Corte costituzionale tedesca: ultimatum alla Bce, Q.e. a rischio
Corte costituzionale tedesca: ultimatum alla Bce. Il PSPP violerebbe il principio di proporzionalità. A rischio anche il nuovo Q.e. per contrastare la crisi
Con una sentenza, la Corte costituzionale tedesca ha bocciato il programma di acquisti dei titoli di stato (PSPP) relativo Quantitative easing, avviato dalla Banca Centrale Europea nel 2015 e rilanciato a marzo con il piano PEPP (pandemic emergency purchase programme) di 750 miliardi.
Secondo quanto riscontrato dalla Corte costituzionale tedesca, se da un lato il PSPP della BCE non finanzia gli Stati e quindi rispetta il divieto del Trattato contro la monetizzazione dei debiti pubblici nazionali, dall’altro sarebbe incompatibile con il principio di proporzionalità dei trattati europei, in base al quale «l’azione dell’UE deve limitarsi a quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi fissati dai trattati».
Stando alla sentenza Corte costituzionale tedesca, la BCE non avrebbe sufficientemente ponderato gli effetti di politica economica e fiscale del programma varato, giacché «perseguendo incondizionatamente gli obiettivi di politica monetaria del PSPP (ovvero il Q.e, il cui scopo è raggiungere tassi di inflazione inferiori ma prossimi al 2 per cento, Ndr) – si legge nella sentenza – la BCE ha ignorato manifestamente il principio di proporzionalità», dunque gli effetti di politica economica della misura.
D’altro canto la stessa Corte sembra ammettere che «il PSPP migliora le condizioni di rifinanziamento degli Stati membri in quanto consente loro di ottenere finanziamenti sui mercati dei capitali a condizioni notevolmente migliori di quanto sarebbero in grado di fare altrimenti. Ha quindi un impatto significativo sui termini della politica fiscale in base ai quali operano gli Stati membri. In particolare, il PSPP potrebbe avere gli stessi effetti degli strumenti di assistenza finanziaria ai sensi del […] trattato del MES».
Tuttavia, si legge nella sentenza, il QE della BCE «deve essere qualificato come un atto ultra vires (non rispetto della ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri, Ndr), nonostante il giudizio contrario della CGUE (la Corte di giustizia europea, Ndr)», la quale aveva giudicato il programma della BCE compatibile con il principio di proporzionalità.
Una Corte costituzionale “sovranista”?
La Corte costituzionale tedesca ha ribadito pertanto di non essere vincolata dalla decisione della Corte di giustizia europea, in quanto «deve condurre il proprio riesame per determinare se le decisioni dell’Eurosistema relative all’adozione e all’attuazione del PSPP rientrano nelle competenze che le sono conferite dal diritto primario dell’UE. Poiché tali decisioni mancano di sufficienti considerazioni sulla proporzionalità, equivalgono a un superamento delle competenze della BCE». Si parla di “superamento”, per non dire abuso, dunque.
Secondo la sentenza, in virtù del Trattato di Lisbona gli Stati membri sarebbero gli unici «padroni dei trattati», dal momento che l’Unione Europea non è affatto uno Stato federale. «Se gli Stati membri dovessero astenersi completamente dal condurre qualsiasi tipo di revisione degli ultra vires – si legge nella sentenza -, concederebbero agli organi dell’UE un’autorità esclusiva sui trattati anche nei casi in cui l’UE adotti un’interpretazione giuridica che equivarrebbe essenzialmente a una modifica del trattato o a un’espansione delle sue competenze». Tradotto: l’UE, secondo la Corte costituzionale tedesca, non può agire in luogo dei singoli Stati. In qualità di organo istituzionale sovranazionale, deve pertanto attenersi scrupolosamente a quanto sancito nei trattati di cui gli Stati membri sono firmatari.
In ogni caso – si ribadisce nella sentenza – le autorità tedesche «non possono partecipare né allo sviluppo né all’attuazione di atti ultra vires».
Ultimatum alla BCE: motivare la proporzionalità del PSPP
La Corte costituzionale tedesca ha specificato che «al momento non può stabilire se il governo federale e il Bundestag abbiano effettivamente violato le loro responsabilità in materia di integrazione europea nel non chiedere la fine del PSPP». Per poter valutare questa eventualità, la Corte chiede al Consiglio direttivo della BCE di motivare la valutazione della proporzionalità del programma.
«A meno che il Consiglio direttivo della BCE non adotti una nuova decisione che dimostri in modo comprensibile e comprovato che gli obiettivi di politica monetaria perseguiti dal PSPP non siano sproporzionati rispetto agli effetti di politica economica e fiscale risultanti dal programma» – si legge nella sentenza – la Bundesbank, trascorso un periodo transitorio di tre mesi, non potrà più partecipare all’attuazione e all’esecuzione delle decisioni della BCE in questione. Inoltre, la Bundesbank «deve garantire che le obbligazioni già acquistate e detenute nel suo portafoglio siano vendute sulla base di una strategia coordinata con l’Eurosistema».
In altre parole, la BCE sembra essere in un cul de sac: o dimostra che gli obiettivi di politica monetaria del PSPP sono coerenti con i trattati, ovvero proporzionati rispetto agli effetti di politica economica e fiscale del programma, oppure dovrà rinunciare all’attuazione del nuovo Q.e. del programma PEPP, su cui, tra l’altro, oltre alla questione della “proporzionalità” penderebbe il giudizio di violazione dell’art. 123 del TFUE.
Dalla Corte costituzionale tedesca: stop al nuovo PEPP?
Per quanto riguarda il PSPP, non vi sarebbe per la Corte alcuna violazione dell’art. 123 del TFUE, relativo al divieto di finanziamento monetario, giacché il volume degli acquisti del programma sarebbe limitato e gli acquisti vengono effettuati secondo il capital key. Ricordiamo che il criterio del capital key stabilisce che la Bce può acquistare debiti sovrani in proporzione alla quota che ogni paese detiene nell’azionariato della BCE stessa.
La questione implicita nel testo ma che rende evidente la “mossa politica” della Corte costituzionale tedesca è proprio questa: se il PSPP (cioè, come ricordato, il Q.e. attivato da Draghi nel 2015) non tradisce il TFUE, il nuovo Q.e del PEPP, pensato per rispondere alla crisi pandemica, violerebbe proprio l’art. 123 del TFUE in merito agli acquisti vincolati al criterio del capital Key.
Tutto fa pensare dunque che la Corte possa considerare il nuovo programma PEPP della BCE una violazione dell’art. 123 oltre che del principio di proporzionalità, intervenendo in futuro per bloccarne l’azione.
Nel frattempo, un portavoce della BCE ha fatto sapere che la Banca Europea «sta analizzando la sentenza e la commenterà nei tempi adeguati». Nelle prossime ore, infatti, si riunirà il Consiglio direttivo della BCE per discutere e valutare gli elementi della sentenza della Corte costituzionale tedesca.
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