Dl Rilancio, Valvason (A.p.i.): “Gli aiuti per le imprese? Insufficienti”
Il Dl Rilancio varato una settimana fa dal governo ha messo a disposizione delle imprese 16 miliardi di euro, lo stop all’Irap, il taglio di bollette e affitti e il rinvio di Iva e ritenute a settembre. Misure ritenute però non sufficienti da Stefano Valvason, direttore generale di A.P.I. (Associazione Piccole e Medie Industrie). Nata nel 1946, l’Associazione conta ad oggi oltre 2.000 industrie associate con più di 40.000 addetti. “Si tratta di un primo passo, vedremo cosa arriverà dall’Ue e attendiamo nel concreto le circolari attuative e il Dl pubblicato in Gazzetta; solo a quel punto potremo valutare l’impatto che avrà sulle Pmi” spiega a Termometro Politico Valvason che fa le pulci alle misure presenti nel decreto, per ora solo virtuali dato che manca ancora la bollinatura della Ragioneria di Stato. “Si tratta di risorse economiche non sufficienti, lo sanno i politici e lo sanno bene le imprese. Sicuramente la riduzione dell’Irap è un’ottima iniziativa, ma la disposizione non è assolutamente chiara. Una diversa impostazione della norma, che faccia riferimento all’imposta dovuta più che ai versamenti dell’imposta, avrebbe portato ad una maggiore equità tra le imprese. Quello che servirebbe è la cancellazione di tasse e contributi, se non ci sono stati incassi. Come possiamo pensare di far pagare qualcosa senza aver guadagnato? In particolare, non vediamo la semplificazione e la sburocratizzazione di molti adempimenti che faciliterebbero l’attività di impresa”.
Valvason: “I contributi a fondo perduto pensati dal governo non sono che briciole”
Burocrazia che ha rallentato anche i primi aiuti per imprese e famiglie contenuti nel decreto Liquidità varato agli inizi di aprile. Un caso emblematico riguarda la cassa integrazione promessa ma che ancora fatica ad arrivare in tempi brevi ai lavoratori. Il governo ha provato a metterci una toppa inserendo all’interno del decreto una norma che consente alle imprese di fare richiesta della cassa in deroga direttamente all’Inps senza passare dalle Regioni. Inoltre l’Inps, come confermato dal suo presidente Pasquale Tridico, dovrà anticipare il 40% dell’ammontare richiesto prima che l’iter burocratico sia completato. Valvason saluta con favore questa soluzione spiegando che “ogni processo di semplificazione e sburocratizzazione è utile e apprezzato, vedremo se Inps sarà in grado di gestire le pratiche velocemente senza avere un intermediario ulteriore. Lo abbiamo chiesto e auspichiamo che ci sia veramente l’anticipo, permetterebbe alle imprese di avere una boccata di ossigeno trattenendo liquidità per affrontare le spese di questo periodo e la ripartenza”.
Sulla possibilità che i ritardi degli aiuti ai lavoratori cessino grazie alla nuova normativa, la speranza di Valvason si riduce al lumicino. “I ritardi ci sono e continuano ad esserci con i danni conseguenti per imprenditori e lavoratori. Oggi il 90% delle Pmi associate, che ha fatto richiesta di ammortizzatori sociali, ha anticipato quanto dovuto ai collaboratori per evitare che le famiglie restassero senza entrate mensili”. Anche gli aiuti a fondo perduto previsti per le imprese che nel 2019 hanno registrato un fatturato fino a 5 milioni di euro rappresentano per A.p.i. un pannicello caldo. “Le nostre imprese associate, stanno registrando perdite di fatturato anche di oltre il 70%. Contributi a fondo perduto che vanno da mille euro fino ad un massimo di 50 mila euro in molti casi non saranno che briciole” attacca Valvason secondo cui “bisogna verificare le singole situazioni, aumentare i fondi stanziati e l’entità del sostegno. Dobbiamo credere nel fare impresa per tutelare il patrimonio imprenditoriale italiano che vede nelle Pmi l’asse portante. Inoltre – aggiunge – servono maggiori contributi e fondi per le spese di sanificazione e acquisto DPI, ma anche per investire su marketing e comunicazione, sulla digitalizzazione e sulla formazione per la “riqualificazione” dei collaboratori e degli imprenditori così da aiutare le imprese a crescere, aprire nuovi mercati e superare questa fase”.
