Sinistra ecologia e libertà: il primo congresso nazionale

Pubblicato il 27 Ottobre 2010 alle 08:13 Autore: Gabriele Bracci
sel Vendola

[ad]La chiusura, nel terzo ed ultimo giorno del congresso, è ancora affidata a Vendola, il cui intervento è preceduto dall’appassionata relazione dell’ex leader del “correntone” Ds, Fabio Mussi. Quest’ultimo rivendica la scelta di non aver aderito al Partito Democratico perché convinto che la cancellazione della parola sinistra dal panorama politico italiano non può essere accettata. Dal suo punto di vista la fuoriuscita dal Novecento non può e non deve significare un ritorno all’Ottocento. Per Mussi il nuovo programma del centro-sinistra non può che essere incentrato su alcune tematiche chiave come il ripudio della guerra, il no al nucleare, la centralità del lavoro e della conoscenza, la scuola pubblica e l’acqua intesa come bene pubblico. E ben sapendo che su tali questioni non vi può essere l’unanime convergenza, indica l’unica via sulla quale è necessario puntare: le primarie, che nel caso di vittoria di Vendola porterebbero a quel necessario “Big bang” capace di rendere possibile “il passaggio dal seme all’albero senza passare per i cespugli e gli arbusti” (il riferimento è all’Ulivo e alle conseguenti dispute coalizionali).

 

Nelle conclusioni Vendola riprende in mano il discorso che aveva iniziato aprendo il congresso. E lo fa con toni più bassi, anche se non nei contenuti. Parla della presenza di un’Italia migliore, che ha condiviso e condivide il dolore del mondo (come nell’esperienza dei minatori cileni) ma che attualmente non ha una voce politica. Parla poi di religione, e lo inizia a fare – spiazzando anche un po’ il pubblico – citando Aldo Moro, che a suo modo di vedere avrebbe considerato la manifestazione del 16 ottobre della Fiom come una risorsa per il futuro, proprio come fece con il movimento del ’68. Una personalità – sostiene Vendola – che, a differenza della classe politica attuale, aveva la capacità di saper interpretare la realtà anche quando i fenomeni sociali erano da lui lontani politicamente.

 

Il leader pugliese mette poi in guardia da un certo anticlericalismo presente spesso anche a sinistra, rimarcando la necessità del dialogo. Alla gente del “Family day”, ancora, egli vorrebbe domandare se a ferirli sia stato “più l’amore gay o l’impoverimento prodotto dal liberismo”. Il dialogo con il centro, dunque, dal suo punto di vista non può che concentrarsi sulle tematiche di fondo che stanno alla base dell’azione politica e non sulla semplice questione delle alleanze. Rivendicando la sua fede religiosa, Nichi Vendola sostiene che per lui essere cattolico ha sempre significato “dar da bere agli assetati e dar da mangiare agli affamati” e non “utilizzare l’acquasantiera come mezzo di propaganda elettorale”. Ad affascinarlo della storia cristiana è sempre stata l’annunciazione di un regno che non avviene “attraverso i segni del potere” ma al contrario attraverso “il potere dei segni” (il simbolo del Cristo in croce, con i chiodi e la corona di spine). Infine riferendosi alle polemiche che hanno investito la stesura della costituzione europea afferma che “c’è gente che pur di difendere le radici cristiane dell’Europa farebbe stermini”.

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