Si parla spesso, in queste settimane, del prezzo talvolta sproporzionato delle mascherine protettive. Nelle notizie di cronaca è infatti possibile leggere di mascherine vendute – in farmacia, negozi o sul web – a cifre folli (anche 20 euro l’una). Motivo per cui il Governo ha recentemente deciso di calmierare i prezzi, fissando il divieto di arbitrario aumento prezzo mascherine. Cerchiamo di seguito di capire però se il rincaro in oggetto può costituire un illecito penale e qual è il tetto massimo al prezzo.
Aumento prezzo mascherine: ecco lo stop e gli obblighi da rispettare
Sono arrivati l’annuncio di Conte e l’ordinanza sottoscritta dal commissario straordinario per l’emergenza, Domenico Arcuri: “Il costo finale non potrà superare 0,50 centesimi“, per ciascuna unità al netto dell’Iva (che il Governo ha assicurato di eliminare). È quanto prevede la citata ordinanza n.11 del 2020 – qui il testo completo – con una misura già delineata domenica sera in conferenza stampa dal Premier Giuseppe Conte: “Abbiamo sollecitato il commissario Arcuri a calmierare i prezzi sulle mascherine, non ci saranno speculazioni su questo fronte. Ci sarà un prezzo equo e un piccolo margine guadagno”, queste le parole usate dal capo dell’Esecutivo.
Per quanto riguarda l’utilizzo delle mascherine in oggetto, il nuovo Dpcm del 26 aprile 2020 (“Fase 2”) prevede nuovi doveri inerenti l’uso delle mascherine, che andranno adoperate “nei luoghi confinati aperti al pubblico inclusi i mezzi di trasporto e comunque in tutte le occasioni in cui non sia possibile garantire continuativamente il mantenimento della distanza di sicurezza”.
Il rincaro è reato?
A questo punto ci si può legittimamente domandare se il rincaro, ovvero l’aumento prezzo mascherine, può configurare un illecito penale, stante la gravità della condotta posta in essere. Ebbene, secondo quanto emerge dalle ultime attività dei tribunali italiani – come ad esempio quello di Salerno – lo spropositato o comunque anomalo aumento prezzo mascherine presenti sul mercato, rispetto all’effettivo valore di acquisto, potrebbe integrare certamente il reato di cui all’art. 501 bis c.p. (“Manovre speculative su merci“).
Si tratta di un reato che è mirato a impedire o comunque sanzionare tutte le manovre speculative poste in essere per alterare gli scambi economici o la normalità della produzione, con pregiudizio sia dei consumatori-clienti finali, sia dell’economia in generale.
In caso di aumento prezzo mascherine, si può ben parlare di manovre speculative, in quanto il rincaro esagerato ed immotivato dei prezzi, riguarda beni o prodotti considerati di prima necessità. Ricordiamo che, con tale ultima espressione, si deve intendere tutti i generi non alimentari indispensabili alla vita quotidiana ed ordinaria.
In tali circostanze, insomma, chi applica l’aumento prezzo mascherine, sfruttando una situazione di mercato assai particolare come quella legata all’emergenza Covid-19 (moltissima richiesta contro una non altrettanto consistente offerta), per il proprio vantaggio economico, ovvero per lucro, sarebbe penalmente responsabile. Il punto è quindi che si tratta di manovra speculativa sanzionabile, dato che a tale vantaggio del singolo, corrisponde uno svantaggio non giustificato a carico della collettività, costretta a comprare le mascherine protettive anche a prezzi molto alti.
Tecnicamente, l’aumento prezzo mascherine in modo eccessivo configura dunque un reato di pericolo, poiché la norma penale inquadra, come comportamenti sanzionabili – anzitutto – la condotta mirata a mettere in pericolo gli interessi economici della collettività ed, in secondo luogo, il pregiudizio alla collettività e non al singolo.
Concludendo, ben può sostenersi la tesi della responsabilità penale ex art. 601 bis c.p., in ipotesi di vendita delle mascherine – da intendersi come prodotti di prima necessità – con rincaro di prezzo. Pertanto la commercializzazione di tali prodotti, a prezzi abnormi, può certo comportare l’applicazione delle pene di cui all’articolo citato.
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