Il sondaggio: imprenditori molto preoccupati
Per capire quanto la situazione per le Pmi sia gravosa basta dare un’occhiata ai numeri di un’indagine effettuata da A.p.i a marzo tra i suoi associati. Dalla rilevazione emerge che gli imprenditori sono molto preoccupati: il 26,3% per la tenuta dell’azienda e la garanzia dell’occupazione dei dipendenti – un timore che supera le paure relative alla salute propria e dei familiari (20%) – altri per il futuro incerto (15%) o per i mancati pagamenti dei clienti (12,8%). Non solo. Un sondaggio sulla liquidità condotto sempre dall’associazione, ha rilevato che il 57% delle imprese associate si è rivolto a un istituto di credito, ma solo 1 su 3 ha visto la pratica andare avanti. A questo si somma la problematica che riguarda i tassi di interesse che in Italia, al contrario di quanto avviene in altri paesi, sono lasciati a discrezione delle banche. Ritornando ai dati del sondaggio, si capisce quanto l’emergenza Covid-19 stia impattando sulle imprese. Infatti, alla domanda “sul fronte liquidità, come descriverebbe la situazione della sua azienda pre Covid-19?” il 75% degli intervistati ha risposto “positiva”, mentre il 25% “negativa”. Attualmente la situazione liquidità è cambiata: il 48% degli intervistati ha risposto positiva, mentre il 52% negativa. I problemi di liquidità incidono per il 42% da insoluti dei clienti, per il 21% su mancati pagamenti dei fornitori e per il 37% sulla necessità di pagare i dipendenti. Su quest’ultimo punto ricade il mancato arrivo dei soldi degli ammortizzatori sociali, a cui sopperisce l’imprenditore. Infine, una critica viene riservata alla mancanza di chiarezza nelle norme e nella comunicazione fatta dal governo: il 67% degli imprenditori ha dichiarato di non aver riscontrato corrispondenza tra le informazioni in proprio possesso sul Decreto Liquidità a fronte di quelle ricevute dall’istituto di credito contattato.
L’appello delle imprese al governo
All’esecutivo, Valvason rivolge un appello: “Chiediamo, e ribadiamo, di ascoltare gli imprenditori, di agire, velocemente, eliminando la burocrazia, di investire sulle imprese con sostegni a fondo perduto, di pagare gli arretrati per le forniture e i servizi resi alla P.a., di restituire l’Iva dovuta, di non chiedere alle imprese di indebitarsi ulteriormente solo per pagare le tasse, di comprare solo made in Italy e di dare avvio alle grandi opere, di coinvolgere nella task force di esperti del Governo imprenditori e imprenditrici, che ogni giorno fanno impresa e stanno affrontando i problemi direttamente. Infine, ma lo chiediamo da decenni: di varare una politica industriale di medio – lungo periodo”.
A certificare quanto detto da Valvason è Gian Marco Reina, componente del consiglio direttivo di A.p.i ma soprattutto imprenditore del mollificio Moll-Mar, sito a Settimo Milanese nel nord ovest di Milano. Reina ha toccato con mano gli effetti negativi che il lockdown causato dal Covid-19 ha avuto sulla sua impresa. “Noi abbiamo cessato la nostra produzione per pochissimo tempo perché avevamo dei clienti che, producendo bombole per l’ossigeno, avevano bisogno di molle. A marzo abbiamo fatturato il 50% in meno rispetto a marzo dell’anno scorso, ad aprile abbiamo fatturato solo il 15%. Ad inizio maggio abbiamo ripreso ma è sorto un problema: le consegne degli ordini fatti a marzo ed aprile con scadenza a maggio sono stati di fatto posticipati da parte dei clienti che avevano bisogno di trattenere liquidità. In questo modo ci siamo trovati con preventivi insoluti. Abbiamo 6 dipendenti – aggiunge – da inizio lockdown sono tutti in cassa integrazione ma al momento nessuno di loro ha ancora percepito la contribuzione Inps”. Il futuro è fosco: “Noi ci stiamo preparando a tre tipi di scenari: brutto bruttissimo e tragico. Brutto prevede -40% del fatturato, bruttissimo -60% e tragico 80% in meno”. Sugli aiuti promessi dal governo alle imprese sotto forma di garanzie, il famoso bazooka da 400 milioni di euro annunciato da Conte, il commento di Reina è caustico: “Si tratta per l’appunto di garanzie. Ad oggi l’aiuto da parte dello Stato è pari a zero. Anzi, un aiuto c’è. Sono i 600 euro alle partite Iva. Ma io nemmeno quelli sono riuscito ancora ad ottenere”.
Nella foto di copertina, Stefano Valvason, direttore generale di A.P.I. (Associazione Piccole e Medie Industrie)
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