Redditometro: il grande assente. Ecco gli ultimi dati disponibili
Il redditometro come strumento anti-evasione fiscale: il meccanismo di funzionamento e gli ultimi dati sul declino dell’utlizzo pratico di esso
Il redditometro, come strumento per scovare i furbetti dell’evasione fiscale, sembra passato di moda. Ce lo dicono gli ultimi dati a riguardo, ed in particolare lo chiarisce una deliberazione della Corte dei conti sul rendiconto generale dello stato 2019, la quale – aggiornando le informazioni degli accertamenti sintetici emessi dal Fisco negli ultimi cinque anni – acclara la pressoché totale sparizione del redditometro dall’insieme di strumenti, utilizzati concretamente dall’Agenzia delle Entrate, per individuare chi evade le tasse. Vediamo più nel dettaglio.
Redditometro: che cos’è in sintesi
Prima di considerare più da vicino gli ultimi dati disponibili, relativi all’anno 2019, spendiamo qualche parola sul concetto di redditometro. Con esso, la norme tributarie intendono uno strumento di accertamento sintetico, che risale al reddito di un certo contribuente persona fisica, sondando le manifestazioni di capacità contributiva. Al contribuente spetta di provare che la disponibilità di beni e servizi è compatibile con il proprio reddito, ovvero con le proprie risorse finanziarie, le quali possono scaturire dalla tipologia di lavoro svolto oppure anche da altre fonti come i finanziamenti o i prestiti.
In particolare, l’accertamento da redditometro permette al fisco di individuare in modo induttivo il reddito totale del contribuente, ponendo il focus non sulle singole fonti di redditi non dichiarati allo Stato, ma piuttosto sulla capacità di spesa del contribuente persona fisica, sottoposto a vaglio. Infatti, il principio collegato al redditometro è il seguente: a ciascun flusso economico in uscita deve corrisponderne uno in entrata, la cui irrilevanza dal punto di vista del reddito, dovrà però essere comprovata dal contribuente persona fisica. Differenti sono i fattori che aiutano l’Amministrazione Finanziaria a valutare il corretto comportamento del contribuente, come ad esempio la zona geografica di provenienza o la composizione del nucleo familiare.
Attraverso lo strumento del redditometro, il fisco presume insomma il reddito del contribuente analizzato, sulla scorta dei dati delle spese e dei beni posseduti da quest’ultimo. Lo scopo è quindi individuare gli importi che dovrebbero essere determinati in dichiarazione dei redditi. Anzi, nell’ipotesi in cui il reddito presunto dall’Agenzia delle Entrate dovesse discostarsi in maniera significativa dal reddito effettivamente dichiarato dal contribuente, anche se per un solo periodo d’imposta, le conseguenze inevitabili sarebbero gli accertamenti fiscali ed i controlli. Se emerge uno scostamento significativo tra i dati di reddito e quelli delle spese, il contribuente non sarà però anche presunto automaticamente “evasore fiscale”: dovrà infatti presentarsi presso gli uffici dell’Amministrazione Finanziaria, per dimostrare di essere in regola dal punto di vista fiscale.
Un meccanismo quasi scomparso: ecco perché
Se quello visto finora è il quadro generale di funzionamento del redditometro, è però vero che – come accennato all’inizio – questo strumento è ormai quasi inutilizzato dal fisco. I dati raccolti dalla Corte dei Conti ce lo confermano: nel corso del 2019, in tutta la penisola sono stati emessi solo 1.850 accertamenti sintetici del reddito delle persone fisiche. È il dato numerico più basso dall’anno 1991, in cui fu varato il redditometro per stabilire sinteticamente il reddito delle persone fisiche residenti in territorio italiano. Ma non solo: la scomparsa quasi totale del redditometro è avvenuta in maniera assai veloce. Infatti, se ad esempio confrontiamo gli ultimi dati con quelli del 2012 – anno del famoso blitz di fine anno a Cortina – gli accertamenti sintetici di quell’anno furono al di sopra delle 37.000 unità.
La magistratura contabile, in particolare, ha fatto notare che oggi l’accertamento sintetico non è adeguatamente valorizzato nella strategia dei controlli anti-evasione. E ciò nonostante i milioni di dati sui contribuenti, inclusi in anagrafe tributaria, e nonostante il fatto che il redditometro sia stato rivisitato qualche anno fa, attraverso la ricompilazione dell’art. 38 del dpr 600/1973, da parte del dl n. 78 del 2010. Concludendo, per auspicare una sorta di “rinascita” del redditometro, forse occorre attendere un nuovo intervento del legislatore, sulle cui tempistiche però non si sa al momento nulla.
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