Divieto di licenziamento: stop col nuovo provvedimento. Il caso
Divieto di licenziamento ed il buco che lascia spiragli al licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo. Ecco che cosa è successo
Un intoppo burocratico che ha fatto cadere – almeno temporaneamente – il divieto di licenziamento per motivi economici, ovvero per giustificato motivo oggettivo, previsto dal decreto Cura Italia dello scorso marzo. Ecco il caso che ha visto coinvolto il Governo in questi giorni e che di fatto avrebbe aperto spiragli a nuovi licenziamenti individuali per motivi economici e alla ripartenza delle procedure avviate in data antecedente il 24 febbraio scorso e finora congelate. Ma vediamo di seguito la vicenda più nel dettaglio.
Divieto di licenziamento: la tutela prorogata dal dl Rilancio
Domenica 17 maggio scadeva il divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, operativo per 60 giorni ed introdotto dal decreto Cura Italia, a partire dal 17 marzo. Tale termine avrebbe dovuto essere allungato dal Dl Rilancio per 5 mesi, in modo tempestivo. Ma, per una sorta di lungaggine burocratica, quest’ultimo decreto ha ricevuto pubblicazione in G.U. soltanto martedì 19 maggio. In verità, nelle intenzioni degli autori del dl Rilancio c’è sempre stato il desiderio di prorogare il divieto di licenziamento, ma il ritardo – un vero e proprio “buco” – verificatosi nell’iter di pubblicazione del provvedimento, in Gazzetta Ufficiale, ha pregiudicato l’operatività della citata misura di tutela dei lavoratori.
Le conseguenze dell’intoppo burocratico
In buona sostanza, lo scudo a favore dei dipendenti è caduto dal 17 maggio scorso e, con un intoppo burocratico come quello citato, l’azienda o il datore di lavoro potrebbe aver optato, in questi giorni, per il licenziamento che – tuttavia essendo atto ricettivo – deve pervenire alla conoscenza del lavoratore per produrre effetti, prima dell’entrata in vigore del decreto Rilancio. Il punto insomma è il seguente: il buco tra domenica 17 e martedì 19 marzo comporta che eventuali licenziamenti attuati in quel lasso di tempo, possono considerarsi assolutamente legittimi.
In particolare, se il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo si è verificato il giorno della pubblicazione (19 maggio) in Gazzetta Ufficiale e dell’entrata in vigore del decreto, ed è provato che il lavoratore aveva già appreso del recesso (come detto, il licenziamento è atto ricettivo), il licenziamento è legittimo e dispiega i suoi effetti, dato che la legge non è retroattiva e quindi non interviene su situazioni pregresse rispetto alla data di pubblicazione in G.U. Altrimenti, in caso di mancata conoscenza, il provvedimento potrebbe essere annullato dal giudice.
Concludendo, rimarchiamo comunque che lo scopo di tutelare i livelli occupazionali, è uno dei tratti caratterizzanti del decreto legge Rilancio, che interviene sull’art.46 del decreto Cura Italia (ovvero decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27), modificando al comma 1, i termini “60 giorni” con “cinque mesi“. Pertanto, il divieto di licenziamento è operativo almeno fino al 17 agosto 2020.
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