Milano, corso Magenta
26 giugno 1984, ore 6.25
Fuori il sole è appena spuntato. La ragazza che apre la porta dell’appartamento è una modella appena maggiorenne, Laura Marie Ryoko. Squadra la ragazza sull’uscio e riconosce Terry, Broome; 26 anni, una delle tante biondine sfiorite che nuotano nella Milano da bere a caccia di una carriera. La fa passare senza dire niente, Terry attraversa il salotto saturo di fumo dove l’aspetta Francesco D’Alessio, già carico dalla serata. Le dice che sapeva che era lei, al telefono. Se la porta in camera da letto e chiude la porta mentre Ryoko resta in salotto a stendere un’altra riga.
Dopo due minuti sente gli spari.
Terry era nata nell’aprile del ’58 in un paesino della Carolina del sud. Quarta di cinque sorelle, suo padre era un reduce dal Vietnam dove eroina e psicofarmaci l’avevano reso epilettico e violento. Cresciuta sballottata tra una base militare e l’altra, il suo solo punto fermo era l’invidia verso la sorella maggiore, Donna, che oltre a essere più bella era anche molto popolare.
Appena compiuti i 18 anni, Donna era partita di casa diventando una modella di successo prima a New York, poi in Italia, in un’epoca in cui stilisti e indossatrici erano supereroi. Nel 1984 la moda era tutto, in Occidente. Gioia, vita, libertà, e la testa di ponte della propaganda anticomunista.
Terry aveva provato a emulare la sorella, ma era andata male.
Per farsi accettare a scuola, a 16 anni era finita in mezzo a bulli e subumani che l’avevano violentata, poi a 19 aveva sposato uno spacciatore che le aveva presentato qualsiasi sostanza stupefacente conosciuta. Aveva divorziato e tentato di diventare modella anche lei trasferendosi a New York, ma era una delle tante provinciali slavate che sanno di saponi economici e chiesette di legno.
In un mondo dove sfili a 16 anni, a 26 Terry aveva capito che era troppo tardi. Aveva chiesto consiglio a sua sorella e lei le aveva suggerito di venire a Milano, perché se sfilavi per Valentino o Armani poi New York ti avrebbe portata sul palmo della mano.
Appena uscita dall’aeroporto di Linate Terry viene scippata dei suoi ultimi risparmi, 900 dollari. Non ha più niente e deve aggrapparsi alla sorella. Donna non fa fatica ad aiutarla; sarebbe stato difficile non farlo.
Nel 1984 Milano è una bolla isterica, dove le modelle accorrono a manciate e non esistono Internet, Netflix o il porno online e le persone per divertirsi bevono e scopano dal vivo, facendo girare fiumi di soldi. Politici, affaristi e ciarlatani in gessato si mescolano a spacciatori e modelle nelle piste delle discoteche dove si balla 99 Luftballons di Nena, Jump dei Val Halen, Helpless, People from Ibiza; bevono Angelo azzurro perché il curacao con le strobo diventa fosforescente, mentre l’eroina falcidia le strade di chi non può permettersi di vivere in paradiso. Agli uomini non serve essere belli o giovani. Basta dimostrare di essere ricchi sfondati.
Donna mentiva, naturalmente.
La sua carriera di modella consisteva nel conoscere le lenzuola dei rampolli della Milano bene, che concludevano le serate a volte in una villa in Brianza dove facevano ammucchiate, altre al residence Principessa Clotilde: 220 stanze interamente affittate a modelle o playboy che le usavano come garconniere. Terry passa le giornate a fare colloqui e provini tra dilettanti che si millantano fotografi, agenti, impresari, editor e giornalisti di moda, che chiedono sesso e offrono bugie.
Circondata da ragazzine è ossessionata dall’essere perfetta, vive nel terrore di mettere su mezzo grammo. Quando la giornata è finita, sta in una stanza d’albergo ad aspettare il telefono squilli senza nemmeno il conforto di un film, perché non capisce la lingua. Donna le consiglia di rilassarsi un po’ e la invita a una festa nella villa in Brianza.
È qui che Terry conosce Francesco D’Alessio al culmine della sua parabola discendente. «La vita è una scommessa che intendo perdere» diceva, ed era serio. Ex rugbysta, ex tennista e figlio dell’avvocato Carlo D’Alessio, titolare di una delle migliori scuderie d’Italia, Francesco era partito bene. Pedigree eccezionale e genetica migliore, passava le estati a studiare discendenze e linee di sangue dei cavalli. Sapeva giudicare il potenziale di una bestia in cinque minuti e delle donne non gli importava: venivano dopo tutto il resto, e tutto il resto veniva dopo i cavalli.
Si era sposato con una modella, Cheryl Stevens, che gli aveva dato due bambini.
Ma chi nasce nella seta poi cerca il poliestere. Erano arrivate la cocaina, la depressione e le donne oggetto in una città che sembrava farle spuntare come gramigna. Con lui c’erano il suo migliore amico Guido Borghi, figlio di industriali che producevano frigoriferi, Umberto Cabassi, fratello di un finanziere assai conosciuto e Umberto Caproni, erede di impresari nel campo dell’aviazione. Come ultima ruota del carro c’è Giorgio Rotti, un gioielliere grassottello e introverso, figlio d’arte che si vantava di girare con una.38 nella cintura ed era troppo timido per partecipare alle serate in Brianza.
