Oggigiorno a molti aprire un bar potrebbe davvero apparire una scommessa assai azzardata o comunque caratterizzata da così tante variabili da determinare forti dubbi sulla riuscita dell’avventura come lavoratore autonomo. Specialmente dopo l’epidemia di coronavirus e il conseguente lockdown che ha bloccato tantissime attività lavorative (bar compresi), il rischio di fare il cosiddetto “buco nell’acqua” è reale. Tuttavia, per non poche persone resiste il sogno di crearsi una propria attività autonoma e da gestire liberamente, senza imposizioni o ordini da parte dei superiori. Ecco allora che aprire un bar rappresenta, sempre e comunque, un argomento che incuriosisce ed interessa. Ma quanto costa in concreto aprirlo? ovvero quali spese in denaro bisogna fronteggiare all’inizio, per dare avvio al proprio bar? Cerchiamo di chiarirlo di seguito.
Aprire un bar: come comportarsi? l’utilità del business plan
Come accennato, aprire un bar non è operazione esente da rischi e da spese: non è detto infatti che l’attività di vendita di bevande ed altri alimenti vada poi a gonfie vele, specialmente se mancano i nuovi clienti o se ce ne sono troppo pochi. Ma aprire un bar all’inizio implica di dover sostenere l’iter burocratico, che molti sanno non essere rapido ma caratterizzato da diversi gravosi step. Inoltre, alla parte burocratica deve poi sommarsi quella relativa ai costi di avvio e di gestione, di certo non esigui. Ed ovviamente, bisogna effettuare una scelta saggia in merito al posizionamento del nuovo bar: a volte un quartiere piuttosto che un altro, oppure una zona periferica ma frequentata sono fattori determinanti nella mole di incassi collegati al bar.
Tuttavia, la licenza per aprire un bar non è più necessaria per svolgere l’attività in oggetto: in particolare il d. lgs. n. 114 del 1998, ovvero la legge Bersani, ha reso più snello l’iter previsto per aprire le attività commerciali, tranne nel caso delle tabaccherie: per esse infatti resta il dovere di avere la licenza, essendo attività di vendita di prodotti soggetti al monopolio statale. Inoltre, se l’attività commerciale che l’interessato vuole aprire è proprio un bar, è obbligatorio che il futuro titolare abbia comunque avuto anteriori esperienze di lavoro nel mondo del commercio, anche come dipendente, in un’altra attività commerciale dello stesso tipo.
Specialmente chi è alle prime armi nel settore, farà bene a far redigere il cosiddetto business plan (in economia talvolta detto anche piano industriale), ovvero un documento assai dettagliato che ha ad oggetto un progetto d’impresa, e che include:
- le strategie di vendita e di posizionamento stabile sul mercato di riferimento;
- i tempi di rientro dagli investimenti fatti;
- i target a cui mirare;
- i costi fissi e variabili;
- le scelte di marketing da effettuare;
- le previsioni finanziarie.
Insomma, il business plan – realizzato prima dell’effettivo inizio dell’attività – aiuta il futuro titolare del bar a capire come potranno andare le cose e a quali fattori prestare maggiore attenzione. Per redigerlo però sarà necessario avvalersi dei servizi offerti da società specializzate nel settore: non ci si può improvvisare insomma.
Quali step burocratici sono necessari per aprirlo
È chiaro che aprire un bar non è operazione che può compiersi dall’oggi al domani: è necessario rispettare alcuni rilevanti step burocratici per poter iniziare a lavorare. È possibile che l’imprenditore che vuole aprire un bar, sia interessato a costituire, contestualmente, una società: tuttavia, per quanto riguarda la forma più idonea da scegliere ed il correlato regime fiscale, sarà auspicabile servirsi dell’assistenza e dell’esperienza di un commercialista, perché far da soli potrebbe comportare dei rischi. In particolare, il futuro titolare è tenuto – in ogni caso – ad aprire una partita IVA, cui sono collegati costi fissi di gestione, legati alla doverosa iscrizione alla Camera di Commercio ed al pagamento delle prestazioni del commercialista: il tutto per un ammontare di un paio di centinaia di euro, che vanno comunque tenuti in considerazione, insieme a tutte le altre spese.
Ma non ciò non basta: l’interessato deve anche presentare la cosiddetta Scia (segnalazione certificata di inizio attività) agli uffici di riferimento del proprio Comune (ovvero al Suap – Sportello unico delle attività produttive). In buona sostanza, come sopra anticipato, non è più necessaria la licenza: ora occorre rendere noto al Comune che si vuole aprire un bar, ma nell’osservanza di tutte le regole in materia, senza alcuna autorizzazione in proposito. La Scia è da considerarsi insomma un atto privato di auto-responsabilità, ovvero una auto-certificazione. Per ottenere la Scia sarà però obbligatorio affidarsi ad un tecnico del settore che controlli la corrispondenza del bar ai requisiti urbanistici e che appronti di fatto questo documento, secondo tempistiche ben precise.
Sussistono inoltre altri passaggi burocratici per poter aprire un bar in conformità alla legge vigente: tra essi, in particolare ricordiamo l’obbligo di frequenza al corso Sab – ovvero il corso di somministrazione alimenti e bevande – e ad un corso antincendio in materia di rischi e sicurezza a lavoro. Si tratta di una spesa attorno ai 1.500 euro. In alternativa al corso, occorre avere un diploma dell’ambito ristorazione, oppure aver frequentato un corso di commercio alimentare, oppure ancora occorre aver lavorato nell’ambito della ristorazione in almeno due degli ultimi cinque anni. È necessario anche l’ottenimento dell’attestato HACCP, ovvero la certificazione dell’avvenuta formazione – previo apposito corso – in relazione alle normative sull’igiene e la sicurezza alimentare, applicate ai responsabili e agli addetti dell’industria alimentare.
Non meno importante, serve iscriversi all’Inps per il versamento dei contributi, e all’Inail per essere assicurati contro gli infortuni sul lavoro.
Alcune autorizzazioni eventuali e specifiche: il budget minimo
Possono essere altresì previsti alcuni ulteriori permessi o autorizzazioni, al verificarsi di certe condizioni. Ad esempio, se il bar che si vuole aprire si trova nella struttura di un condominio e si vuole installare un forno che implica la costruzione di una cappa con canna fumaria, è obbligatorio ottenere il permesso di tutti i proprietari dell’immobile. Per quanto attiene all’agibilità dei locali del bar, è poi necessaria l’autorizzazione Asl. Se all’interno del bar vengono utilizzati apparecchi che diffondono musica o immagini, il titolare dovrà altresì pagare i diritti Siae, per un cifra corrispondente ad un paio di migliaia di euro e per esporre l’insegna, c’è una tassa specifica, il cui ammontare dipende dalla scelta del singolo Comune.
In conclusione, l’interessato ad aprire un bar deve altresì spedire una comunicazione unica al Registro delle Imprese tenuto presso la Camera di commercio di riferimento, che di seguito la farà pervenire a tutti gli altri enti coinvolti. Ricapitolando, in tema di spese da sostenere per aprire un bar, tra arredi, attrezzature, affitto, costi della burocrazia e del commercialista, merci, allaccio utenze, eventuali assicurazioni ed iscrizioni varie, si può stimare che la cifra minima per poter aprire un bar corrisponde a non meno di 60.000 euro, la quale può certamente salire in relazione alle tante variabili concrete e può addirittura raddoppiare qualora l’interessato voglia subentrare in un bar già ben radicato sul territorio.
Segui Termometro Politico su Google News
Scrivici a redazione@termometropolitico.it