Germania, il voto scaccia l’austerity. O forse no
Che non godesse di simpatie radicatissime dalle parti del Nordreno-Westfalia era immaginabile, tuttavia succede alcune volte di pronosticare una sconfitta che nei fatti si rivela doppiamente pesante. Solita storia: i numeri. La Cdu di Merkel e soci scende dal trentaquattro percento a circa il ventisei mentre le previsioni la davano al trenta. A farne le spese il capolista Röttgen, ministro federale dell’ambiente e sodale da tempo del cancelliere. Per altro la zona è di quelle delicate quindi da tenere in grande considerazione. Land più popoloso della Repubblica Federale nonché motore industriale nazionale (altissimo il contributo che la Ruhr dà al paese in termini di prodotto interno lordo), mica puoi bypassare la voce di posti come Colonia, Dortmund e Düsseldorf e relative acciaierie.
[ad]Un messaggio indiscutibilmente chiaro: esce vincitrice la Spd tramite la consacrazione della popolare governatrice Hannelore Kraft e si confermano i verdi. Bene i liberali – e questa è una notizia – mentre scende la Linke salutando il Landtag, che sarebbe il parlamento dello stato. Aula nella quale viceversa entrano i Piraten i quali continuano la loro marcia su buona parte della Germania.
Procedendo a colpi di percentuali, i socialdemocratici guadagnano quattro punti -non una infinità- però dieci ne perde la principale controparte di centrodestra. A completare l’opera il suddetto calo della sinistra-sinistra che permette una maggioranza assoluta alla Spd e relativa libertà di azione.
Fonte: Süddeutsche Zeitung.*
Scontato come da ieri si sovrappongano le voci di una Kraft già pronta da impacchettare e spedire a Berlino per sfidare la Merkel dalle ossa rotte. Idea affascinante sebbene forse un po’ prematura poiché la signora in primis dichiara di volersi fare per intero il giro di cinque anni ai vertici del Land e la concorrenza interna alla Spd non è sbaragliata anche se nei sondaggi parrebbero mangiati i principali avversari (su tutti l’ex ministro delle finanze Steinbrück, il capogruppo Spd al Bundestag già sconfitto dalla Merkel nel 2009 Steinmeier o il presidente del partito Gabriel).
Eppure la domanda principale che sottende il fiume di numeri, proiezioni e dati definitivi rimane la seguente: si tratta di bocciatura per le politiche di rigore imposte dalla Merkel negli ultimi tempi come risposta tedesca al momentaccio economico generale? Poiché contestualizzando, escluse rare eccezioni, sono ormai svariate le tornate elettorali nelle quali non va benissimo al maggiore partito di governo e alleati. Risposta quantomai interlocutoria visto che vengono a sommarsi voci sensate provenienti da più punti di vista e tutte possono suonare credibili.
Secco NO alla «politica del risparmio ad ogni costo» (Peter Schneider et al.) ma è altresì vero che il Nordreno-Westfalia è da sempre zona di marcate simpatie progressiste. Un bel numero di aree in Germania dove la Merkel è stata più o meno affondata ma è altresì vero che tanti sostengono come pure con la Spd al potere non sarebbero stravolte le politiche economiche locali. In ogni caso temi a scadenza troppo lunga perché non siano soggetti a cambiamenti. Specie in tempi travagliati come gli attuali. Dunque restando al breve, bocciatura o meno del celebre rigore, nel giro di un giorno Angela Merkel incontrerà il neo-eletto presidente francese Hollande.
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[ad]E almeno questa settimana sarà più flessibile sulle proprie posizioni, giusto per sondare gli animi? Una funzionale scaletta/vaticinio la fornisce Ricci su Repubblica di ieri: «[nonostante il voto] Berlino non accetterà di rimettere in discussione il patto fiscale siglato solo due mesi fa. Non accetterà di rivedere il mandato della Bce consentendole di intervenire a finanziare direttamente il debito dei paesi dell’euro. Non accetterà gli eurobond e la conseguente partecipazione della intera Europa al debito dei singoli paesi.» Non accetterà di aumentare la dotazione del fondo salva-stati e «probabilmente non accetterà neanche che si allenti la pressione su Atene e sui partiti greci chiamati ad onorare gli impegni di Bruxelles.» Il perché lo ribadisce la stessa Merkel in una intervista del tardo pomeriggio: si è trattato di un voto regionale – anche se il Land tedesco è una struttura politico-amministrativa non confrontabile con una regione italiana- e «la gente ha capito che non si trattava di me.» Per questo, pur ammettendo la sconfitta, possono non cambiare le linee più marcate e caratterizzanti del governo, nonostante già stiano suonando campane a morto per l’austerity su colonne di vari media.
Inoltre ok. Se «la gente» capisce tant mieux e «la gente» conta eccome. Tuttavia imprescindibile rimane la posizione della classe dirigente centrale e quella è ben più sfuggente e meno leggibile attraverso i voti nei Länder.
In sostanza: è inevitabile pensare che il «nuovo vento d’Europa» – per citare una espressione abbastanza abusata in questi giorni – forse adesso soffia con maggiore decisione anche sulla nazione più resistente ai guai. Però restano numerosi interrogativi. Unico aspetto sicuro e magari consolante, qualsiasi sviluppo o inversione di rotta tedesco non tarderà a farsi indubitabilmente chiaro in qualsiasi angolo di Europa. Sono i tempi ad imporre di non perdere tempo, e la nostra è signora piuttosto pragmatica.
di Gabriele Merlini