Dal lodo Schifani al lodo Alfano “costituzionale” – 2

Pubblicato il 12 Novembre 2010 alle 17:16 Autore: Francesca Petrini
lodo alfano

[ad]Altri ancora sono le riflessioni che si possono svolgere in merito alle conseguenze che, sul piano costituzionale e della forma di governo, il lodo Alfano bis può comportare. Anzitutto, la paventata esclusione del  Capo dello Stato dal progetto di lodo, chiesta in sostanza dallo stesso Presidente della Repubblica con la lettera di cui sopra, pare rendere palese la finalità della modifica costituzionale proposta. Non uno scudo per le alte cariche dello Stato a garanzia del sereno svolgimento delle funzioni cui esse sono preposte, quanto piuttosto una norma di natura personale che riguarda le specifiche vicende processuali di un singolo esponente politico: l’attuale Presidente del Consiglio. Ciò si rende evidente anche volgendo lo sguardo verso la lunga catena di lodi salva Berlusconi: nel lodo Schifani (primo tentativo di scudo)  si faceva riferimento a cinque più alte cariche dello Stato, nel lodo Alfano (secondo tentativo) si elimina il riferimento al Presidente della Corte costituzionale ed infine, nel lodo Alfano “costituzionalizzato” (terzo tentativo), escono di scena i due Presidenti delle Camere. Dunque, oggi ci si trova di fronte ad uno scudo per due, Capo dello Stato e Presidente del Consiglio: il primo si chiama fuori ed il secondo rimane solo e unico protagonista della legge in questione, vera ragione di tanto lavoro parlamentare da sette anni a questa parte.

 

È inoltre importante rilevare come il lodo Alfano bis possa avere conseguenze politiche poco prevedibili in merito alla forma di governo, se si considera l’eliminazione del riferimento ai ministri nell’applicazione dello scudo per le alte cariche dello stato. Inizialmente, infatti, i ministri erano stati inclusi come soggetti beneficiari dello scudo in virtù, ha sostenuto il relatore Carlo Vizzini, presidente della Commissione Affari costituzionali, dalla stessa sentenza della Corte costituzionale n. 262 del 2009 sul lodo Alfano prima versione. Quella pronuncia bocciava la tesi sostenuta dall’ex avvocato di Berlusconi, l’onorevole Gaetano Pecorella, secondo il quale il Presidente del Consiglio “non sarebbe sullo stesso piano dei ministri” perché la Costituzione e le leggi “gli attribuiscono espressamente rilevantissimi poteri-doveri politici, di cui è il solo responsabile”, come dimostrerebbe anche la legge elettorale vigente là dove “collega – diceva Pecorella – l’apparentamento dei partiti politici a un soggetto che si candida espressamente per esercitare le funzioni di Presidente del Consiglio”. La Consulta ribadiva infatti che, pur con le “significative differenze” esistenti tra Presidente del Consiglio e ministri, nel sistema costituzionale “non è configurabile una preminenzadel primo, chericopre una posizione tradizionalmente definita di primus inter pares”. Quanto alle argomentazioni addotte con riferimento alla legge elettorale dall’onorevole Pecorella, la Corte ha poi osservato che, trattandosi di una legge “di rango ordinario, non è idonea a modificare la posizione costituzionale del Presidente del Consiglio”.

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L'autore: Francesca Petrini

Dottoranda in Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparte, si è laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali ed ha conseguito il titolo di Master di II livello in Istituzioni parlamentari per consulenti d´Assemblea.
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