L’elezione diretta del Presidente della Repubblica di Polonia si sarebbe dovuta tenere il 10 maggio scorso, ma la pandemia di Covid-19 ha aperto una discussione sull’opportunità di rinviarla, come suggerito da vari esperti. La principale candidata dell’opposizione Małgorzata Kidawa-Błońska a fine marzo ha invitato a boicottare le votazioni, mentre la linea governativa è stata quella di mantenere la data ma di svolgere le elezioni unicamente per corrispondenza, modalità contestata anche dagli ex Presidenti Lech Wałęsa, Aleksander Kwaśniewski e Bronisław Komorowski che l’hanno definita incostituzionale, poco trasparente e con operazioni di spoglio comunque pericolose da svolgersi in un periodo così difficile.
Diversamente dall’Italia, che ha avuto un picco di nuovi contagi il 21 marzo, in Polonia sono rimasti stabili da inizio aprile a metà giugno, senza cali significativi e con piccoli picchi consecutivi. Nel frattempo le operazioni per predisporre il voto postale stavano registrando disguidi, sia per quanto riguarda la stampa delle schede elettorali, sia per il recapito. Solamente una settimana prima della data prevista per le elezioni anche Jarosław Kaczyński, presidente del principale partito di governo Prawo i Sprawiedliwość (Diritto e giustizia), ha dato il proprio assenso per posticipare il voto, fissato poi dal Maresciallo del Sejm (Camera) a domenica 28 giugno 2020. L’eventuale secondo turno sarà tra due settimane.
Il ruolo del Presidente della Repubblica di Polonia
Il Presidente della Repubblica in Polonia è il massimo rappresentante della Nazione, garante dell’ordine costituzionale, della continuità della sovranità, della sicurezza, dell’inviolabilità e dell’indipendenza del suo territorio. Per candidarsi deve avere almeno 35 anni e per essere eletto deve raggiungere la maggioranza assoluta dei voti validi, al primo turno o al ballottaggio tra i due candidati più votati; il mandato è quinquennale e può essere rieletto solamente per un’altra volta. Come l’Italia, anche la Polonia è una Repubblica Parlamentare in cui il Governo deve avere la fiducia della Camera (ma non anche del Senat), tuttavia l’elezione diretta del Presidente della Repubblica conferisce a quest’ultimo maggiore importanza sulla scena diplomatica – ratifica e revoca trattati e alleanze internazionali, in quanto rappresentante della Polonia nei suoi rapporti con l’estero – e legislativa, poiché può proporre leggi, anche di rango costituzionale. Congiuntamente al Consiglio dei Ministri che pure dispone di un suo premier, il Presidente della Repubblica esercita il potere esecutivo.
Tutti gli 11 candidati
Duda, il presidente uscente punta sul sostegno economico alle famiglie polacche
Andrzej Duda, giurista, 48 anni, è il Presidente uscente. Formalmente indipendente, è riconducibile al partito di governo di destra sociale Prawo i Sprawiedliwość (PiS) che lo aveva presentato cinque anni fa, ma gode anche dell’appoggio di sigle minori di centrodestra e del sostegno, più o meno implicito, delle gerarchie ecclesiali. Il suo mandato è stato caratterizzato da tensioni con la Corte Costituzionale (2015) e con la Corte Suprema (2017): dapprima il rifiuto di nominare i giudici che erano stati eletti sullo scadere dell’attività legislativa del Sejm precedente, poi i problemi in merito alla pubblicazione della sentenza che dichiarava incostituzionale l’elezione di nuovi giudici costituzionali e infine il veto posto alla sua stessa maggioranza di governo su alcune modifiche del funzionamento della Corte Suprema, tra cui la proposta di riduzione dell’età per il pensionamento di alcuni magistrati in carica. In politica estera ha puntato molto da un lato sull’alleanza europea commerciale e infrastrutturale con i paesi di Visegrad e dei “tre mari” (Adriatico, Baltico, Mar Nero), dall’altro sugli Stati Uniti d’America, vantando una frequenza di incontri quadrimestrali con Donald Trump, e una collaborazione per la fornitura di GPL e una maggiore presenza militare americana in Polonia, riuscendo ad ottenere anche un seggio al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per il biennio 2018-2019.
