Denuncia o querela per intimidazione: differenza e quale va fatta
Intimidazione come minaccia: quando rileva penalmente? quali pene sono previste per l’autore del reato? bisogna fare querela o denuncia? Ecco cosa ricordare
L’intimidazione è un concetto tipico del diritto penale. Minacciare qualcuno, prospettandogli in futuro un danno nei suoi confronti o verso i suoi cari, è rilevante per la legge e può condurre a guai con la giustizia. Non basta però un mero litigio, ad esempio durante una discussione tra amici o conoscenti, oppure con un altro condomino durante lo svolgimento di un’assemblea condominiale, oppure ancora con un automobilista, a seguito di un incidente stradale. Affinché sussista un’intimidazione punibile con una sanzione penale, è necessario un quadro ben definito, che andremo ad esporre. Inoltre, in caso di intimidazione, ci si può tutelare con una denuncia o con una querela? Facciamo chiarezza.
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Intimidazione: cos’è e quando rileva per le norme penali
Ciò di cui stiamo trattando non sempre è di facile individuazione, ovvero talvolta il confine tra un semplice diverbio ed un comportamento penalmente rilevante non è così ben chiaro. In sè, il reato di intimidazione comporta la minaccia di un danno ingiusto, ovvero un pericolo per l’incolumità personale. L’intimidazione è insomma potenzialmente capace di produrre uno stato di tensione, angoscia o timore nella vittima della minaccia, tanto che i comportamenti successivi di quest’ultima potrebbero essere condizionati da tale minaccia: è usuale allora, in queste circostanze, parlare di coercizione ovvero di imposizione operata sulla volontà altrui. Ma attenzione: una lite a voce alta e con imprecazioni non è sempre foriera di intimidazione verso qualcuno: a volte la linea è infatti sottile e solo un magistrato è la figura idonea a ricostruire con precisione la vicenda, accertando eventuali responsabilità penali. Insomma, la ricostruzione dei fatti di causa è essenziale per capire se davvero una persona è stata minacciata con gesti e/o parole aventi rilievo penale. Ma, ad esempio, se una persona, durante una lite, minaccia l’altra di rivolgersi al tribunale, ciò non può costituire un caso di reato di intimidazione. È piuttosto la minaccia prospettata di un danno ingiusto, arrecato attraverso l’uso della forza o di altro comportamento prevaricatore, a costituire reato.
Insomma l’intimidazione rileva per il diritto penale, se può essere ricondotta al testo di cui all’art. 612 c.p., intitolato appunto “Minaccia” che, al primo comma, dispone che: “Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 1.032 euro“. Inoltre vi si trova indicato che se la minaccia è grave la pena si applica la sanzione della reclusione in carcere fino a un anno e si procede d’ufficio.
L’intimidazione costituisce minaccia se ha dunque luogo la prospettazione di un danno ingiusto: tale danno è quindi un requisito essenziale per potersi efficacemente attivare con una querela. Ma cos’è di preciso il “danno ingiusto“? Ebbene, altro non è che quel tipo di danno che il soggetto minacciato non meriterebbe, come conseguenza del suo comportamento. Ovvero si tratta di un pregiudizio sproporzionato ed ingiustificato rispetto ai fatti. Ad esempio, minacciare di aggredire fisicamente l’automobilista che ha provocato un incidente stradale, magari di lieve entità, è certamente un’intimidazione penalmente rilevante. Anche un ricatto, da parte del capo nei confronti dei dipendenti sul luogo di lavoro, può certamente costituire prospettazione di un danno ingiusto, non a livello fisico, ma sul piano del rapporto contrattuale tra azienda e dipendente/i.
Si fa denuncia o querela? Il fondamento necessario della fattibilità
Abbiamo già parlato nel dettaglio delle differenza tra denuncia e querela, qui però vogliamo ricordare che la denuncia può essere presentata da qualsiasi persona sia a conoscenza di fatti che possono avere rilievo penale, mentre la querela può essere fatta valere solo dalla persona offesa dal reato; inoltre, la querela deve includere la manifestazione di volontà affinché sia sanzionato il responsabile. Avevamo anche fatto notare che la denuncia è quindi più grave della querela, attenendo a reati che destano allarme sociale. In queste circostanze però, nei confronti di un’intimidazione e quindi di una minaccia, si deve fare denuncia o querela? Ebbene, proprio quest’ultima è la risposta corretta, proprio come ricorda l’art. 612 c.p. sopra richiamato (parla infatti di “querela della persona offesa“).
Ma quando di fatto ha senso fare una querela per intimidazione/minaccia? ovvero quando si può sensatamente pensare che la querela possa costituire una efficace tutela contro il reo? Abbiamo indicato che il danno prospettato dev’essere ingiusto ma – come ci ricorda anche la giurisprudenza – il danno in oggetto deve essere anche ragionevolmente realizzabile. In altre parole, la minaccia deve produrre uno stato di fondato timore nella vittima, per quanto potrà succedere a seguito di tale minaccia. Pertanto, se la persona che riceve un’intimidazione è consapevole che quanto minacciato non potrà mai verificarsi nella realtà, perché non fattibile, non siamo di fronte ad un’intimidazione per cui ha senso fare querela. Ad es. minacciare un danno su gioielli che non si posseggono, o di distruggere un motorino mai avuto, è certamente una intimidazione non punibile.
Quando la minaccia è da considerarsi grave?
La legge non conosce soltanto la minaccia / intimidazione semplice, contro la quale ci si può tutelare con la querela. Come visto sopra, l’art. 612 c.p. contempla anche la minaccia grave, per la quale vale la procedibilità d’ufficio, senza quindi necessità di querela: la sanzione in questo caso non è la multa, ma la reclusione. Esempio classico della minaccia grave con pena del carcere è la minaccia di morte, che però necessita di querela; inoltre, laddove l’intimidazione sia attuata con alcune particolari modalità come, ad esempio, l’utilizzo di armi o gli scritti anonimi, sarà possibile non la querela, ma la denuncia alle autorità (forze dell’ordine o Procura della Repubblica), ovvero da parte di chiunque e senza alcun limite di tempo rispetto alla data del fatto di intimidazione: insomma in quest’ultimo caso si può parlare di procedibilità d’ufficio.
Concludendo, per completezza rimarchiamo che la querela per intimidazione/minaccia (anche di morte) può essere effettuata, invece, entro soli tre mesi dalla data nella quale la vittima ne ha avuto conoscenza: dopo non sarà più possibile ricevere tutela penale.
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