Dati AGCom aprile 2012

Pubblicato il 18 Maggio 2012 alle 12:20 Autore: Matteo Patané
agcom

[ad]Diventa quindi obbligatorio parlare di complotto, di attacco frontale, di premeditazione finalizzata la distruzione del partito di Umberto Bossi?
In realtà la tesi non appare probabile, non tanto per l’effetto ottenuto – analizzando i dati televisivi avendo in mano i risultati delle amministrative di maggio permette di comprendere quanto la Lega Nord abbia patito dal caso Belsito – quanto per l’eterogeneità degli attori coinvolti: diventa arduo pensare ad un sodalizio non già tra i politici, ma tra giornalisti, editori, conduttori di destra e di sinistra con lo scopo di affossare la Lega Nord.
Vi è in effetti una spiegazione molto più sempice per il comportamento effettivamente abnorme delle emittenti televisive: una regola basilare dell’antropologia politica consiste nella riduzione di una formazione, con tutte le sue contraddizioni e le sue complessità, ai suoi tratti caratteristici fondamentali, a quegli elementi salienti in grado di contraddistinguerla dalle altre e renderla in qualche modo unica nel panorama politico di riferimento. Una rottura rispetto a questi elementi fondamentali costituisce quindi necessariamente un evento di grande portata, una sorta di tradimento molto più grave di eventi magari più rilevanti ma relativi a temi meno significativi nella caratterizzazione del partito.
L’accusa di favoreggiamento verso un’organizzazione criminale da parte di un esponente del PdL ha meno rilievo tanto mediatico quanto di scalpore nell’immaginario collettivo, proprio perché il tema della legalità non è e non è mai stato il tratto distintivo di questa formazione. Lo stesso, anche se non al medesimo livello, può essere detto per il PD: i temi distintivi della formazione di Bersani sono l’economia ed il lavoro, mentre la giustizia è un aspetto, per quanto importante, di minor rilievo nel DNA del partito.
La Lega Nord, invece, è nata espressamente come reazione alla casta di “Roma Ladrona”, come il partito dei cappi sventolati in parlamento, del “Berlusconi mafioso” e del mito dell’onesto uomo del Nord Italia alla riscossa contro uno Stato centrale corrotto e ladro. Ciò che oltre un decennio di governo non è riuscito a fare, malgrado alleanze e spartizioni di potere del tutto analoghe a quelle delle altre formazioni politiche, è accaduto invece con l’inchiesta su Belsito: la Lega si è ritrovata un partito spezzato, privo della propria forza motrice originaria, di quel tratto distintivo che in qualche modo ne giustificava l’esistenza.

Ciò su cui i media si sono catapultati non è quindi l’affaire sulla gestione allegra dei fondi della Lega Nord, ma è al contrario la fine di un partito – o almeno di un suo modo di esistere – così come lo avevamo conosciuto ormai dal lontano 1989.

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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