“Presidente degli affari polacchi” ed “evviva la Polonia!” sono gli slogan della sua campagna elettorale. Tra i vari impegni: innanzitutto per le famiglie, mantenimento dei programmi sociali governativi 500+ e 300+ che garantiscono a tutte le famiglie polacche un corrispettivo fisso mensile per ogni figlio minorenne e/o per ogni studente in età scolare; divieto di insegnamento di “ideologia LGBT” nelle scuole pubbliche e libertà per i genitori di educare privatamente i figli secondo i propri valori (scuole domestiche); introduzione di pensioni basate sull’anzianità lavorativa (40 anni per gli uomini e 35 per le donne, a prescindere dall’età anagrafica); aumento dell’indennità di disoccupazione e una quota per chi ha perso il lavoro durante la pandemia; divieto di privatizzazione dell’assistenza sanitaria e medicine gratuite per gli ultra 75enni; permanenza dell’Unione Europea per rivendicare con forza all’interno di essa gli interessi nazionali (ad esempio introduzione dell’euro solo quando i polacchi avranno lo stesso tenore di vita dei tedeschi, rifiuto di quote obbligatorie di rifugiati ma accoglienza per coloro che esplicitamente desiderano venire in Polonia rispettandone le leggi).
Al primo turno ottenne oltre 5 milioni di voti (34,76%), superando di poco lo sfidante centrista Komorowski, che fu Presidente dal 2010 al 2015; al secondo turno invece venne eletto con 8,6 milioni di consensi (51,6%). In particolare, Duda vinse – come da tradizione per il PiS – nelle regioni sud-orientali, tra i polacchi negli USA, nell’elettorato meno scolarizzato, tra gli uomini, tra i giovani sotto i 30 anni ma anche tra i cinquantenni. Le successive elezioni sono state una conferma per il PiS: 5.711.687 voti alle legislative 2015 (37,58%, che ha consentito di avere la maggioranza assoluta dei seggi), 6.192.780 voti (45,38%) alle ultime europee e 8.051.935 alle ultime legislative 2019 (43,59%, nelle quali però – per via di un’opposizione ricompattata – ha perso la maggioranza assoluta che godeva anche al Senat uninominale). Il consenso per Duda in tutto il quinquennio è rimasto stabile nei sondaggi, mantenendosi tra il 40% e il 43%, eccezion fatta per il periodo in cui avrebbe vinto quasi a “tavolino” al primo turno grazie al boicottaggio elettorale attuato dalla sfidante.
Trzaskowski, il sindaco di Varsavia è il Trudeau della Polonia?
Lo sfidante che gli darà filo da torcere al ballottaggio è il sindaco di Varsavia Rafał Trzaskowski, anch’egli 48 anni, linguista e esperto di relazioni internazionali del partito centrista Platforma Obywatelska (Piattaforma Civica, aderente al Partito Popolare Europeo). Nel 2019 ha partecipato alla riunione del gruppo Bilderberg. Trzaskowski ha il sostegno dei liberali di Nowoczesna, delle femministe di Inicjatywa Polska, degli ecologisti, e di altri raggruppamenti di centrosinistra. Partito a maggio con meno del 20% dei consensi, secondo gli ultimi sondaggi oggi sarebbe a quota 30%, ma al ballottaggio potrebbe risultare persino vincitore tra due settimane.
