Studenti e cassaintegrati in fila per lavorare nei campi ma la società civile spinge per la sanatoria dei migranti irregolari (mancano i lavoratori?)
Dall’allarme di Coldiretti agli appelli per la sanatoria
Dopo l’allarme lanciato da Coldiretti che ha segnalato la mancanza di 150, 200.000 lavoratori nei campi, da settimane si rincorrono le richieste di una regolarizzazione dei migranti irregolari presenti sul suolo italiano.
Lo chiedono 370 firmatari di un appello tra accademici, virologi ed economisti tra cui Tito Boeri (già presidente Inps e attento alle dinamiche previdenziali) e Leonardo Becchetti spiegando che la sanatoria avverrebbe tramite la dichiarazione di un datore di lavoro che permetta di ottenere un permesso di soggiorno e lavoro temporaneo che poi, finita la fase di emergenza, sarebbe sottoposto all’iter previsto per questi tipi di permesso.
Lo chiedono e in forma ancora più aperta un centinaio di associazioni unendosi alla campagna “sanatoriasubito” promossa da Legal Team Italia, Campagna LasciateCIEntrare, Progetto Melting Pot Europa e Medicina Democratica): “L’unico requisito deve essere il mero dato fattuale della presenza in Italia”. Altri appelli arrivano anche dall’Arci, Legambiente, Asgi, Acli, Radicali italiani e Centro Astalli, e da diversi parlamentari dem, di cui si è fatto portavoce Matteo Orfini. “Oltre a rappresentare una fonte di entrate contributive, la regolarizzazione degli irregolari risponderebbe innanzitutto ad una emergenza in atto nel settore agricolo”, ha spiegato Riccardo Magi di Più Europa lo scorso 21 aprile durante l’audizione in Commissione Affari Costituzionali della ministra dell’Interno Luciana Lamorgese sull’emergenza da Covid-19.
In realtà, il nesso tra le due questioni, mancanza di manodopera da un lato e regolarizzazione dei migranti dall’altro, è tutt’altro che certo. Anzi, sia Coldiretti, sia alcuni sostenitori, sembrano ben consci che l’iter legislativo di una sanatoria non potrebbe mai essere così veloce da permettere ai lavoratori “sanati” di arrivare nelle campagne prima di settembre o ottobre, quando la stagione sarà ormai già bella che finita. Ma come si è arrivati ad una proposta che a detta anche di chi la propone non arriverebbe in tempo?
I lavoratori che mancano
Partendo dall’inizio, la manodopera impegnata annualmente nei campi si aggira attorno alle 1.200.000 unità, per lo più stagionali. Di queste, circa 370mila sono stranieri, specialmente rumeni che secondo Coldiretti rappresentano la comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia con 107.591 occupati, davanti a marocchini (35.013), indiani (34.043), albanesi (32.264), senegalesi (14.165), polacchi (13.134), tunisini (13106) e bulgari (11.261). A mancare all’appello sono in primis i lavoratori UE provenienti dai Paesi dell’est Europa perché a causa dell’emergenza in atto non si vogliono spostare e hanno disdetto i contratti.
A trovarsi penalizzati però sono anche i lavoratori stagionali extra UE che ogni anno raggiungono le nostre campagne grazie al decreto flussi. L’anno scorso ne sono arrivati 18mila (tra turismo e soprattutto agricoltura) mentre per quest’anno, a causa della pandemia, il nuovo “DPCM flussi 2020”, il cui testo è già pronto e condiviso tra le amministrazioni, si trova attualmente in stand by e difficilmente verrà approvato prima di settembre quando gli spostamenti dovrebbero, si auspica, essere tornati a regime.
Dove trovarli
Mentre Coldiretti chiede voucher, fondamentali per poter assicurare contratti veloci e far lavorare tra gli altri anche studenti, pensionati e lavoratori attualmente in cassa integrazione, i sindacati si oppongono con forza e hanno scritto al Premier Giuseppe Conte per dire no ad “uno strumento che precarizza il lavoro”. Le domande arrivate sulla piattaforma online di Coldiretti jobincountry realizzata proprio per facilitare l’incontro tra domanda e offerta sarebbero già oltre 4000 e in fila ci sono anche studenti e pensionati. Un segnale d’apertura è arrivato dal Ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova che ha detto di “riconoscere l’importanza dei voucher semplificati in agricoltura per disoccupati e studenti prevedendo anche la possibilità del cumulo del reddito di cittadinanza e della retribuzione”. In attesa di sciogliere l’empasse, bisogna vedere che sbocco troverà la bozza di un disegno di legge per la regolarizzazione degli immigrati irregolari in agricoltura che gira da settimane nelle commissioni parlamentari e che fin dall’inizio aveva incrociato l’entusiasmo del Ministro Bellanova in quanto “occasione per sconfiggere il caporalato”.
I numeri dei migranti irregolari nei campi però sono tutt’altro che chiari. Una stima la offre il CREA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria) secondo il quale i lavoratori stranieri in agricoltura, tra regolari e irregolari sono 405 mila. Se Coldiretti dunque ne stima 370 mila impiegati in modo regolare, è plausibile, anche presumendo che le stime del CREA siano per difetto, che i soggetti privi di un regolare permesso di soggiorno e pertanto di contratto regolare, si aggirino attorno alle 50 mila unità. L’agricoltura infatti non è il settore di maggiore impiego dei migranti. Solo il 6,4% (dati IDOS) infatti lavora nei campi mentre il 67% lavora nel settore dei servizi alla persona e quindi come colf e badanti. È così che gli appelli per la regolarizzazione si sono allargati all’intero bacino degli irregolari che tenendo conto anche dei 100.000 richiedenti asilo cui è stata respinta la propria domanda di asilo, vengono attualmente fissati attorno alle 700.000 unità.
