Nello stato di Victoria, in Australia, sono appena stati registrati 33 nuovi casi di Covid19, di cui 31 non hanno idea di come l’hanno contratto. In tutto sono 73 ricoveri e 370 contagi. È la cifra più alta registrata in città fin dall’inizio dell’epidemia. Il governatore Daniel Andrews mette un budget di tre milioni di dollari per un’indagine approfondita così da capire cosa sia successo; si scopre che buona parte dei contagiati erano stati in quarantena dentro lo Stamford plaza hotel, il Rydges hotel e lo Swanston, dov’erano confinati gli ospiti provenienti dall’estero. È strano, perché in alberghi tanto prestigiosi – sono tutti a cinque stelle – ci si aspetta l’igiene sia alta e il personale qualificato.
Dopo aver ascoltato testimoni e contagiati salta fuori che per assicurare l’ordine e il mantenimento della quarantena, gli alberghi si erano dotati di guardie di sicurezza extra: queste non avevano ricevuto alcun addestramento, in alcuni casi gli era solo stato fatto un discorso di cinque minuti per poi essere posizionati nelle hall, nei corridoi e negli ingressi. I loro curriculum erano semplici: “sono un ragazzino di vent’anni fisicato in uniforme”.
In caso si tratti di sorveglianti di profumerie e negozietti può anche funzionare.
Il problema arriva quando all’interno di questi alberghi ci sono persone single, con mentalità anglosassone e che per quindici giorni non possono usufruire di amanti, amici o Tinder, ma hanno a disposizione una camera da letto e il bar nella hall. Accade quindi l’impensabile: cominciano a fornicare tra loro come conigli in un free for all dove oggi uno, domani l’altra, alla fine gli alberghi diventano depositi di armi batteriologiche. Poi il lockdown finisce e i residenti sono liberi di vagare per l’Australia spargendo il morbo a destra e a manca.
Quanti? A una stima approssimativa, si parla di 60,000 persone.
Così, per una trombata, ora a Melbourne 300,000 persone tornano in lockdown e si preparano a un disastro. Sarà un’estate interessante, per gli australiani.