In tempi di crisi economica dovuta all’emergenza Covid-19, laddove non arriva (ancora) la legge, interviene la magistratura. Proprio come in tema di contratto di affitto ad uso non abitativo: infatti, recentemente è stato emesso dai giudici un provvedimento che tutela l’inquilino costretto a sospendere l’attività lavorativa in studio o negozio, a causa del lockdown. Vediamo allora più nel dettaglio di che si tratta e come la giurisprudenza è in grado di garantire il privato affittuario, in difficoltà per crisi di liquidità.
Crisi di liquidità: il decreto di tutela dell’affittuario
Come ben sappiamo, alla crisi sanitaria da Covid-19 è seguita quella di natura economica, con molte attività professionali e commerciali costrette alla chiusura e all’azzeramento degli incassi, causa lockdown. Ebbene, in circostanze come queste la crisi di liquidità è una diretta conseguenza per molti inquilini che utilizzano i locali in affitto per la loro attività di lavoro. Non tutti insomma hanno una mole di risparmi tale da far fronte a tutte le spese.
Su questa delicata situazione è però intervenuta la magistratura, emettendo – come sopra anticipato – un provvedimento, nello specifico un decreto del giudice, che di fatto tutela l’affittuario contro le pretese del titolare del diritto di proprietà sull’immobile. E, come abbiamo già avuto modo di notare, non è il solo recente provvedimento di questo tenore.
Il punto insomma è il seguente: il locatore non potrà esigere il pagamento dei canoni di affitto legati ai mesi di lockdown forzato o incassare le cambiali consegnate dall’affittuario negoziante o libero professionista, a garanzia del canone dovuto e inerente i mesi di aprile e maggio 2020, ovvero il periodo di chiusura obbligata delle attività.
Il caso in esame riguardava il gestore di una discoteca, trovatosi in crisi di liquidità non per sua colpa, ma a causa appunto dei provvedimenti di tutela della salute, adottati dall’Esecutivo nei mesi scorsi. Tale gestore, costretto a presentare delle cambiali non potendo saldare i debiti legati al mancato versamento dei canoni di affitto dei locali, si è infatti trovato a dover subire anche le rimostranze del proprietario, fermamente intenzionato ad incassare subito le dette cambiali. Da qui il ricorso in tribunale da parte del gestore-affittuario: il magistrato incaricato ha però riconosciuto immediatamente le ragioni dell’inquilino, imponendo al proprietario – con il citato decreto – di non attivarsi per l’incasso delle cambiali e di non girarle verso terzi. La motivazione da cui dipende la tutela per l’affittuario è molto concreta, ecco infatti le parole usate nel provvedimento: il gestore va protetto dai “gravi effetti pregiudizievoli che potrebbe subire qualora i titoli dati in garanzia vengano posti all’incasso e non pagati per difetto di provvista, quale in particolare la levata del protesto e la segnalazione alla Centrale Rischi, e ricadute di ciò sui rapporti, in specie bancari, in capo alla ricorrente stessa“.
Insomma, si può concludere che una causa di forza maggiore, quale quella collegata all’epidemia di coronavirus e al conseguente lockdown, esclude responsabilità in capo dall’affittuario per i canoni non versati nei mesi di chiusura forzata dell’attività.
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