Sondaggi politici USA, americani sempre più divisi in base a etnia e istruzione
Le elezioni americane si avvicinano e il mondo guarda all’America con sempre più attenzione. Il fatto che questa corsa alla presidenza avvenga in un contesto quanto mai caldo, con le polemiche sulla lotta al coronavirus e con le proteste contro la violenza della polizia dopo il caso Floyd, di cui abbiamo parlato nei nostri sondaggi, la rendono quanto mai interessante e imprevedibile.
Sondaggi politici USA, americani sempre più polarizzati
Secondo i sondaggi politici di Pew Research tuttavia vi è una conferma di un trend in atto da più di un decennio, ovvero la divaricazione sempre più netta tra gli americani sul voto in base all’appartenenza a determinati segmenti sociali.
In sostanza il voto è sempre meno trasversale. Ormai è quasi possibile predire cosa un americano voterà in base all’etnia, alla religione professata o non professata o all’istruzione. Tra chi infatti è bianco ed è evangelico i repubblicani hanno il 78% contro il 17% dei democratici. Non solo, hanno un enorme vantaggio, del 32%, anche tra gli uomini bianchi che non hanno fatto il college, del 20% tra chi va a Messa ogni settimana.
Al contrario se ci troviamo davanti a una donna nera sarà quasi sicuro, all’87% che voti democratico. Davanti a chi abita in città al Nordest i democratici hanno invece il 72%, il 67% tra chi non è religioso, il 68% tra i cattolici ispanici, il 62% tra le donne con laurea.
Le differenze sono divenute enormi, i due partiti hanno guadagnato consenso dove già ne avevano di più, allargando la forbice delle differenze di voto in quasi tutti i campi. Per esempio rispetto a 26 anni fa sono diminuiti i bianchi senza laurea, ma tra questi sono calati molto di più, quasi dimezzandosi, quelli che votano democratico, mentre sono scesi meno, dal 69% al 57% quelli repubblicani. Così è aumentata la proporzione di voto delle minoranze, ma in modo diverso. Gli americani non bianchi che votano repubblicano sono passati dal 6% al 17%, aumentando dell’11%, quelli democratici dal 23% al 40%.
Anche dal punto di vista dell’appartenenza religiosa vi è stata una divaricazione. Nonostante la secolarizzazione il 79% dei repubblicani si dice cristiano, con un calo limitato rispetto all’87% del 2008, mentre tra i democratici si è passati dal 73% al 52%.
Crescono sia gli anziani che le minoranze
Apparentemente sembra che lo shift demografico del Paese premi i democratici, con l’aumento di minoranze, atei, americani con istruzione superiore, ma nella pratica non è detto che questo si trasformi in una vittoria. Come già accaduto nel 2016 i repubblicani possono contare su un crescente appoggio in fasce dell’elettorato che sì, si stanno restringendo, ma il cui passaggio dalla parte di Trump potrebbe fare pendere ancora dalla sua parte la bilancia, come i bianchi che non hanno fatto il college, che hanno ormai abbandonato i democratici e rimangono molti, oppure gli anziani e le persone di mezza età. Che sono sempre di più. Gli over 50 sono passati dal 40% del 1996 al 52% di oggi. E tra i repubblicani dal 40% al 56%. Vuol dire che oltre a essere di più votano più repubblicano di prima.
Dall’altro lato aumentano le minoranze, in particolare gli ispanici, che si sommano ai neri e ad altre etnie miste diventando insieme una percentuale sempre più rilevante. Dal 15% sono diventati il 31% in 23 anni. E tra questi i repubblicani fanno fatica. Da sempre.
Trump puntava ad accrescere un po’ il voto nero a suo favore nelle prossime elezioni. Faceva parte della sua strategia. Non sappiamo cosa ne sarà dopo le recenti proteste.
Ma in ogni caso come sappiamo non basta conquistare i voti ma si devono conquistare nel posto giusto. Vince non chi ha più voti ma chi ha più grandi elettori, ovvero chi conquista quegli stati i cui grandi elettori, sommati sono più del 50% del totale. E sarà quindi una sfida complessa, con un occhio alla demografia e uno alla geografia
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