In questi ultimi tempi, l’argomento cassa integrazione è tra i più dibattuti. A causa dell’epidemia da Covid-19 e del conseguente lockdown, che ha comportato la chiusura di numerosissime attività professionali e commerciali, si è prodotto un danno al tessuto economico italiano, che ancora deve essere quantificato con precisione. Tanti, in questo periodo, sperano nella tutela offerta dall’importo cassa integrazione ed ecco allora che diventa utile capire quanto spetta e con quali modalità sono accreditati i soldi. Facciamo chiarezza.
Importo cassa integrazione: il contesto di riferimento
Ricordiamolo in via generale: le imprese in temporanea crisi o le imprese in cui vi sono processi di riorganizzazione che impongono la riduzione dell’orario di lavoro o la sospensione del lavoro, possono avvalersi dell’importo di cassa integrazione, in modo da riuscire a coprire comunque una parte delle retribuzioni dei propri lavoratori subordinati. In effetti, come accennato, di importo cassa integrazione si discute molto negli ultimi tempi, sia negli ambienti politici, sia tra la gente comune, in considerazione della crisi inflitta sul mercato del lavoro, dall’epidemia da coronavirus. In particolare, il Governo, con il decreto n. 18 del 17 marzo 2020, ha esteso l’accesso alla cassa integrazione in deroga anche alle imprese di ridotte dimensioni, per impedire che il problema sanitario infligga ulteriori danni anche ai lavoratori di piccole realtà locali. In questi ultimi tempi sono state altresì rese più spedite le procedure d’accesso alla cassa integrazione ordinaria.
L’importo cassa integrazione viene versato dall’INPS al lavoratore, a titolo di ammortizzatore sociale e di trattamento di integrazione salariale, ed in costanza del rapporto di lavoro. È chiaro che percepire l’importo cassa integrazione getta delle ombre sul futuro lavorativo dell’avente diritto: si ha certezza sul presente, ma non sul domani. Soprattutto è inevitabile domandarsi quanto spetta e con quale criterio è calcolato tale importo a tutela del proprio reddito.
Tipologie di CIG e fattori chiave per individuarle
L’importo cassa integrazione è variabile, ovvero non è stabilito in modo univoco per tutte le possibili situazioni. Elementi utili nello stabilirne l’esatto l’importo sono infatti la riduzione di ore o l’azzeramento delle ore di lavoro. La cassa integrazione deve inoltre sempre rispettare un tetto massimo mensile, oltre il quale l’importo non può salire. Anzi, la legge italiana prevede differenti tipologie di cassa integrazione e, in base alle caratteristiche della singola azienda, quest’ultima viene inquadrata in uno strumento di cassa integrazione piuttosto che in un altro, in rapporto ai due seguenti essenziali fattori-chiave:
- settore merceologico dell’azienda;
- quantità del personale utilizzato.
Questi due fattori consentono di distinguere le varie tipologie di cassa integrazione in:
- cassa integrazione guadagni ordinaria, tipicamente usata nella grandi realtà industriali;
- cassa integrazione guadagni straordinaria, tipica delle riorganizzazioni aziendali con diminuzione dell’orario di lavoro;
- fondo di integrazione salariale (residuale rispetto ai primi due);
- fondi di solidarietà bilaterali, ovvero una sorta di fondo privato creato ad hoc dalle parti sociali che hanno sottoscritto il CCNL di settore.
È chiaro che ogni impresa deve essere ben informata sulla procedura da seguire e sullo specifico ammortizzatore da sfruttare, in caso di utilizzo dell’importo cassa integrazione: per questa via, potrà agire senza indugio in circostanze emergenziali e capire subito a chi versare l’integrazione salariale. È da rimarcare altresì che l’importo cassa integrazione è finanziato con una aliquota ad hoc di contributi previdenziali, versata per ciascun rapporto di lavoro da parte dell’azienda, con una percentuale a carico di quest’ultima ed una a carico del dipendente.
Quanto spetta di cassa integrazione?
Come accennato, l’impresa può attraversare una fase di crisi molto grave: in tal caso, l’azzeramento ore di lavoro è totale, e l’importo cassa integrazione sarà il solo a garantire un reddito al lavoratore sospeso. In ipotesi di crisi meno grave, si tratterà allora di un mera riduzione dell’orario di lavoro, e l’importo cassa integrazione sarà compensativo e integrativo rispetto alla parte di retribuzione mancante per il minor numero di ore di lavoro svolte. Ma a quanto ammonta l’importo cassa integrazione?
Ebbene, la legge prevede che tale ammortizzatore sociale copra l’80% della retribuzione persa dal lavoratore sospeso o che ha subito la riduzione delle ore di lavoro. Come detto sopra, però, la legge prevede altresì un tetto massimo all’importo mensile dell’ammortizzatore. Questo “massimale” è definito dalla norme che dispongono un meccanismo di rivalutazione ogni 12 mesi dell’importo citato, allo scopo di parametrarlo alle variazioni dei prezzi dei beni di consumo delle famiglie degli operai ed impiegati, secondo le rilevazioni effettuate dall’Istat. L’Inps comunica annualmente l’importo del tetto mensile di cassa integrazione, proprio sulla scorta di tale rivalutazione.
In particolare, ecco i massimali di importo cassa integrazione per il 2020:
- dipendenti con retribuzione mensile inferiore o pari ad euro 2.159,48 (inclusi i ratei delle mensilità aggiuntive): 998,18 euro lordi che, al netto del 5,84%, corrispondono a 939,89 euro;
- dipendenti con retribuzione mensile al di sopra di 2.159,48 euro (inclusi i ratei delle mensilità aggiuntive): 1.199,72 euro lordi che, al netto del 5,84%, corrispondono a 1.129,66 euro.
È chiaro che il citato massimale agisce sulla percentuale dell’80%, sopra citata: pertanto, chi ha uno stipendio alto, avrà una retribuzione mensile al di sotto dell’80% del reddito normale da lavoro.
Chi paga la cassa integrazione?
La legge vigente – ovvero il d. lgs. n. 148 del 2015 sul riordino degli ammortizzatori sociali – ci indica che l’importo cassa integrazione è solitamente versato dall’azienda stessa al lavoratore, alla consueta scadenza del periodo di paga e, in un secondo tempo, conguagliato dal datore di lavoro attraverso i contributi dovuti all’Inps. In queste circostanze, i dipendenti pertanto potranno contare su un’erogazione rapida dell’importo, dato che l’ammortizzatore è anticipato dallo stesso datore, che poi lo recupererà nei confronti dell’Istituto di previdenza sociale.
Esiste però anche la possibilità che l’azienda richieda il pagamento dell’importo cassa integrazione direttamente all’Inps: ma ciò è subordinato alla prova documentale di una grave crisi dell’impresa, sul piano delle risorse in denaro, tale da impedire l’anticipo del trattamento. Pertanto, il datore di lavoro dovrà attivarsi con celerità, facendo avere all’Inps – attraverso il modello sr41 – tutti i dati essenziali per erogare la prestazione ai dipendenti. Concludendo, in ipotesi di CIG in deroga – peraltro molto discussa nelle ultime settimane – la regola impone il pagamento usuale direttamente dall’Inps.
Segui Termometro Politico su Google News
Scrivici a redazione@termometropolitico.it