L’imprenditore untore di Vicenza ha ritratto un paese
L’imprenditore che ha contagiato qui e lì nascondendo prostitute e andando a Medjugore è il ritratto d’Italia, non solo di Vicenza.
L’imprenditore vicentino della Laserjet ha 65 anni, è benestante, vive in un villone con maggiordomo e ha già collezionato svariate denuncie per sfruttamento della prostituzione. Parte per la Serbia il 24 giugno con due collaboratori e un amico, va in una filiale locale dell’azienda, si infetta a contatto con un vecchio impiegato serbo 70enne “asintomatico” e rientra in auto a Sossano con tutta la comitiva.
Una volta tornato, forse ispirato dal celebre hashtag #AbbracciaUnCinese contatta una massaggiatrice per straviarsi, e dopo aver completato il massaggio più vecchio del mondo ricontatta gli amici e decide di far rotta per Medjugore, in Bosnia. Il 27, quando torna, nota che gli manca l’appetito e gli fanno male le ossa. Si misura la febbre: 38°.
“Sarà un malessere passeggero”
L’imprenditore corre quindi a una festa di compleanno, poi va a un funerale, poi torna nella sua fabbrica, il tutto intervallato da molte soste nei bar del veneto. Va a letto che non sta molto bene, ma potrebbero essere gli effetti dell’alcool. Il giorno dopo i sintomi si aggravano, va al pronto soccorso, scopre di essere infetto e quando gli viene proposto di essere ricoverato lui manifesta «un atteggiamento irrispettoso verso medici e infermieri», poi firma la dimissione volontaria e se ne va con maschio cipiglio. In ospedale i medici sono terrorizzati e chiamano i Carabinieri.
A Belgrado la città entra in lockdown.
I NAS si presentano dall’imprenditore assieme a medici e sindaco in persona. Si riesce a tirare fuori i contatti e il percorso fatto dall’imprenditore che prima aveva detto di non ricordare. Nella prima versione lui omette l’amico imboscato in viaggio di lavoro, la massaggiatrice cinese e quando si tratta di fornire dati sulla festa rimane sul vago.
Al sindaco basta sapere il nome di un altro partecipante; lo contatta e quello dice chi e quanti erano alla festa: un centinaio di persone tra cui bambini. Mentre l’imprenditore entra in rianimazione, i suoi colleghi avvertono gli stessi sintomi e vanno al pronto soccorso aggiungendo dettagli. Anche la massaggiatrice arriva in ospedale, inanellando un’inaudita sequela di palle.
117 persone entrano in isolamento preventivo
Salta fuori che alla festa c’erano Giuseppe Cruciani e il celebre Joe Formaggio, sindaco-sceriffo di Albettone e consigliere regionale di Fratelli d’Italia. Contattato dai giornalisti, Formaggio dice che l’imprenditore ha commesso una leggerezza imperdonabile, poi fa un parallelismo febbre-arma: se esci con la febbre è come uscire con una pistola, può capitare che ti parta un colpo. È la risposta che darei anch’io se mentre giro con una pistola t’ammazzo la moglie: eh, signor giudice, io giro con la pistola, può capitare parta un colpo.
Joe Formaggio dice che il tampone ha dato esito negativo e rifiuta di sottoporsi all’isolamento fiduciario previsto dal protocollo, perché secondo lui “non ce n’è bisogno”.
“I soliti veneti”
In rete è un fiorire di razzismi vari sul fatto che questa storia pare Signore e signori di Germi (che è anche vero, dai) e rappresenta l’archetipo del veneto lavoratore e ipocrita. Perché, se invece fosse stato un trentino o un romano, ci saremmo stupiti? Se fosse stato palermitano o napoletano, non avrebbe meravigliosamente ripercorso punto per punto ognuna delle tappe dell’imprenditore vicentino?
Cossiga aveva ragione, gli italiani sono sempre gli altri. Chi sbagliava era Massimo D’Azeglio, quando disse che l’Italia era fatta e ora bisognava fare gli italiani. Noi esistiamo da molto prima dell’Unità. Siamo sempre gli stessi, con gli stessi pregi e gli stessi difetti che vediamo nei nostri fratelli per non vederli in noi. È tragico, come destino, ma come quasi tutta la poesia del nostro popolo, si porta con sé una vena di sublime.