Trzaskowski ha preso parte al gay pride di Varsavia e ha firmato una dichiarazione a favore delle persone LGBT+ che vorrebbe estendere all’intero paese, introducendo le unioni civili. Il suo programma punta su: pari opportunità lavorative tra uomini e donne; investimenti di sviluppo locale; nomina di un procuratore generale indipendente rispetto al ministro della giustizia; mantenimento del programma 500+; reintroduzione dei rimborsi per la fecondazione assistita e veto su leggi anti-aborto; chiusura di TV Polonia Info, considerato un canale propagandistico. In ambito europeo punta a una strategia più collaborativa, per rivendicare in prima persona gli interessi polacchi (5° potenza europea) al tavolo con i decisori anziché contestarli. Si impegna inoltre a rafforzare il ruolo nella NATO e a mantenere ottimi rapporti con gli USA. Ultimamente è sorta però una polemica sull’età pensionabile: ha dichiarato di non aver voluto l’innalzamento, tuttavia in passato aveva votato contro la proposta di una riduzione. Consapevole che se fosse eletto si troverà di fronte un governo di uno schieramento politico diverso, si impegna a una cooperazione per ricostruire la comunità nazionale nel contesto europeo.
Hołownia, outsider come il presidente ucraino Zelens’kyj?
Poi vi è l’outsider Szymon Hołownia, 43 anni, giornalista anche di trasmissioni televisive cattoliche, ideatore di fondazioni filantropiche e conduttore per un decennio del talent show “Mam Talent!”. Critico del governo PiS, si presenta come indipendente; oggi è stimato tra il 10% e il 12%, circa la metà rispetto al dato che invece avrebbe avuto a maggio. Si prefigge non un programma a breve, ma una visione di lungo periodo: “una generazione, non un mandato elettorale”, ripete spesso. Tra i vari cardini del programma: la modernizzazione della sicurezza nazionale, a partire dalle reti digitali; la tutela dell’ambiente, a partire dalle risorse idriche e dal risparmio energetico nelle illuminazioni pubbliche, con il progressivo abbandono del carbone fino alla neutralità climatica nel 2050; la cura di relazioni sociali solidali, come le reti di volontariato e le persone escluse, che avranno un rappresentante; la partecipazione civica a partire dal rafforzamento delle istituzioni locali, trasformando il Senato in una loro effettiva rappresentanza.
Vuole mantenere il programma 500+, desidera che ciascuno possa andare in pensione quanto vuole, con un importo in base a quanto ha contribuito, e propone un congedo obbligatorio di due mesi per i padri. Sostiene una maggiore separazione tra Stato e Chiesa; ad esempio è favorevole alle unioni civili e alla fecondazione assistita. Ritiene che sia ingenuo basarsi solamente sull’alleanza con gli USA, mentre rivendica una relazione privilegiata con l’Ucraina di Zelens’kyj, presidente con il quale ha svariati tratti in comune, ma soprattutto sul “triangolo di Weimar”: Francia, Germania, Polonia. In questo non sembra poi troppo differente da Trzaskowski, per il quale ha già assicurato l’appoggio in caso di ballottaggio
Bosak, il rampollo della destra euroscettica
Si prevede un risultato attorno al 7% per Krzysztof Bosak, 38 anni, ma già deputato dall’età di 23 per la Lega delle Famiglie Polacche e oggi esponente del Movimento Nazionale oltre che della Konfederacja di cui è co-fondatore, raggruppamento della destra liberista, euroscettica e nazionalista che proprio lo scorso anno aveva ottenuto 11 deputati con poco meno del 7% dei consensi, mentre alle europee non era riuscita a sfondare il quorum. Il piano di Bosak prevede un drastico taglio delle tasse – sino all’eliminazione dell’imposta sul reddito – per liberare le risorse economiche private da investire soprattutto nel post-pandemia; in ambito ambientale, la lotta contro l’inaridimento del suolo. Si oppone all’aborto e alle attività LGBT; è favorevole alla pena di morte, alla liberalizzazione delle armi da fuoco e alla riduzione dell’immigrazione dai paesi extra-UE. Istituzionalmente sostiene il rafforzamento della figura del Premier; invece per quanto riguarda il Presidente della Repubblica vuole estendere il mandato presidenziale a 7 anni ma vietando la rielezione per evitare presidenze demagogiche.
