Appropriazione terreno altrui: cos’è e come funziona. Quali tutele attivare?
Terreno altrui e invasione da parte di chi non ha titolo alcuno per compierla: quali tutele possono essere azionate in sede civile e penale?
Non soltanto le abitazioni possono essere occupate da chi non ha un legittimo titolo: anche tutti coloro che entrano e dunque invadono un terreno altrui, commettono un illecito. Come vedremo tra poco, questo illecito comporta sia conseguenze sul piano civile, sia conseguenze sul piano penale. Ne vogliamo parlare perché il tema dell‘appropriazione del terreno altrui non è ipotesi affatto rara, nella realtà pratica, specialmente di alcune zone di campagna, situate nel meridione d’Italia. Facciamo allora chiarezza e vediamo di preciso che cosa caratterizza l’appropriazione terreno altrui, come si manifesta, quali sono i presupposti e i meccanismi di tutela contro di essa.
Terreno altrui e occupazione: dov’è disciplinato questo illecito?
Anzitutto, come anticipato, l’appropriazione o invasione di terreno altrui è illecito previsto dal Codice Penale, all’art. 633. Infatti, in questa disposizione troviamo che qualsiasi persona invada arbitrariamente terreni o edifici di altri, pubblici o privati, allo scopo di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è sanzionato – ma a querela della persona offesa – con la reclusione fino a due anni o con la multa da 103 euro a 1.032 euro (salvo maggiori pene, e la procedibilità d’ufficio, se l’illecito è compiuto da più di 5 persone o se l’invasore è armato).
Il legislatore ha voluto – ai fini della configurazione di detto reato – che elemento essenziale sia sempre e comunque la volontà di occupare il terreno altrui in modo continuativo: è necessario quindi il cosiddetto “dolo”. Pertanto, chi entra nell’area altrui senza essere consapevole che non è di sua proprietà, non commette alcun reato.
Come accennato all’inizio, l’appropriazione di terreno altrui comporta conseguenze anche sul piano del diritto civile. Al proprietario non basta fare querela per ritornare nel materiale possesso dei luoghi occupati: è necessaria anche l’azione in sede civile. Insomma, per cacciare l’invasore che è entrato indebitamente nel terreno altrui e magari ha iniziato a coltivarlo o su di esso ha eretto un gazebo, è necessario attivare un meccanismo di doppia tutela. Infatti, nel caso in cui il magistrato del tribunale penale dovesse sentenziare la responsabilità penale dell’invasore, non potrebbe tuttavia imporgli anche di rilasciare il terreno altrui. Questo comando può essere invece imposto dal giudice civile, con altra autonoma causa finalizzata allo sgombero ed al riacquisto del possesso. Vediamo allora cosa bisogna fare.
La tutela in sede civile contro l’invasione del terreno: la reintegra del possesso
Ecco che si manifesta l’esigenza, per il titolare del diritto di proprietà sul terreno, di allontanare l’occupante abusivo. Come? Ebbene, attraverso quanto disposto dall’art. 1168 c.c., che disciplina la cosiddetta azione di reintegrazione o di spoglio: “Chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso può, entro l’anno dal sofferto spoglio, chiedere contro l’autore di esso la reintegrazione del possesso medesimo“. Tale tipo di azione in tribunale è anche denominata possessoria perché può essere fatta valere non solo dal proprietario, ma anche da parte di chiunque abbia un altro valido titolo per ottenere tutela (ad es. il conduttore in un contratto d’affitto o l’usufruttuario). Ma attenzione: la legge impone l’esercizio di tale azione entro 12 mesi dal giorno dell’occupazione terreno altrui, o – in ipotesi di invasione avvenuta senza farsi scoprire dal titolare del diritto sull’immobile – dal giorno in cui quest’ultimo è venuto a conoscenza dell’appropriazione.
La sentenza che scaturisce dal tale giudizio civile, nel caso dia ragione al titolare del diritto, costituirà la cosiddetta “reintegra del possesso”. Per ottenere tale favorevole provvedimento, colui che agisce in tribunale dovrà però provare di essere il legittimo possessore del terreno (non è necessario provare anche di essere proprietari e non è necessario attestarne la titolarità). Tale dettaglio tecnico sarà sicuramente fatto valere, a favore del proprio assistito, da parte dell’avvocato. Scattata la citata “reintegra del possesso”, solitamente a seguito di un iter piuttosto veloce, se l’invasore del terreno altrui non adempie spontaneamente all’ordine del giudice civile, sarà possibile attivare il meccanismo dell’esecuzione forzata tramite ufficiale giudiziario ed eventualmente l’uso della forza pubblica se l’occupante mostra resistenze.
Il diverso rimedio dell’azione di rivendicazione
Laddove non ricorrano i presupposti appena visti e non sia dunque possibile attivare la tutela civilistica tramite l’azione di reintegra del possesso, il Codice Civile prevede tuttavia una diversa azione, a garanzia del titolo di proprietà. Stiamo parlando dell’azione di rivendicazione, di cui all’art. 948 c.c. Tale azione può essere fatta valere soltanto dal legittimo proprietario che ha subito l’invasione (a differenza dell’azione vista sopra). Sarà quindi compito del proprio avvocato di fiducia optare per questo tipo di azione, rivendicando così il terreno nei confronti di chiunque lo possieda o detenga senza giustificazione alcuna, ed al fine quindi di riottenere il pieno esercizio del diritto di proprietà. A differenza dell’azione di reintegra del possesso, tale azione non subisce termini di prescrizione e pertanto può essere fatta valere senza limiti di tempo. Ma attenzione, tale azione è efficace soltanto se:
- è dimostrato in corso di causa che il terreno oggetto di rivendica è stato acquistato o donato a colui che agisce;
- è dimostrato che il dante causa (ovvero il precedente titolare) era legittimato a trasferire la proprietà del terreno.
Sarà insomma fondamentale, per ottenere una sentenza favorevole, presentare al magistrato tutti i documenti idonei a dimostrare il diritto di proprietà sul terreno (ad es. un testamento, un contratto ecc.).
Concludendo, ci si potrebbe domandare se l’invasore del terreno altrui ha comunque qualche valido strumento di difesa. Ebbene sì: se è già decorso molto tempo dall’inizio dell’occupazione del terreno altrui, allora l’occupante – magari divenuto nel frattempo coltivatore di quell’area – potrebbe aver acquisito il terreno per usucapione, ovvero per il tramite di un istituto di cui abbiamo già parlato diffusamente qui. Tuttavia, non vale la regola dell’usucapione laddove il possesso sia stato ottenuto tramite un’occupazione avvenuta violentemente o clandestinamente: si potrà parlare di usucapione soltanto dal momento di cessazione della violenza o della clandestinità.
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