Next Generation Ue: quello che rivelano le carte (e i giornali non dicono)
Next Generation Ue: cosa rivelano le carte. All’Italia spetterebbe 56,7 miliardi ,pari cioè al 3,2% del Pil, di cui solo una parte a fondo perduto.
Il Piano della Commissione Ue “Next Generation Ue”, presentato in Parlamento europeo dalla stessa Ursula von der Leyen, è stato definito superiori alle aspettative, soprattutto per i tanti che si aspettavano un cedimento della Commissione alle sirene dell’austerità provenienti dai Paesi “frugali” del Nord, Olanda e Austria in primis.
Il Piano, secondo fonti giornalistiche, prevede 172 miliardi di aiuti per l’Italia, 80 dei quali attraverso finanziamenti a fondo perduto: una “pioggia di soldi”, come si è affrettato a definirlo Enrico Mentana.
Next Generation Ue: cosa dicono i documenti ufficiali
Tuttavia, nei documenti ufficiali la cifra spettante all’Italia, benché di tutto rispetto, appare contenuta: all’Italia spetterebbero 153 miliardi, non 172.
Di questa cifra, inoltre, 96,3 miliardi saranno di contributi che l’Italia verserà – attenzione, non riceverà – per finanziare il fondo “Recovery”.
Insomma, il Next Generation Ue della Commissione – che comunque dovrà essere in ogni caso discusso nei prossimi negoziati, a cominciare dal Consiglio europeo dei prossimi giorni – non sembrerebbe quella panacea epocale che molti, giornalisti e politici di prim’ordine, si sono affrettati a dipingere.
Se infatti escludiamo dal conto quei 96,3 miliardi, all’Italia spetterebbe complessivamente la somma di 56,7 miliardi, pari cioè al 3,2% del Pil italiano. Occorre considerare, inoltre, che tale cifra sarà spalmata nel corso di quattro anni (quindi il contributo sarà ridimensionato ulteriormente allo 0,8% del Pil annuo). Contributo per modo di dire, perché solo una parte di quei 56,7 miliardi sarà a fondo perduto e, in ogni caso, i finanziamenti che arriveranno da Bruxelles, siano essi prestiti o sovvenzioni, saranno soggetti a condizionalità e vincoli di destinazione.
Quando si esce fuori dalle faziosità e dalle partigianerie, dunque, le carte possono rivelare una realtà ben diversa da quella che ci viene narrata.
Più che cantare presto vittoria, quindi, occorrerebbe chiedersi se i finanziamenti previsti (in ogni caso soggetti a vincoli di destinazioni ed erogati non prima del 2021), spalmati su quattro anni, siano sufficienti a tamponare la grave situazione economica e finanziaria in cui versa il nostro Paese (con un crollo del Pil di ben -15% solo nel primo trimestre 2020, stante ai dati dell’Ufficio parlamentare di bilancio).
La speranza, in ultima istanza, viene riposta nel Pepp – il nuovo quantitative easing della Bce per far fronte alla crisi pandemica -, che martedì scorso è stato potenziato di ben 600 miliardi, oltre all‘acquisto dei titoli di Stato che la Bce, attraverso il vecchio Q.e di Draghi, ha assicurato continuerà a svolgere fino a quando la crisi perdurerà.
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