Quelle divisioni sul 150° dell’Unità d’Italia
Le polemiche contingenti della politica in occasione di una ricorrenza molto significativa
Il prossimo 17 marzo sarà festa nazionale, per celebrare i 150 anni dell’unità d’Italia. Lo ha deciso il Governo (con il voto contrario dei Ministri della Lega Nord), senza che ciò producesse conseguenze politiche nella maggioranza, ovvero senza alcuna crisi o tensione interna e senza che l’agenda politica del Governo ne risentisse in alcun modo: al primo posto resta la riforma della giustizia (che si annuncia “epocale”, sic). Sull’identità nazionale, invece, è possibile dissentire e contrattare: pertanto largo spazio è stato lasciato alla Lega per esprimere quel sentimento “padano” che, contrastante con lo spirito dell’unità d’Italia, forse in un certo senso può invece bene rappresentare il paese dei 1000 piccoli comuni, storicamente terra di localismi, particolarismi e fazioni.
[ad]Se così si è conclusa l’annosa lite tra opposte parti sull’opportunità o meno di “non lavorare e non produrre” nel giorno dell’anniversario dell’unità d’Italia, si possono ancora avanzare due curiose osservazioni di “dettaglio” su queste vicende. Anzitutto si noti che, per non scontentare nessuno (o quasi), e comunwue in ossequio alla paura ballerina dei “maggiori oneri a carico dello Stato”, nel decidere che il 17 marzo sarà festivo il Governo ha anche stabilito che il 4 novembre – festività ufficialmente introdotta da pochi anni, a ricordare la fine della Prima Guerra Mondiale che causò 600.000 vittime all’Italia – verrà considerato giorno lavorativo ordinario, cosicché gli effetti economici e gli istituti giuridici e contrattuali che si sarebbero dovuti applicare a tale festività soppressa per quest’anno “migrano” sul 17 marzo. In parole povere: la macchina economica prende da una parte e lascia dall’altra, e la bilancia resta in pareggio.
Inoltre, se è vero che la Lega, senza smentirsi, ha votato contro la legge per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, il ritiro di 200 emendamenti e 40 ordini del giorno da parte sua non è stato certo un atto ispirato da sentimento nazionale. Al contrario, forse perché logica contrattuale di mercato vuole che non si faccia niente per niente (e se a te sta la riforma della giustizia, a me sta quella federalista) al Consiglio regionale lombardo il Carroccio si è visto approvare l’emendamento, presentato dal relatore Gianluca Rinaldin (Pdl), che prevede la creazione di un comitato di 9 membri con il compito di istituire, entro 120 giorni dal 1° marzo, la festa e la bandiera della Regione Lombardia; Regione che a quel punto, secondo il presidente del Consiglio regionale lombardo, Davide Boni (Lega Nord), diverrà pioniera nell’adempimento del dettato statutario. “Probabilmente – ha spiegato il capogruppo leghista Stefano Galli – la festa sarà il 29 maggio, giorno della battaglia di Legnano, dunque la festa del Carroccio che per noi è una data importante” e in quella ricorrenza, quando verrà istituita, sarà «festa regionale e dunque non si lavorerà». In sostanza, se il 17 marzo la Lega dichiara che sarà nei suoi uffici in Consiglio Regionale, i lavoratori lombardi in quella data festeggeranno la prima parte di una “ricca e produttiva” primavera che, probabilmente, li vedrà impegnati anche il prossimo 29 maggio.
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