Cronache dalle piazze per la Costituzione

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Le manifestazioni di sabato scorso in difesa della Cosittuzione e della scuola pubblica

Più di un milione di persone ha partecipato alle manifestazioni in difesa della Costituzione e della scuola pubblica che si sono tenute in oltre 100 città in Italia e all’estero. Questa è la cifra che hanno fornito gli organizzatori di quello che ormai viene chiamato per brevità “C-Day”. Di diverso avviso il Viminale che ha diffuso i dati “ufficiali”: sarebbero state quarantatremila le persone che hanno partecipato il 12 marzo in varie città italiane alla mobilitazione. A Bologna hanno partecipato alla manifestazione in cinquemila; una cifra analoga si è contata a Firenze, dove in Piazza della Signoria una schiera di persone ha formato un enorme slogan umano, una lettera per ogni manifestante, con la scritta “Noi in piazza, governo a casa”; a Padova duemila persone hanno attraversato il centro cittadino e davanti al Caffé Petrocchi un “flash mob” è stato organizzato dagli studenti; a Genova, in piazza in centinaia hanno distribuito panini “riempiti” di poesie e articoli della Costituzione; a Trieste elmetti tricolore; e poi ancora iniziative simili a Vicenza e Reggio Emilia, Napoli e Siena, Palermo e Pescara, Aosta e Perugia, Pesaro e Potenza, Pisa e Livorno. Manifestazioni di italiani che vivono all’estero e che vogliono difendere la Costituzione si sono svolte a Francoforte (la più numerosa, con centinaia di manifestanti) e a Lille, in Francia, organizzate dalle comunità italiane locali. Altre iniziative si sono tenute adAmsterdam, Bruxelles, Edimburgo, Ginevra, Helsinki, Madrid, Londra, Praga, Siviglia

[ad]Particolarmente partecipate e significative le manifestazioni svoltesi a Milano, Torino e Roma. A Milano, diverse migliaia di persone si sono radunate in Largo Cairoli e alla manifestazione, che ha visto la partecipazione di Salvatore Borsellino, è intervenuto anche Dario Fo che, dopo aver fatto un vero e proprio show contro Berlusconi (senza risparmiare critiche all’opposizione incapace, secondo il premio nobel, di cambiare la situazione) tra continui applausi ha detto: “Ho sognato di svegliarmi in un’Italia con gli arabi qui e con Bossi e tutti i leghisti scappati in Svizzera”. A Torino, in difesa della Costituzione, è scesa in piazza anche l’Orchestra del Teatro Regio, che ha suonato l’inno di Mameli per i circa duemila manifestanti radunatisi nella centrale piazza Castello: qui la soprano Cristina Cordero è scoppiata in lacrime quando la folla l’ha acclamata durante il canto dell’Inno di Mameli. Molte le adesioni eccellenti e tra le altre quella dell’ex presidente della Corte costituzionale, Gustavo Zagrebelsky: “Ci sono momenti di aggregazione sociale in difesa delle buone regole della vita democratica. Credo che oggi sia uno di questi”. E ancora: “Siamo di fronte a un rovesciamento della base democratica. La democrazia deve tornare a camminare sulle sue gambe: sostenuta dal basso. Non un potere populista che procede dall’alto”.

