Protesto assegni e tutela del debitore in difficoltà causa Covid-19: la novità
Protesto assegni ed emergenza economica da coronavirus: cosa ha deciso il Governo in questo periodo a tutela dei debitori in crisi per lockdown?
La normativa emergenziale in tema di coronavirus è intervenuta anche con riferimento al protesto assegni. Sono insomma state varate delle regole di garanzia, atte a tutelare chi ha emesso un assegno nel periodo di emergenza coronavirus. La ragione è semplice: il titolo di credito, a causa delle difficoltà economiche del debitore, è spesso non pagato per mancanza di fondi, e per far fronte a tale situazione di emergenza non solo sanitaria, ma anche economica, è stata prediposta una particolare disciplina che comporta differenti conseguenze sul protesto e veri e propri correttivi per supportare le persone in difficoltà con i pagamenti, appunto per cause legate alla crisi economica da Covid-19 e al lockdown. Facciamo allora chiarezza e vediamo cos’è cambiato.
Protesto assegni coronavirus: il contesto di riferimento
Prima di vedere più da vicino che cosa il Governo ha previsto per far fronte al problema del protesto assegni in tempi di coronavirus, ricordiamo che cos’è per legge un protesto. Esso altro non è che l’atto formale con cui il pubblico ufficiale (un notaio, un segretario comunale o un ufficiale giudiziario) attesta il mancato pagamento di una cambiale, vaglia cambiario o di un assegno bancario o postale. Al fine di proteggere tutti coloro che hanno rapporti economici con il soggetto protestato, il protesto è oggetto di pubblicità. Pertanto, per legge abbiamo che tale pubblicità si attua mediate l’iscrizione nel Registro informatico dei protesti (istituito dalla legge n. 480 del 1995), che viene tenuto dalla Camera di Commercio competente per territorio. Infatti il pubblico ufficiale citato deve trasmettere, con cadenza mensile, alla Camera di Commercio, competente per territorio, l’elenco dei protesti verbalizzati: il debitore contro cui il protesto è emesso va comunque identificato con i dati inerenti nome, cognome, domicilio, luogo e data di nascita (se persona fisica) o denominazione e indirizzo (se persona giuridica). Inoltre, nel detto Registro troveremo informazioni sulla natura del titolo (cambiale, vaglia cambiario, assegno ecc.), la data di scadenza, la somma dovuta e il motivo del mancato pagamento. La pubblicità, di per sè, comporta un effetto sanzionatorio non da poco, in quanto impedisce al protestato l’accesso al credito. Inoltre, è opportuno menzionare che in caso di emissione di assegni senza provvista, la legge dispone una sanzione amministrativa pecuniaria oscillante da un minimo di 516 euro ad un massimo di 3.098 euro, che però cresce (da 1.032 a 6.197 euro) se l’importo dell’assegno è superiore a € 10.329 o nell’ipotesi di violazioni reiterate.
Le novità introdotte sul tema a causa del coronavirus
Sull’impianto normativo generale in tema di protesto assegni, è intervenuto – come accennato – il Governo con una serie di misure volte a sospendere i termini di scadenza per la procedura. Una vera e propria boccata d’ossigeno per tutti coloro che, a causa di problemi economici legati alla diffusione dell’epidemia da Covid-19, si sono trovati in difficoltà con i pagamenti.
Infatti, il Decreto Liquidità di aprile – da poco convertito in legge secondo il consueto iter – ha sospeso i termini dal 9 marzo fino al 30 aprile per i titoli presentati all’incasso in tale periodo e risultati mancanti di copertura. In altre parole, in virtù di tale normativa emergenziale, è scattata la sospensione, in via generale, dei termini di scadenza di assegni postali e bancari e cambiali, inclusi nel periodo tra il 9 marzo 2020 ed il 30 aprile 2020. Una tale novità comporta anche il blocco dei termini collegati all’emissione del protesto e, dato che la norma di legge in questione ha efficacia retroattiva, ha effetto anche sugli altri possibili protesti, risalenti a data anteriore alla data di entrata in vigore del citato Decreto Liquidità, che infatti non sono comunicati alle Camere di Commercio oppure sono cancellati se già fatti avere a tali uffici.
Per la Lombardia e le zone rosse istituite in essa, la normativa emergenziale è particolarmente garantistica, dato che vale per un lasso di tempo più ampio: ogni sospensione dei protesti opera infatti a partire dal 22 febbraio 2020. In sintesi, se chi ha emesso un assegno bancario, risultato però impagato tra il 9 marzo ed il 30 aprile nella penisola, non potrà subire protesto in tale periodo, chi vive o compie la sua attività di lavoro in uno dei Comuni inclusi nelle prime zone rosse, potrà contare sul blocco già dal 22 febbraio (e fino al 30 aprile 2020, come in tutti gli altri casi).
Che succede per i beneficiari degli assegni?
Molti si potranno domandare quali sono le conseguenze per coloro che vantano il titolo di credito dell’assegno. Ebbene, i beneficiari degli assegni possono certamente presentarli per il pagamento anche nella citata fase di sospensione, tuttavia essi sono pagati nel giorno di presentazione esclusivamente se sussistono fondi disponibili sul c/c dell’obbligato. Se invece tali fondi non vi sono o non bastano – in virtù della normativa emergenziale – non vale la disciplina ordinaria in tema di protesto e sanzioni collegate. In buona sostanza, ciò comporta che l’istituto di credito non comunicherà neanche il preavviso di revoca all’emissione di titoli; se lo aveva inviato anteriormente, il termine per compiere il pagamento tardivo è posto in sospensione.
Concludendo, oltrepassato tale lasso di tempo in cui vale il blocco del protesto, gli assegni torneranno nuovamente a dover essere pagati, a partire dal mese di maggio. In pratica, tutti i titoli di credito riacquistano la “protestabilità”, in ipotesi di mancanza di fondi o di assenza o revoca di autorizzazione all’emissione degli assegni bancari, effettuata dall’istituto di credito.
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