Nel nostro paese esistono sempre buoni motivi per effettuare una denuncia o una querela. Magari per schiamazzi notturni oppure per maltrattamenti o per tanti altri illeciti più o meno gravi, certamente ai tribunali sparsi per la penisola il materiale da analizzare non manca. Qui di seguito vogliamo però soffermarci sulla cosiddetta denuncia per effrazione, vedendo da vicino cos’è, quando ricorre e quali sono i rischi collegati. Facciamo chiarezza.
Effrazione: di che si tratta? dov’è regolata dalla legge?
Quando un privato cittadino può avere a che fare con un’effrazione a suo danno? Ebbene, un’effrazione ricorre in tutti i casi in cui vi sia stata una forzatura di sistemi di chiusura come le portiere delle automobili o le porte di abitazioni, con annesso pregiudizio alla serratura. Sinonimo di effrazione è la parola “scasso”, che costituisce peraltro circostanza aggravante nei reati di furto e di evasione. Giuridicamente, l’effrazione consiste in una condotta violenta su una o più cose. Infatti, fonte di riferimento è l’art. 392 del Codice Penale (“Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose“) che parla esplicitamente di “violenza sulle cose”, laddove un dato bene sia danneggiato, trasformato o ne sia mutata la destinazione.
Ecco allora i distinti casi in cui rileva penalmente la violenza da effrazione, ovvero quando è possibile ed anzi consigliabile fare denuncia:
- esercizio arbitrario delle propria ragioni (ovvero l’art. 392 c.p. appena citato): “Chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo, mediante violenza sulle cose, è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a euro 516“. Questo illecito penale ricorre tipicamente in materia di rapporti tra proprietario di un immobile e affittuario moroso. Il legislatore – disciplinando tale reato – ha voluto tutelare l’istituzione “processo”, ovvero garantendo la necessità d’intervento giurisdizionale, senza lasciare nessuno spazio a forme di autotutela privata violenta;
- furto con scasso: nuovamente nel Codice Penale è citata la “violenza sulle cose” all’art. 625. In tale disposizione l’effrazione o scasso è intesa come circostanza aggravante del reato di furto e comporta quindi la reclusione da due a sei anni per colui il quale si impossessa di beni di altra persona, attraverso violenza sulle cose;
- evasione: anche all’art. 385 Codice Penale l’effrazione è una circostanza aggravante, che comporta la pena della reclusione da due a cinque anni.
Come tutelarsi in queste circostanze?
Non sempre è agevole ottenere tutela, in caso di effrazione. Infatti, la denuncia per tale illecito – alle forze dell’ordine o presso la Procura della Repubblica – laddove non integri uno dei reati visti sopra, non può condurre ad esiti positivi per il soggetto che si ritiene esser stato leso dalla condotta di chi ha esercitato violenza sulle cose. Insomma, trovare la porta di casa o la portiera della macchina danneggiata da effrazione, in mancanza però di furto nell’abitazione o della macchina, non garantisce affatto il riconoscimento delle proprie pretese in tribunale. Piuttosto, è attivabile la denuncia per violazione di domicilio, se davvero qualcuno è entrato in casa (ne abbiamo già parlato qui), indipendentemente dal fatto eventuale del furto di cose.
Concludendo, sarebbe astrattamente possibile fare denuncia per tentato furto o tentata violazione di domicilio. Tuttavia, il soggetto denunciante dovrebbe essere munito della prova che la violenza sulle cose è stata mirata al compimento dei reati citati, e – come intuibile – fornire detta prova è nient’affatto agevole.
Segui Termometro Politico su Google News
Scrivici a redazione@termometropolitico.it