Con quest’allegra brigata, Francesco distruggeva automobili, non si radeva né lavava, faceva scenate dappertutto, prenotava suite milionarie e si addormentava nella hall con addosso i vestiti, ma soprattutto si faceva di cocaina e perdeva miliardi alle scommesse o sul tavolo da poker. Quando sua moglie aveva chiesto il divorzio l’aveva massacrata di botte ed era passato alle modelle.
Incontra Terry per la prima volta in Brianza ne resta folgorato, ma è ridotto troppo male e si addormenta sul pavimento. Terry finisce tra le braccia di Cabassi, Cabassi chiama un amico e se la fanno in due. Quando Francesco si sveglia e scopre di essersi perso l’orgia va nella stanza dove dorme Terry e comincia a masturbarsi chiedendole di venire con lui. Lei lo manda a quel paese e se ne va con la sorella.
Nei mesi seguenti la vita di Terry è la solita: di giorno provini fallimentari, la sera a sniffare e bere al Nephenta, poi divertimento orizzontale in Brianza con la sorella e la compagnia di Francesco, che non la molla.
Una sera Giorgio Rotti la prende in disparte, le regala un anello di fidanzamento e le propone di andarsene con lui, lontani da quella compagnia, e sposarlo. Lei accetta, ma Milano è piccola, i locali sono quelli ed entrambi amano la cocaina, che sanno procurarsi solo tramite Joe Maserati, al tempo re della movida milanese.
Dopo un paio di mesi, il 25 giugno 1984 Terry e Umberto si rivedono con la sorella e il suo fidanzato al caffè Roma. Mentre stanno chiacchierando ai tavoli, Terry vede al bancone Francesco già carico che sta facendo una scenata. Chiede alla compagnia di spostarsi e vanno al Nephenta, dove bevono e sniffano fino alle due di mattina. Poi arriva Francesco, vede Rotti e lo raggiunge al tavolo.
«Com’è che quando le ragazze girano con Rotti, poi non vogliono più scopare con me?» domanda.
Poi comincia a fare commenti sul fatto che a Terry il sesso di gruppo piace – all’epoca era impensabile piacesse a tutti – e aggiunge allusioni su rapporti omosessuali tra lei e altre modelle in Brianza. Rotti non reagisce, la prende per mano e la porta via, ma in macchina è silenzioso.
A casa parte una litigata in cui lui le rinfaccia di averle tenuto nascosto certe cose, lei gli dice che le sapeva benissimo. Alla fine, gonfio di alcool e cocaina, Giorgio crolla a dormire. Terry invece è ancora sveglia. Fruga negli armadi finché trova la.38 di Giorgio, poi telefona all’appartamento di Francesco spacciandosi per Diana e gli chiede se può andare a trovarlo. Sente che c’è qualcun altro in casa, ma non le importa.
Infila in borsa la.38, una dose di cocaina e chiama un taxi.
Quando entrano in stanza da letto, Terry tira fuori la pistola e glie la punta contro. Forse vuole solo chiarire le cose una volta per tutte e spaventarlo, forse no. Francesco non è impressionato, è pieno di cocaina anche lui. Fa un passo in avanti e Terry spara un colpo contro il muro. Lui avanza ancora e le afferra il polso. Lei si divincola, finiscono per terra, lei spara altri due colpi per la stanza, poi lo prende in pieno petto e l’ultimo, fatale, dritto nella tempia. Esce di corsa, vede Ryoko trasformata in una statua di sale e le dice che lei non corre alcun pericolo, poi se ne va. Prende un taxi e fila a casa di Giorgio che sono ormai le 7.30 di mattina. Lo sveglia e gli grida di portarla subito all’aeroporto.
«Perché?» fa lui.
«Ho sparato a Francesco» risponde.
Si imbarca sul volo Swiss air delle 10.35 e atterra a Zurigo, dove si sistema all’hotel Bahnpost. Alle 13, in Italia, il dirigente della sezione omicidi riceve una telefonata anonima che gli dice dove si trova Terry, e non si saprà mai chi fosse dall’altra parte del filo. Italia e Svizzera sono in ottimi rapporti; la polizia elvetica fa un controllo, la arresta e la porta in questura. Terry rifiuta l’estradizione e, dopo un colloquio con il dirigente, accetta di venire in Italia di sua spontanea volontà.
Processata per omicidio, il perito incaricato dal Tribunale di Milano dirà di aver individuato caratteristiche psicopatologiche nella Broome. Prenderà 12 anni, ma tra indulti e buona condotta uscirà dopo averne scontati solo otto e aver fatto amicizia con una brigatista di Prima linea a cui avrà insegnato l’inglese, osservando alla TV gli anni ’80 morire, il muro di Berlino crollare, le stragi e gli attentati crescere e poi diminuire. Uscirà quando la polvere del vecchio mondo si sarà depositata, nel febbraio 1992.
Tornerà negli Stati Uniti e farà perdere le sue tracce.