Abbiamo già parlato più volte di che cos’è la querela nel diritto penale. In quest’articolo vogliamo però fare luce su una questione pratica di non rara manifestazione nella realtà quotidiana: si può essere sospesi dal lavoro perché si è subita una querela da qualcuno? ovvero, possono esserci conseguenze disciplinari, come la sospensione dal lavoro, per il lavoratore subordinato e querelato? Facciamo chiarezza.
Sospensione dal lavoro: il contesto di riferimento e cosa dice la legge
In ambito lavorativo, è decisamente più opportuno parlare di sospensione dal lavoro che di licenziamento, se il dipendente è stato querelato. Infatti, occorre prima che un magistrato emetta una sentenza penale di condanna e colpevolezza: soltanto in seguito ad essa, l’azienda potrà valutare l’allontanamento definitivo del suo dipendente condannato. Insomma, quello del rapporto tra querela e sospensione dal lavoro rappresenta un tema delicato, e che deve fare i conti con il principio penalistico di presunzione di innocenza, fino ad una eventuale sentenza di condanna passata in giudicato, ovvero divenuta definitiva e non più impugnabile e contestabile.
In base alla legge vigente, la sospensione cautelare dal lavoro non è da intendersi un provvedimento di natura disciplinare, bensì un mezzo che permette al datore di lavoro, in circostanze di speciale rilevanza o gravità, di compiere indagini sui fatti contestati al dipendente, tenendolo però al di fuori dall’azienda e versandogli comunque lo stipendio. La sospensione dal lavoro in oggetto è pertanto espressione del cosiddetto “potere direttivo ed organizzativo aziendale“, in relazione all’eventuale accertamento di responsabilità disciplinari, se non addirittura penali del lavoratore. Discorso a parte per il provvedimento di licenziamento disciplinare: esso infatti fa parte delle vere e proprie sanzioni, inflitte al lavoratore licenziato. Come accennato, le retribuzioni comunque spettano e spettano anche nel caso in cui il procedimento disciplinare si chiuda con una sanzione di tipo conservativo come l’ammonizione o la multa.
La durata della sospensione dal lavoro citata è limitata al tempo necessario per lo svolgimento di tutti gli accertamenti. Anzi, se il lavoratore non viene di seguito licenziato, il rapporto di lavoro riprende il suo normale andamento dal momento in cui fu sospeso; invece se al lavoratore viene imposto di lasciare il lavoro, la perdita del posto ed i diritti correlati vengono fatti risalire al giorno della sospensione. Insomma, la sospensione cautelare dal lavoro comporta l’esercizio di un potere di autotutela dell’imprenditore: si rivela cioè uno strumento temporaneo e discrezionale, che si fonda sugli articoli 1206 Codice Civile (rifiuto della prestazione in presenza di un motivo legittimo) e 2104 Codice Civile (potere direttivo del datore di lavoro).
Specifichiamo, inoltre, che nell’ambito pubblico la sospensione dal lavoro è correlata esclusivamente alla commissione di particolari reati (previsti dalla legge o CCNL) molto negativi per l’immagine della PA: tra essi, ad esempio, la falsa attestazione della presenza in servizio oppure le gravi o reiterate violazioni dei codici di comportamento. Nell’ambito privato, invece, la sospensione scatta laddove al lavoratore sia contestato un illecito disciplinare molto grave (ad esempio furto in azienda) ed in questo caso scatta un procedimento disciplinare per accertare come sono andate le cose (e con possibile sospensione del dipendente fino alla fine dell’iter procedimentale). Oppure la sospensione scatta anche laddove il lavoratore è coinvolto in un procedimento penale per fatti che non hanno a che fare con l’azienda ed il rapporto di lavoro, sebbene possano avere conseguenze negative sull’immagine aziendale.
In ogni caso, pur sospeso, il lavoratore va regolarmente retribuito.
Che succede in caso di querela?
A questo punto facciamo chiarezza: il solo modo, per il datore di lavoro, di tutelare l’azienda in caso di querela e di avvio di un procedimento penale, è disporre la sospensione dal lavoro della persona querelata. L’azienda potrebbe però licenziare il lavoratore subordinato a seguito di carcerazione preventiva, esclusivamente se l’assenza dovesse essere così lunga da far scaturire la perdita di interesse alla prestazione professionale. E nel caso in cui il dipendente fosse poi dichiarato innocente, il datore di lavoro sarebbe obbligato alla riassunzione, senza però il diritto alle mensilità di stipendio per il periodo precedente.
Concludendo, si può parlare in modo fondato di licenziamento del lavoratore, soltanto in caso di condanna penale definitiva, in cui il reato attribuito ha conseguenze deleterie sul genere di attività e sull’immagine dell’azienda. In caso di querela, sarà però certamente ammissibile la sospensione dal lavoro.
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