti attualmente in vigore a partire dal 4 maggio. Ecco allora che, secondo i modelli elaborati dagli stessi scienziati di cui prima, entro la metà di giugno l’Italia si sarebbe ritrovata con più di 150mila ricoverati in terapia intensiva entro la metà di giugno. Una cifra impressionante che d’altra parte sale addirittura a 430mila ricoverati nei reparti di terapia intensiva entro la fine dell’anno. Oggi, l’indice R0 è ben sotto la soglia di 1: le autorità sanitarie fanno notare nello stesso rapporto che, con una riapertura totale fissata al 4 maggio, il parametro sarebbe velocemente risalito intorno al valore di 2,27.
Critiche agli scienziati del governo
È in base a questo come a molti altri studi elaborati dai tecnici scelti per gestire l’emergenza che le autorità politiche prendono le loro decisioni. Di certo il loro compito non è semplice ma bisogna prestare molta attenzione alle scelte che si compiono visto che, come ormai è chiaro a tutti, libertà personali ed economia, dai conti pubblici alle finanze di famiglie e imprese, stanno correndo dei rischi senza precedenti. A criticare le varie conclusioni del suddetto report e, soprattutto, le cifre riferite alle terapie intensive, tra l’altro sempre sul Corriere, anche Giovanni Cagnoli, presidente del gruppo Carisma. L’esperto, innanzitutto, tiene a ridimensionare la portata delle proiezioni elaborate: basta dire che sul tavolo dell’esecutivo di possibili scenari ce ne sarebbero addirittura un centinaio (98 per la precisione), un vero e proprio “rebus” insomma. Inoltre, rileva sempre Cagnoli, gli stessi scenari si basano a loro volta su dati la cui verifica scientifica è ancora molto lontana dall’essere completata. Quindi, lo studioso ha tenuto a mettere in discussione anche il numero “apocalittico” di ricoveri in terapia intensiva entro la fine dell’anno ipotizzati nel dossier in caso di riapertura totale delle attività lavorative e sociali. “Abbiamo avuto 11mila casi complessivi di persone in terapia intensiva nel periodo 1 marzo-28 aprile. A questo numero si sommano i casi di terapia intensiva che non è stato possibile accomodare che forse possono essere stimati in 3.000-4.000” ha dichiarato Cagnoli; ecco allora che, anche solo basandosi su questo dato, già parlare di oltre 150mila persone da intubare entro giugno è decisamente scorretto, una stima più ragionevole dovrebbe essere compresa tra 15mila e al massimo 75mila pazienti che potrebbero aver bisogno della terapia intensiva.
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