Danno biologico: cos’è, quando si può risarcire e cosa significa
Danno biologico: di che si tratta e come non confonderlo con altri tipi di danno non patrimoniale. Come si può calcolare e risarcire?
Frequentemente nei processi in tribunale, si discute di danno biologico ed altrettanto frequentemente tale espressione compare negli articoli giornalistici, senza però dare – contestualmente – qualche essenziale chiarimento in merito al suo significato. Cos’è in concreto il danno biologico? come può essere quantificato? quando è risarcibile? È utile avere un quadro delle risposte a tali quesiti perché a chiunque potrebbe capitare, nel corso della propria esistenza, di imbattersi in fatti illeciti produttivi di danno biologico, conseguenti responsabilità ed obblighi di risarcimento. Facciamo chiarezza.
Danno biologico: di che si tratta? come distinguerlo
È essenziale comprendere che il danno biologico è rappresentato da pregiudizi arrecati ad una persona, ma non aventi natura patrimoniale. Si tratta insomma dei danni che incidono piuttosto sulla sfera psico-fisica del soggetto leso, e non invece sui suoi averi: questi pregiudizi sono prodotti dal fatto illecito altrui, doloso o colposo. È chiaro che il soggetto che sia leso nella propria integrità fisica o psichica, potrebbe avere diritto al risarcimento danni, a condizione della prova del nesso di causalità, ovvero il collegamento tra fatto illecito e danno patito. In questo senso, l’art. 2059 Codice Civile dispone infatti che: “Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge“.
Il danno biologico può causare conseguenze permanenti nel corso del tempo, ma anche può essere rappresentato da lesioni dalle quali è possibile guarire. In merito, altresì essenziale è quanto previsto all’art. 32 della Costituzione, che sancisce quanto segue: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti“.
Dobbiamo chiarire: nella nozione generale di danno non patrimoniale, non rientra esclusivamente il concetto di danno biologico, da intendersi come pregiudizio psico-fisico, idoneo ad un accertamento medico-legale e che produce effetti sulla vita ed attività quotidiane e sul tessuto di rapporti interpersonali, ma privo di riferimenti al reddito della persona lesa. Infatti, abbiamo anche due diverse ed ulteriori accezioni di danno non patrimoniale, che ricordiamo in sintesi, al fine di non fare confusione tra i vari concetti:
- danno morale, rappresentato dal turbamento momentaneo dello stato d’animo del soggetto leso;
- danno esistenziale, rappresentato dal pregiudizio nei confronti di diritti tutelati in Costituzione, tale da poter compromettere la possibilità di compiere attività mirate alla realizzazione dell’uomo.
Non trattandosi di un danno di tipo economico, sono piuttosto evidenti le difficoltà di liquidare il danno biologico, che è affidato infatti alla valutazione equitativa del giudice (art. 2056 e 1226 c.c.).
Sia i danni patrimoniali, sia i danni non patrimoniali (come appunto il danno biologico), sono prodotti da un fatto illecito, ovvero che viola le norme di legge. Spetta al danneggiato, ovvero a colui che afferma di aver subito una lesione di un proprio diritto, dimostrare quanto successo a suo danno: in altre parole, spetta a lui rispettare il principio dell’onere della prova, fornendo al magistrato, in corso di causa, tutte le prove idonee a provare il nesso di causalità tra fatto illecito e danno patito.
Come viene quantificato tale danno? le tabelle milanesi
Il danno biologico, come detto, è un danno non patrimoniale: tuttavia, anch’esso va in qualche modo quantificato in via indiretta dal lato economico, ovvero va “monetizzato”, per riconoscere un risarcimento al danneggiato. Come? Ebbene, per far fronte alle difficoltà di valutazione, intrinseche al danno biologico (appunto non economico), il legislatore ha stabilito che questo danno va risarcito e liquidato sulla base di tabelle ad hoc. In altre parole, è necessario fare riferimento agli articoli 138 e 139 del d. lgs. n. 209 del 2005 e modifiche (vale a dire il Codice delle Assicurazioni private), in merito al danno biologico che scaturisce da incidenti prodotti dalla circolazione di veicoli e natanti, in caso di invalidità permanenti inferiori o uguali al 9%. In tutte le altre circostanze, sono stati i vari Tribunali, sparsi per la penisola, ad aver compilato delle “tabelle di orientamento”: oggigiorno, tuttavia, su spinta anche e soprattutto della Corte di Cassazione, sono le tabelle milanesi il vero e proprio punto di riferimento – in tutti i tribunali della penisola – in materia di liquidazione e quantificazione del risarcimento danno biologico.
Anzi proprio la Suprema Corte ha affermato che laddove siano carenti i criteri preposti dalla legge vigente, debbano essere proprio le tabelle milanesi a costituire, in via residuale, la “bussola” per orientarsi in tema di danno biologico. Per questa via, è così stato indicato un sistema unitario di calcolo equitativo di questo danno. Pertanto, è tutelata la certezza del diritto ed è possibile evitare che danni biologici “identici” possano essere calcolati e liquidati in modo differente, perché quantificati da giudici distinti.
Quando si può risarcire tale danno?
È chiaro che esclusivamente con il contributo di un avvocato preparato (che potrà ricostruire il cosiddetto “nesso di causalità” evento-danno) sarà possibile denunciare con efficacia ed ottenere tutela giudiziaria per il danno biologico sofferto, che – lo rimarchiamo – trova potenziale applicazione in innumerevoli ipotesi concrete (ad esempio in materia di incidenti stradali), valutate dal giudice anche con il supporto del medico legale.
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Come detto sopra, il danno biologico non necessita di una invalidità definitiva, permanente e totale, per essere alla base di un risarcimento. Infatti, è possibile il risarcimento anche laddove ricorra una invalidità parziale o comunque limitata a un periodo di tempo esiguo. L’invalidita in questione viene espressa in percentuali: sarà quindi compito del danneggiato, e del suo avvocato, provare il citato nesso di causalità evento illecito-danno, facendo eseguire una perizia che, collegandosi alle suddette tabelle milanesi, possa in qualche modo calcolare la percentuale di invalidità sofferta e, conseguentemente, la misura del risarcimento.
Concludendo, anche il magistrato dovrà certamente ordinare una perizia, eseguita però da un distinto soggetto, il cosiddetto consulente tecnico d’ufficio: anch’esso svolgerà un esame medico-legale per accertare eventuali profili risarcitori ed il suo contributo, come ovvio, avrà un peso nella sentenza del giudice.
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