Si fa un gran parlare della riforma Irpef in questo 2020. Se ne parlava prima dell’emergenza sanitaria, poi l’epidemia ha interrotto tutto, ma ora si deve riprendere la discussione, legata in particolare non solo alle aliquote Irpef, ma anche al sistema di detrazioni. L’obiettivo principale, adesso, è quello di sintetizzare due priorità: quello di semplificare un sistema complesso, come quello fiscale, e ridurre la tassazione ai lavoratori, operando sulle aliquote Irpef.
Riforma Irpef e detrazioni per i lavoratori
La riforma fiscale sarà divisa in tappe e la prima guarda già alla prossima Legge di Bilancio, in modo che un intervento sia già operativo nel 2021. Questo primo obiettivo potrebbe essere proprio la rimodulazione delle aliquote Irpef. Come riporta Il Messaggero, “con i suoi oltre 190 miliardi di gettito nel 2019 vale circa un terzo delle entrate tributarie complessive, ma naturalmente non è l’unica voce su cui una riforma complessiva dovrebbe mettere mano”. Il governo potrebbe operare in favore del reddito medio, ritoccando così la terza aliquota (38%) tramite una relativa riduzione. Si parla dei redditi compresi nella fascia 28-55 mila euro annui. Si pensa di ridurre quell’aliquota di 2-3 punti percentuali, arrivando così al 35%, ma resta il problema dei lavoratori dipendenti. Se uno di questi passa da 27 mila euro annui a 29 mila euro annui con un incremento retributivo in busta paga, si troverebbe a pagare di più di tasse, e l’aumento stipendiale non risulterebbe così conveniente. Proprio per questo motivo risulta necessario rivedere anche il sistema delle detrazioni per i lavoratori e le famiglie.
Gli interventi per le imprese
Le imprese sono già andate incontro a un intervento significativo causato dall’emergenza sanitaria, vovero la cancellazione del versamento Irap di giugno. Da questa imposta, che le imprese vorrebbero abolita, le casse dello Stato si riempiono di 25 miliardi annui. Su questo fronte effettuare un intervento sarebbe troppo rischioso, ma comunque significativo. Sempre il quotidiano romano prende in considerazione l’ipotesi di una “trasformazione dell’imposta regionale in una sorta di addizionale dell’Ires pagata dalle società, ma sarebbe comunque un passaggio molto complesso con possibili effetti indesiderati per qualche contribuente”.
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