Kosiniak-Kamysz, candidato ruralista
Władysław Kosiniak-Kamysz, leader 38enne del ruralista PSL che aderisce al Partito Popolare Europeo, è stimato al 5%, con l’appoggio pure dei regionalisti slesiani e dell’Unione dei Democratici Europei. Nel suo caso sanare le divisioni si tradurrebbe in una cancelleria presidenziale con esponenti di tutti i partiti. Chiede: una politica estera più responsabile ed europeista; l’esenzione dell’IVA per prodotti sani e per gli investimenti delle amministrazioni locali; il blocco dell’accordo UE con il Mercosur latinoamericano; l’implementazione del programma 500+ anche per gli adulti non autosufficienti; attenzione al volontariato e alle ONG che operano nei territori locali; previdenza sociale volontaria.
Biedroń, attivista gay del centrosinistra
Con consensi dimezzati rispetto ai sondaggi dello scorso inverno, oggi al 4% dovrebbe trovarsi Robert Biedroń, fondatore di Wiosna (Primavera) che alle scorse politiche aveva corso nella lista Lewica Razem, nell’Alleanza della Sinistra Democratica che ha ottenuto il 12,6%. Biedroń è stato sindaco di Słupsk e per un decennio presidente della campagna contro l’omofobia. 44 anni, ateo, gay dichiarato, egli propone: una spesa per la sanità al 7,2% (contro il 7% di Hołownia e il 6% di Trzaskowski); aumento delle pensioni minime; un tetto massimo alle medicine e agli affitti, con un programma di costruzione di un milione di alloggi pubblici; visite specialistiche entro un mese; riforma della magistratura per renderla indipendente dalla politica; sostituzione dell’ora di religione a scuola con educazione sessuale; tassazione dei beni ecclesiastici; matrimoni gay e veto sulle leggi che danneggiano l’ambiente.
Potrebbero non raggiungere l’1% – ma il loro sostegno sarebbe decisivo in un eventuale ballottaggio – altri cinque candidati.
Tanajno, libertario per la democrazia diretta
Paweł Tanajno, 44 anni, portavoce di Democrazia Diretta, fu già candidato nel 2015 quando ottenne 29.785 voti, pari allo 0,2%. Si offre comunque come “nuovo presidente”: una figura indipendente per porre fine alle controversie partitiche. Liberista e libertario, invoca la democrazia diretta come strumento per esercitare le libertà democratiche – anche su temi controversi come l’aborto – che il Presidente dovrà tutelare da indebite restrizioni, così come dovrà impegnarsi nel sostegno all’imprenditorialità riducendo le tasse e attribuendo ai lavoratori l’intera busta paga lorda. La mancata riscossione di queste imposte e l’abolizione dei programmi sociali – inutili, a suo dire, se si offre il 30% in più direttamente nello stipendio – verrebbero fronteggiate con un taglio della spesa per l’occupazione nelle amministrazioni pubbliche. è
Witkowski, sindacalista che si ispira a Bernie Sanders
Ammesso in extremis alla competizione elettorale, Waldemar Witkowski è il sindacalista 66enne che non si vergogna di aver iniziato la sua carriera politica ai tempi della Repubblica Popolare, mentre un ventennio fa si separò, con la sua Unione del Lavoro, dai socialdemocratici che avevano avviato svariate privatizzazioni. Presdente di una cooperativa immobiliare e con un patrimonio milionario – tra l’altro sostiene che i funzionari pubblici, se ben pagati, siano meno corruttibili – già era stato vicegovernatore della regione della Grande Polonia, che ha come capoluogo Varsavia. Tre i princìpi di Witkowski, che vuole essere il “Bernie Sanders” polacco: l’uomo è più importante del capitale; l’ambiente è più importante degli affari; l’Unione Europea è più importante per la Polonia rispetto ai paesi d’oltremare.
