Di Andrea Sarubbi:
È un discorso complicato, quello su Equitalia, e per farlo bisogna premettere qualche domanda. È lecito che uno Stato chieda tasse ai propri cittadini? È lecito che sanzioni chi non rispetta le regole? È lecito che preveda un sistema di riscossione, per quei cittadini che non pagano quanto dovuto? Se una delle tre risposte fosse no, sarebbe giusta e logica una rivolta civile; altrimenti, discutiamo pure sulle modalità di pagamenti e sanzioni ma non stiamo dalla parte di chi spacca vetrine e tira petardi contro un’agenzia di riscossione, o ne mura l’ingresso, anche perché il suo lavoro è nell’interesse di tutti.
Se il problema dell’Italia è l’evasione fiscale, che toglie risorse al pubblico e fa pagare di più agli onesti, la riscossione va difesa e non attaccata; non posso tuonare la mattina contro chi non paga le tasse e il pomeriggio contro chi cerca di fargliele pagare. D’accordo, in tempi di crisi contestualizziamo pure, perché dietro un mancato pagamento può nascondersi una difficoltà momentanea: per questo approvammo alla Camera, qualche mese fa, apposite mozioni, in cui ad esempio il Pd chiedeva un momento preventivo di confronto fra Equitalia e debitore; altro potrà essere fatto, e sono sicuro che Monti giovedì se ne farà carico, sul fronte delle sanzioni e della rateizzazione o magari della compensazione con i crediti esistenti. Ma l’importante è avere sempre chiaro il confine della legalità, che invece sta sfuggendo a una parte del mondo politico in perenne ricerca di consenso. Lo scrive bene Dario Di Vico, sul Corriere di oggi:
“Se vi vogliono ridiscutere le regole di ingaggio lo si faccia ma non si può delegittimare quotidianamente l’azione dei suoi uomini e giustificare così ogni nefandezza nei confronti di Equitalia. I sindaci quando dovranno gestire localmente la riscossione avranno tutto il tempo di dimostrare la loro capacità, saranno sicuramente in grado di coniugare efficacia e rispetto del cittadino ma fino ad allora è bene che si dimostrino classe dirigente. Perché solo nella giornata di ieri abbiamo avuto un assalto alla sede napoletana, l’invio di un pacco bomba alla direzione generale, due ispettori aggrediti a Milano e una telefonata minatoria agli uffici di Viterbo. In più il cronista non può non constatare come a cinque mesi dagli attentati di dicembre ancora non si sappia nulla di certo sugli autori dei quei gesti che segnarono l’inizio di una vera e propria campagna terroristica. È chiaro che in queste condizioni solo un kamikaze potrebbe chiedere di lavorare ad Equitalia. Con tanti saluti alla lotta contro l’evasione fiscale”.
Traduco: se Equitalia si rompe le scatole di ricevere bombe, a un certo punto comincia ad allentare la morsa; siccome siamo in Italia, comincia a diffondersi la leggenda metropolitana che pagare le multe è da fessi, perché tanto non ti fanno niente, e salta tutto il sistema di regole. Le tasse diventeranno come il cestino all’offertorio durante la Messa – chi vuole, mette qualcosa, ma tanto il prete non controlla – e le aliquote certamente non diminuiranno (ho voluto essere ottimista). Ma soprattutto, l’Italia non cambierà mai, come nota Stefano Menichini su Europa:
“Per decenni la politica s’è data da fare per garantire protezione ai singoli e alle categorie. La flessibilità fiscale era parte del patto non scritto della Prima repubblica ed è diventata emblema della Seconda, marcata da condoni e berlusconismi. Tanto, benevolenza, maglie larghe, e mancati controlli (da cui il mio vizio, premiato, di non pagare le multe) finivano a carico della collettività, come indebitamento e come pressione fiscale esagerata: una denuncia che è diventata tormentone dei riformisti. Ora, dopo appena sei mesi di inversione di marcia, rigore e legalità appaiono insopportabili, insostenibili a causa della crisi. Partiti e teorici del laissez faire ripropongono lesti l’ideologia dello Stato esattore oppressore. Piccoli, medi e grandi, tutti scoprono l’ingiustizia di dover rispettare (con la mora, purtroppo) regole mai rispettate. Dietro il velo doloroso dei suicidi si costruisce la rivincita dell’Italia dei furbi, travestita perfino da antagonismo sociale. E si chiude la finestra, anzi lo spiraglio, che miracolosamente si stava aprendo verso un Paese civile e normale”.
Anch’io, da cittadino e da contribuente, ho la mia storia sull’Agenzia delle entrate e sull’ottusità di certi strumenti di verifica: a chi interessasse, potrei anche raccontarla. Se provo grande dolore per i suicidi di queste settimane, però, la preoccupazione non è minore per le fasce deboli della popolazione che ricevono servizi scadenti anche per colpa di chi non paga il suo debito con lo Stato.
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