Del resto il tema era nell’aria già da tempo. Lo scorso 23 dicembre, ben prima dell’emergenza COVID, la Camera dei Deputati in sede di approvazione della legge di bilancio aveva votato un ordine del giorno circa la possibilità per il governo di emanare un provvedimento di sanatoria dei migranti irregolari. Il 15 gennaio 2020, era stata la stessa Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese a dichiarare che il governo potrebbe considerare l’opportunità di un provvedimento che permetta la regolarizzazione dei migranti irregolari in presenza di un contratto di lavoro. Anche se all’audizione del 21 aprile il Ministro ha fatto marcia indietro precisando che il provvedimento riguarderebbe solo i migranti necessari a colmare le lacune nei vari settori produttivi. Il tema ormai domina: è diventato politico e proprio in questi giorni il Presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera Giuseppe Brescia ha rilanciato la necessità di riflettere sulla proposta di legge che “Ero Straniero” portata avanti dal 2017.
Permesso di soggiorno ai lavoratori irregolari da sanare, motivazioni sanitarie ed economiche
A causa dell’emergenza COVID infatti le motivazioni sarebbero soprattutto sanitarie. “Gli irregolari non vanno dal medico per paura di essere espulsi”, ha spiegato Tito Boeri (Repubblica 16.04.2020), di qui la necessità di concedere un permesso di soggiorno per permettere a tutti di essere inseriti nel sistema sanitario nazionale. Non solo. Secondo la Fondazione Moressa (Sole 24ore 10.02.2020) anche immaginando che solo 300.000 lavoratori vengano regolarizzati, la regolarizzazione potrebbe portare alle casse dello Stato un vantaggio fiscale e contributivo pari a 1 miliardo e 200 milioni: 405 milioni tra Irpef e addizionali locali, 218 milioni di contributi versati dalle famiglie datrici di lavoro domestico e 586 milioni di contributi versati dalle imprese.
Con la sanatoria i lavoratori arriverebbero solo a fine stagione
Regolarizzazione parziale o totale che sia, secondo Coldiretti il dibattito politico rischia di non rispondere al problema.“Sia che il provvedimento si realizzi nella forma più breve del decreto o in quella più lunga del disegno legge – spiega Romano Magrini, responsabile lavoro per Coldiretti – passerebbero mesi e i lavoratori arriverebbero quando ormai non servono più, cioè a stagione conclusa”.
Dello stesso avviso anche Sergio Bontempelli di Diritti e Frontiere (ADIF). “Una regolarizzazione che leghi il rilascio di un permesso di soggiorno alla presenza di una richiesta del datore di lavoro (imprese e famiglie) è un processo troppo lungo e complicato per poter rispondere all’attuale emergenza. Tra presentazione delle domande, valutazione dei fascicoli da parte delle Questure e il successivo rilascio del permesso di soggiorno (tra l’altro come gestire le file per il rilascio dei permessi, ad esempio, visto che la consegna del documento non può essere informatizzata?) e che in ogni caso richiederebbero mesi per essere concluse” (Left 22.04.2020). Proprio per questo tra i vari sostenitori della sanatoria sembra farsi sempre più strada la proposta di un decreto urgente che, come spiega il sociologo Marco Omizzolo (Il Manifesto 09.04. 2020) “permetta il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo di 12 mesi svincolato dalla presenza di un’offerta di lavoro e che faciliti l’intermediazione tra datori di lavoro italiani e lavoratori stranieri non comunitari”.
Un problema politico
Ora, la presenza di centinaia di migliaia di migranti senza documenti e diritti sul territorio italiano è un problema che esige serie risposte politiche. La sensazione è che finché le due questioni continueranno ad essere sovrapposte (sanatoria da un lato, mancanza di manodopera dall’altro) si finisca per non risolvere né l’una né l’altra e che la confusione generata finisca per farci sorvolare su una serie di punti che invece meriterebbero di essere messi a fuoco. Perché non attingere tra le fasce dei disoccupati? Secondo i dati Istat di febbraio, a ridosso dell’inizio dell’emergenza Covid, i disoccupati in Italia erano 2.513.000 con almeno 399.746 stranieri regolari in cerca di lavoro (rapporto 2019 del Ministero del lavoro su Stranieri). Presumibilmente per entrambe le fasce oggi i numeri sono aumentati. Perché non considerare che per i cittadini disoccupati che attualmente percepiscono il reddito di cittadinanza (915.600 secondo dati pre-pandemia dell’Osservatorio INPS) potrebbe essere l’occasione per trovare finalmente un lavoro, visto che domanda e offerta ci sono? Se invece si vuole puntare sugli irregolari, come si può assicurare che la sanatoria produca posti di lavoro regolare e non finisca per ingrossare le fila dei poveri bisognosi di assistenza a carico del welfare o del lavoro nero? Mentre la politica studia soluzioni, dopo aver perso mezzo milione di giornate di lavoro solo a marzo, Coldiretti, Confagricoltura e Cia Agricoltori puntano sulle piattaforme di intermediazione on line per facilitare l’incontro tra domanda e offerta. Le aziende agricole inseriscono le loro necessità e le condizioni contrattuali. Chi cerca lavoro indica le esperienze fatte e le proprie disponibilità. Virtualmente.
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