Fin dall’alba dei tempi l’essere umano ha modificato il proprio aspetto per rientrare all’interno di canoni estetici imposti dalla propria comunità. I tatuaggi risalgono a oltre 10,000 anni fa. Ci sono documenti che riportano piercing al naso nel 4000 a.C. in medioriente, tanto da essere menzionati nella Bibbia (Genesi, 24:22).
I piercing alla lingua li facevano addirittura gli aztechi. Le geishe giapponesi si facevano crescere i piedi fasciati per avere i piedi piccoli, le donne africane si allungavano il collo con anelli o si inserivano sassolini sottopelle.
Ma gli occidentali hanno un grosso problema d’ipocrisia, in materia.
Ogni volta che si parla di Diletta Leotta, per esempio, è un fiorire di illazioni e schizzetti di veleno: si è rifatta il naso, si è rifatta le tette, non è naturale seguito da qualche diva ormai sepolta citata come esempio di purezza. Per la mentalità occidentale una rinoplastica o una mastoplastica additiva autorizzano derisioni e body shaming celebrato dall’ormai iconico “sono finteeeee” della pubblicità. Come se ci fosse qualcosa di male o di esecrabile nel modificare il proprio corpo. Nessuno quando vede dei denti regolari si mette a dire “sono finti” o “non sono naturali” o “complimenti al chirurgo”.
Lo stesso discorso vale per i bodybuilder
Modelli, cubisti, spogliarellisti o semplici palestrati, appena fanno capolino in pubblico alle loro spalle è un fiorire di “sono tutti steroidi”, “non è naturale” o vengono fatte illazioni sulle preferenze sessuali o sulle dimensioni della sua virilità. Ma modificare il proprio corpo non è una cosa che ha il coraggio di fare chiunque. È questo che manda in bestia chi li deride: non li umilia sentirsi più brutti, ma più deboli.
A differenza loro non ha avuto l’abnegazione, la costanza, lo spirito di sacrificio. Nel caso dei bodybuilder, poi, ci va di mezzo la salute. Ottenere un fisico da Mr. Olympia o Arnold classic mette a repentaglio la propria vita, e non sono più gli anni ’70 quando di tutto questo non si sapeva niente.
Oggi si sa eccome, e alcuni lo fanno lo stesso.
Ogni volta che vediamo una donna rifatta o un bodybuilder possiamo decidere se vederne solo l’estetica e fermarci alla superficialità, oppure possiamo scegliere di vedere l’essenziale – che ovviamente è invisibile. Gli aperitivi saltati, le mattine a correre, il fot*uto petto di pollo alla griglia, le verdure bollite, i fiocchi d’avena, la pasta proteica pesata al grammo, l’olio col cucchiaino.
I soldi messi da parte per pagarsi personal trainer, nutrizionisti, proteine in polvere, un chirurgo capace e/o gli anabolizzanti. Le ore di studio a guardare allenamenti, tabelle, progressi, plateau. L’estetica non è uno sport, è una disciplina che la popolazione spritz e pancetta non capisce perché non la vuole capire.
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