Puntuali assieme alle statistiche sul crollo del PIL sono arrivati anche i primi numeri sull’occupazione e sulle conseguenze che il lockdown ha avuto.
Ed appare subito evidente che quello che sembrava chiaro dall’inizio si è verificato: a soffrire maggiormente a crisi sono i più fragili, i giovani e i precari. Gli occupati tra i 15 e i 24 anni tra aprile 2019 e aprile 2020 sono diminuiti dell’8,5%, quelli sopra i 50 invece sono addirittura cresciuti dell’1,5%, ancora per effetto dei minori pensionandi e per questioni demografiche.
Ovviamente in valore assoluto i più colpiti sono i 35-49enni, con una perdita di 376 mila posti. Ma i più giovani sono quelli per cui è più evidente l’inversione di tendenza rispetto al trend che era iniziato nel 2015 con una crescita dell’occupazione di questi ultimi molto rilevante, seconda solo a quella dei più anziani.
Ora vi è di fatto un ritorno indietro di tre anni, che nei prossimi mesi sicuramente si accentuerà.
La disuguaglianza tra lavoratori viene accentuata anche da un altro aspetto, ovvero il maggior coinvolgimento di chi ha contratti più precari.
Crisi economica, è crollo dei posti a tempo determinato
I posti di lavoro a termine in un anno sono diminuiti di ben il 15,3%. E dire che era la tipologia di occupazione, quella a tempo determinato, cresciuta di più nel tempo, con un aumento di più del 40% tra 2014 e 2019.
Al contrario tra gli autonomi vi è un calo del 3,6%, mentre i lavoratori a tempo indeterminato, che erano quelli che si erano incrementati meno durante la ripresa, crescono all’1,2%. Nel complesso ci sono quasi 500 mila posti in meno a termine e 175 mila in più permanenti.
È un classico degli ultimi anni, a pagare sono i giovani con contratti precari, mentre per gli ultra 50enni, in gran parte con posti a tempo indeterminato, appaiono quasi non toccati.
Un altro dato che non stupisce è il fatto che siano le donne ora le più colpite, con una diminuzione dell’occupazione del 2,9%, ovvero 286 mila posti, rispetto al calo dell’1,6% tra gli uomini.
In realtà le donne erano state negli ultimi anni le maggiori beneficiarie della ripresa, con un miglioramento dei dati sull’occupazione, tradizionalmente molto bassa in Italia, decisamente più importante di quella riscontrabile tra gli uomini.
Questi dati dimostrano che ci stiamo per ritrovare in una situazione simile a quella della scorsa crisi da un punto di vista occupazionale, non solo quantitativamente, ma anche qualitativamente, con i soliti lavoratori di serie B in posizione ancora più fragile.
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