Coronavirus ultime notizie: continuano a emergere studi e teorie sulla provenienza, anche temporale, del virus. E stando alle ultime ricerche sembra che il Covid-19 non sia nato proprio nel 2019, ma forse circola nel mondo da diverso tempo e probabilmente è solo rimasto inattivo. Ad esempio, stando a un’inchiesta pubblicata sul Sunday Times, sembra che il nuovo coronavirus non sia poi così tanto nuovo, visto che sarebbe già apparso nel lontano 2012, in una miniera di rame situata nello Yunnan, ovvero nel profondo sud della Cina, ricca di guano di pipistrelli.
Coronavirus ultime notizie: virus già presente dal 2012?
Lo studio rivela che tre dei sei operai che visitarono quella miniera furono ricoverati d’urgenza in ospedale dopo l’insorgenza di sintomi difficilmente associabili alle patologie già note e che invece sembravano ricondurre per lo più a una polmonite anomala. Come riporta l’Agi, il loro caso fu sottoposto alla sorveglianza dello pneumologo Zhong Nanshan, che già aveva gestito la crisi indotta dalla Sars e tornato di recente a studiare il nuovo coronavirus. Dagli esami effettuati ai pazienti rimasti in vita che andarono in quella maniera (erano 4, ma 1 morì successivamente) si scoprì che il virus che avevano contratto non era Sars, ma un nuovo coronavirus piuttosto simile a quello già citato.
Una squadra di scienziati si recò così nella miniera (tra di loro vi era anche Shi Zhengli, la massima esperta di virus portati dai pipistrelli) e raccolse un’importante quantità di campione fecale. Si scoprì così che in quella miniera c’erano diversi tipi di coronavirus. I campioni vennero inviati a circa 1000 chilometri di distanza, ovvero a Wuhan, dove era in costruzione un laboratorio specifico per ospitare i patogeni più pericolosi, agevolandone lo studio sullo sviluppo e le eventuali mutazioni dei virus. Uno di questi coronavirus fu ribattezzato RaBtCov/4991, probabilmente lo stesso riscontrato poi a dicembre 2019 a Wuhan. Infatti, in uno studio pubblicato su Nature, Shi disse che uno dei virus che erano a disposizione del laboratorio aveva il 96,2% di comunanza con il Covid-19. Per scoprire l’origine del virus, nei prossimi giorni una squadra dell’Oms si recherà in Cina per capire se esiste un effettivo legame tra quel virus del 2012 e quello ribattezzato Covid-19.
Virus inattivo e poi risvegliato? La teoria
Un’altra teoria interessante sull’origine del nuovo coronavirus è quella di Tom Jefferson, medico del Center for Evidence-Based Medicine (CebM) del Dipartimento di Scienze della salute delle cure primarie di Nuffield, presso l’Università di Oxford. Le sue parole, riportate dal The Telegraph (e qui da noi dal Sole 24 Ore) rimandano l’origine del virus in un posto diverso da Wuhan, ma soprattutto in un tempo differente. Infatti, sono state riscontrate tracce di questo nuovo coronavirus già altrove, visto che alcuni ricercatori spagnoli hanno individuato tracce di Covid già a marzo 2019 nelle acque reflue, dunque ben prima che il virus facesse la sua comparsa in Cina. Non è il solo caso, visto che in Brasile tracce di virus nelle acque reflue sono state ritrovate a novembre 2019 e in Italia, e più precisamente a Milano e Torino, a dicembre 2019.
L’ipotesi è che il nuovo coronavirus, come altre tipologie di virus, restano inattivi per un certo periodo e si riaccendano nel momento in cui le condizioni diventano favorevoli per emergere. Questo porta gli stessi virus a scomparire dopo aver raggiunto un picco, come già accaduto per la Sars, che effettivamente è sparito. Un esempio che rafforza la sua teoria è quello di un caso di Covid-19 nelle isole Falkland: la domanda che si pone Jefferson è la seguente: com’è arrivato questo virus laggiù? E perché su una nave da crociera nel nuovo continente, nonostante lo screening iniziale, il virus è comparso 8 giorni dopo dall’inizio della navigazione? Non è certamente un caso unico, visto che anche per l’influenza spagnola avvenne qualcosa di simile: nelle Samoa il 30% della popolazione morì di questo virus, anche se non avevano avuto comunicazioni con il mondo esterno.
La teoria (da verificare ovviamente) vorrebbe che non conta la provenienza del virus, perché questi ultimi in realtà sono sempre qui e c’è sempre qualche fattore scatenante, in primis le condizioni ambientali favorevoli o forse l’aumento della densità della popolazione, ad accenderli, a riattivarli. Ma la volontà di saperne di più non si ferma qui: a essere messa in discussione è la stessa capacità di trasmissione, visto che quella solo per via aerea non sembra convincere molto, a oggi. “Mettere in discussione tutto e iniziare a costruire ipotesi che si adattano ai fatti, non viceversa”, è la richiesta di Jefferson e Carl Henegehan, il direttore del Cebm, che auspicano indagini più approfondite sul Covid.
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