Per concretizzare tutto ciò promette: riduzione dell’orario di lavoro a 7 ore giornaliere e a 35 settimanali, parità salariale tra uomo e donna, detassazione delle pensioni e dei redditi dei giovani, trasporti elettrici, Tobin tax sui movimenti di capitale, riduzione dei limiti di velocità a 30 km/h nei centri abitati, fine del carbone per uso domestico, apertura agli immigrati, divieto per i medici di lavorare contestualmente nel pubblico e nel privato. Fautore anche delle adozioni per le coppie omosessuali e di una laicità più marcata, come nella tradizione del suo partito, promette comunque che non svenderà le tematiche sociali in cambio dei diritti civili, come invece farebbe continuamente il centrosinistra liberale. Nel dibattito televisivo sulla TV nazionale è stato apprezzato per i toni pacati – che a qualcuno ricordano quelli di Mattarella – pur nell’esprimere posizioni marcatamente di sinistra.
Żółtek, liberista anti-euro
Vi è poi Stanisław Żółtek, 64 anni, appoggiato dal Congresso della Nuova Destra e da PolExit, progetto che ha fondato affinché la Polonia lasci l’Unione Europea. Imparzialità dello stato di diritto – con divieto di leggi retroattive, onere della prova al pubblico ministero, limiti individuali solamente se si danneggiano gli altri – oltre alla non interferenza dello Stato nel mercato e restituendo i diritti sovrani alla nazione, ma con processi legislativi più snelli e maggiori poteri ai comuni abolendo i “powiat”, analoghi alle “province”. Sostiene un sistema presidenziale, nel quale però i 6 ministri non abbiano iniziativa legislativa, che spetterebbe al solo parlamento, eletto senza soglie di sbarramento. Tra le proposte radicali, l’abolizione delle tasse sui redditi, sulle successioni e sulle donazioni, l’introduzione della pena di morte per omicidio premeditato e la punibilità dell’aborto a meno che non sia a rischio la salute della madre.
Jakubiak, il birraio nazionalista
Marek Jakubiak, 61 anni, è l’imprenditore birraio dal caratteristico baffo che si candida con la Federazione per la Repubblica, partito (già alleato con la Konfederacja euroscettica) che si ispira allo statista nazionalista Roman Dmowski – anti-federalista, anti-britannico e anti-tedesco – tra i padri dell’indipendenza della Polonia dopo la Prima Guerra Mondiale. Al cuore del programma di Jakubiak vi è «la Patria per cui vogliamo vivere e lavorare». Anch’egli è per un sistema presidenziale in cui il Presidente sia anche ministro degli esteri e della difesa e per una riduzione significativa delle tasse. Vuole una legge elettorale uninominale con due preferenze di voto da svolgersi online. È il candidato che esprime posizioni più centraliste dal punto di vista dell’organizzazione statale.
Piotrowski, conservatore per la tutela della vita e delle risorse pubbliche
Infine il professore Mirosław Piotrowski, storico contemporaneista di 54 anni, già tre volte eurodeputato prima tra gli euroscettici e poi tra i conservatori, con un legame travagliato con il PiS con cui era stato eletto. Questa volta, non più sostenuto personalmente dal direttore di Radio Maryja, si presenta con il proprio Movimento Vera Europa. Tutela della vita dal concepimento alla morte naturale, contrarietà all’adozione dell’euro, espansione del programma 500+, vaccinazioni non obbligatorie per il coronavirus, protezione delle foreste e di altri beni nazionali dalla privatizzazione e riduzione delle tasse sono le principali idee sostenute da Piotrowski. Le sue critiche verso Duda riguardano il atteggiamento “camaleontico” del presidente uscente, che direbbe una cosa alle testate cattoliche e un’altra a quelle liberali (ad esempio che non si opporrebbe all’introduzione di unioni civili omosessuali).
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