Chi è Giuseppe Remuzzi e perché “nuovi positivi non sono contagiosi”

Pubblicato il 19 Giugno 2020 alle 15:13
Aggiornato il: 24 Giugno 2020 alle 23:25
Autore: Daniele Sforza

Chi è Giuseppe Remuzzi, il ricercatore che ha detto che i nuovi positivi non sono contagiosi: ecco cos’ha detto precisamente.

Chi è Giuseppe Remuzzi
Chi è Giuseppe Remuzzi e perché “nuovi positivi non sono contagiosi”

Nelle ultime settimane abbiamo sentito molti esperti dire che i numeri del bollettino del giorno sull’andamento del Covid-19 in Italia non servono a nulla, principalmente perché sono dati parziali. Al coro di queste voci si aggiunge ora quella del professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, il quale, intervistato dal Corriere della Sera, ha affermato che i nuovi positivi non sono contagiosi, o meglio, che la positività riscontrata dai dati non presenta ricadute nella vita reale. In ogni caso non bisognerebbe contribuire a diffondere paure ingiustificate e spiegare meglio com’è la situazione attuale oggi e quali siano i veri rischi.

Chi è Giuseppe Remuzzi

Giuseppe Remuzzi nasce a Bergamo il 3 aprile 1949. Si laurea presso l’Università di Pavia nel 1974 in Medicina e Chirurgia, per poi specializzarsi in Ematologia e Nefrologia. L’anno seguente alla laurea inizia a lavorare nel reparto di Nefrologia presso gli Ospedali Riuniti di Bergamo, reparto del quale diventerà primario nel 1999. Inizia quindi la sua collaborazione con l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri negli anni Ottanta e nel giugno del 2018 ne diventa direttore. Cinque anni prima diventa presidente della Società internazionale di Nefrologia. Nella sua carriera ha inoltre collaborato come docente di Nefrologia presso alcune università italiane, inglesi e americane.

Cos’ha detto Giuseppe Remuzzi sui nuovi positivi

In un’intervista rilasciata al Corriere, il professor Remuzzi nega la bontà dell’idea di chiudere la regione Lombardia, dove si registra ancora la maggioranza dei casi giornalieri in tutta Italia. “L’Istituto superiore della Sanità e il governo devono rendersi conto di quanto e come è cambiata la situazione da quel 20 febbraio ormai lontano e devono comunicare di conseguenza”. Altrimenti, ed è quello che sta succedendo, si rischia di diffondere paura ingiustificata. All’Istituto Mario Negri, spiega Remuzzi, si sta per pubblicare uno studio che contestualizza la situazione attuale.

Per farla breve, i tamponi, come si stanno facendo oggi (burocraticamente parlando, soprattutto) vanno contestualizzati. “Il genoma del coronavirus presente sui tamponi, ovvero l’Rna, viene trascritto a Dna e amplificato mediante tecnica Pcr, che aumenta enormemente il materiale genetico di partenza. Più elevato è il contenuto sul tampone di Rna, quindi di virus, meno dovrà essere amplificato”, la spiegazione del professore. La ricerca si è basata su un campione di pazienti sui quali sono stati effettuati i tamponi, riscontrando 40 casi positivi. “Ma la positività di questi tamponi emergeva solo con cicli di amplificazione molto alti, tra 34 e 38 cicli, che corrispondono a 35-38.000 copie di Rna virale”. E stando sotto le 100 mila copie di Rna “non c’è sostanziale rischio di contagio”. In sintesi, quanto appena esposto significa che “sono casi di positività con una carica virale molto bassa, non contagiosa”. Per questo motivo “commentare quei dati che vengono fornito ogni giorno è inutile, perché si tratta di positività che non hanno ricadute nella vita reale”. Lo studio trova poi conferma in un’altra recente ricerca condotta dal Center for Disease Prevention coreano, che ha analizzato 790 contatti diretti di 285 persone positive asintomatiche, non riscontrando nemmeno una positività.

L’attuale sistema basato sui tamponi non è sbagliato, ma “sta andando avanti in modo burocratico con delle regole che non tengono conto di quello che sta emergendo dalla letteratura scientifica”, conclude Remuzzi.

Segui Termometro Politico su Google News

Scrivici a redazione@termometropolitico.it

L'autore: Daniele Sforza

Romano, classe 1985. Dal 2006 scrivo per riviste, per poi orientarmi sulla redazione di testi pubblicitari per siti aziendali. Quindi lavoro come redattore SEO per alcune testate online, specializzandomi in temi quali lavoro, previdenza e attualità.
Tutti gli articoli di Daniele Sforza →