Dl Maggio: riduzione ore di lavoro, a parità di salario. Al vaglio la proposta
Il Dl Maggio conterrà il fondo alle imprese, il “contributo” di emergenza. Al vaglio la proposta di una riduzione dell’orario di lavoro, a parità di salario
Il Dl di Aprile sarebbe in procinto di essere completato, anche se, nel frattempo, è diventato di “Maggio”. Si prevedono 55 miliardi a sostegno dell’economia, il reddito di emergenza (che diventerà “contributo”), ma la novità decisamente più interessante riguarda il punto tra governo e parti sociali per la ripartenza.
Già, martedì 5, il Premier Conte, all‘incontro con i leader dei sindacati confederali Cgil, Cisl, Uil, aveva parlato di «brusca caduta del Pil», scenario confermato anche dal rapporto della Commissione europea, per cui «occorre rimboccarsi le maniche»; che tradotto significa, per il Presidente del Consiglio, un «patto sociale per far ripartire davvero il Paese», un piano cospicuo «per sostenere famiglie, lavoratori e imprese».
Dall’incontro con le parti sociali è emersa, come si diceva, la novità più importante sul fronte occupazione: la possibilità di ridurre, per un periodo limitato, l’orario di lavoro, a parità di salario.
La misura non peserebbe sulle casse né dei lavoratori, né degli imprenditori, ma si sostanzierebbe in un massiccio intervento dello Stato che andrebbe a integrare la quota di salario che sarebbe ridotta dalla corrispondente riduzione dell’orario lavorativo.
Si tratta decisamente di una spesa ingente da parte dello Stato, ma inferiore a quella sostenuta per l’utilizzo della cassa integrazione e soprattutto permetterebbe di sostenere l’occupazione. Certamente non creerebbe nuovi posti di lavoro, ma consentirebbe di conservare gli attuali, permettendo ai lavoratori subordinati a tempo indeterminato di non perdere le proprie garanzie.
La proposta della task force che piace alla Catalfo
La proposta, lanciata dalla task force dell’innovazione, che riscontrerebbe simpatie anche nel presidente dell’Inps Pasquale Tridico, è stata sostenuta dalla ministra del Lavoro Nunzia Catalfo che preme affinché nel Dl Maggio sia presente questa misura.
Nello specifico, essa consentirebbe ai contratti collettivi aziendali e territoriali, stipulati con i sindacati confederali, di ridurre l’orario di lavoro, convertendo parte delle ore in percorsi di formazione. Il tutto senza toccare i salari.
La misura, presente in una delle bozze del Dl Maggio che il ministero del Lavoro ha messo sul tavolo del Consiglio, sembrerebbe riecheggiare il vecchio slogan “lavorare meno, lavorare tutti”, caro alla storia del movimento operaio, rilanciato da sindacalisti come Pierre Carniti, segretario generale della Cisl nei primi anni Ottanta, e da sociologi internazionali come André Gorz.
In realtà, come spiega la dem Francesca Puglisi, è qualcosa di meno rivoluzionario di quello che sembra:”Di riduzione dell’orario di lavoro tout court – spiega Puglisi – non si è mai parlato. Semplicemente, visto che il decreto prevede un sostanzioso prolungamento nel tempo della Cassa integrazione Covid, la conseguente rotazione nel lavoro apre lo spazio e il tempo per fasi di formazione che consentano di migliorare competenze in ambito tecnologico”.
Tuttavia, ciò non è bastato a far sorgere qualche preoccupazione tra gli industriali. “Detta così – spiega il vicepresidente di Confindustria, Maurizio Stirpe al Sole 24Ore – la proposta mi sembra la strada per una riduzione generalizzata degli orari di lavoro con oneri a carico della fiscalità generale. Più opportuno cominciare a riflettere sulla possibilità di fare formazione durante le ore in cui i lavoratori sono in cassa integrazione“; che è, per l’appunto, quanto propongono i Dem e la task force sull’innovazione. Vale a dire una misura da inserite nel Dl Maggio che, si legge nella relazione del gruppo, nasce dalle “necessità di garantire il distanziamento e le difficoltà di svolgere il lavoro utilizzando protezioni“, le quali “suggeriscono una riduzione sostanziale dell’orario di lavoro con i lavoratori organizzati in turni“.
Dl Maggio: R.em, fondi imprese e le altre questioni sul tavolo
L’incontro di lunedì notte ha lasciato alcuni nodi scoperti sul Dl Maggio, però sul Reddito di emergenza sembra che Pd e Italia Viva l’abbiano spuntata: non sarà affatto un reddito, bensì un contributo. La misura sarà “temporanea” (della durata di 2 mesi), non strutturale e andrà a tutelare quelle categorie che non hanno altri sostegni, come appunto il reddito di cittadinanza.
Nella fattispecie, Pd e renziani pensano a una tantum gestita dai Comuni, affatto a un’estensione del reddito di cittadinanza già presente.
Altro nodo da esaminare è quello dei fondi alle imprese. Italia Viva è contraria a qualsiasi ricapitalizzazione attraverso l’intervento pubblico, cioè a un ruolo investitore dello Stato: aiuti sì – fanno sapere i renziani – ma senza che lo Stato diventi una presenza ingombrante.
Le altre questioni scoperte del Dl Maggio riguardano l‘assegno di emergenza per i figli under-14 e la regolarizzazione dei lavoratori immigrati già impiegati in agricoltura, con le opposizioni che promettono barricate e parti cospicue della maggioranza che, invece, sostengono la rilevanza di una sanatoria proprio per impedire la concorrenza al ribasso dei salari tra italiani e stranieri e per frenare il sommerso delle mafie.
Riguardo ai 55 miliardi di contributi a fondo perduto e sostegno alla PMI, su cui il parlamento ha già dato via libera, una parte (20 miliardi) andranno a sostenere l‘estensione della cassa integrazione (fino a ottobre) e il bonus 800 euro per i lavoratori autonomi; il resto sarà impiegato per pagare i debiti verso le imprese, per interventi in sostegno del turismo, per le spese sanitarie (3 miliardi) e per altri finanziamenti destinati agli enti locali (ulteriori 3 miliardi).
Segui Termometro Politico su Google News
Scrivici a redazione@termometropolitico.it