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[ad]L’evento principale è stato organizzato a Roma, con la partecipazione di circa venticinquemila persone, sempre secondo i dati della questura. Una bandiera tricolore grande 60 mq ha aperto il corteo romano che è sfilato per le vie del centro, partendo da piazza della Repubblica al grido di “Viva l’Italia”, e dirigendosi verso Piazza del Popolo, dove è stato allestito un palco la cui scenografia era tanto semplice quanto suggestiva: “E’ viva la Costituzione”. Qualche momento di tensione quando gli studenti provenienti dalla Sapienza hanno cercato di raggiungere prima Piazza di Spagna e poi, dopo aver attraversato la folla in piazza del Popolo, hanno proseguito sul lungotevere, dirigendosi prima verso il Vaticano e poi tornando indietro fino alla Bocca della Verità, al Circo Massimo. La manifestazione, aperta e conclusa in piazza del Popolo con l’Inno di Mameli, ha visto la partecipazione ed il sostegno di molti gruppi ed associazioni: Articolo 21, promotore con altri della giornata a difesa della Carta, il Popolo viola, la Cgil, le associazioni dei docenti, dei genitori, la Rete e l’Unione degli Studenti, e poi esponenti di partito senza bandiere, tantissimi anziani. Sin dagli inizi, è stato chiaro il messaggio che si voleva lanciare: la dedica e il minuto di silenzio in memoria delle vittime del cataclisma giapponese è stato infatti accompagnato dalle parole di Aiga Nasawa, “un’amica” della Costituzione, la quale ha detto al microfono, emozionatissima: “Le fondamenta del mio Paese sono scosse, le vostre fondamenta sono la Costituzione”. Ha commosso poi il giornalista libico Farid Adly il quale, ricordando piazza Tahrir e la ultra 40enne dittatura libica, ha chiesto ai “cittadini” di non permettere che distruggano una “cosa bellissima”, la Costituzione.

Intervento poi del costituzionalista Alessandro Pace il quale, nel trattare degli articoli 1 e 2 della Costituzione[1], ha detto: “I limiti esistono per i magistrati, come ora si pretende, ma anche per i parlamentari e per il presidente del Consiglio”. E poco dopo, introdotto dall’articolo 101 della Carta[2], la piazza ha accolto con un grande applauso Antonino Ingroia, procuratore aggiunto di Palermo. “La vostra partecipazione – esordisce il magistrato – dimostra che avete capito che la riforma della giustizia è in realtà una controriforma. Che non è solo una questione di carriere separate o di procedure disciplinari. La posta il gioco è molto più alta e riguarda tutti. Se dovesse passare questa controriforma della giustizia – ha poi affermato – avremmo uno stato di diritto azzoppato. Se il potere giudiziario viene schiacciato dal potere esecutivo, che vuole conquistare il controllo diretto dell’esercizio dell’azione penale, di fatto i cittadini non saranno più uguali di fronte alla legge e non lo saranno all’interno della Costituzione”.

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[ad]Lo scrittore e magistrato Giancarlo De Cataldo ha spiegato l’attacco alla cultura con la “paura della diffusione di  idee” che non si allineano alla propaganda. Ascanio Celestini ha ricordato i moti del 1848 e la Repubblica romana, che si diede una Costituzione diventata, 100 anni dopo, base dell’attuale testo. E vibrava di passione Monica Guerritore mentre ricordava l’articolo 4 della Costituzione[3], il diritto e il dovere dei cittadini di concorrere al progresso materiale e – ha sottolineato – spirituale.

E arrivato infine il momento della scuola pubblica: aperta a tutti, gratuita e obbligatoria nei gradi inferiori, che premia e sostiene i meritevoli che non hanno mezzi a sufficienza[4], o almeno così dovrebbe essere. La realtà delle ultime manovre finanziarie oggi dice il contrario e Silvia Calamandrei ha rievocato ancora una volta la profezia partorita nel 1950 dalla mente dello zio Piero, uno dei maggiori tra i Padri costituenti che scrissero la Carta fondamentale: “Se un partito vuole introdurre una larvata dittatura, deve abbattere l’imparzialità della scuola pubblica. Come? Impoverendo i loro bilanci, allentando i controlli sui privati e dirottando verso di loro le risorse pubbliche”. Marina D’Altri, del coordinamento genitori di Bologna, ha denunciato poi i tagli alla scuola pubblica e la vergogna dei fondi pubblici dirottati su istituti privati che “un migrante non potrà mai frequentare”. E poi ancora è il “maestro di strada” Marco Rossi Doria, che insegna ai ragazzi dei Quartieri spagnoli di Napoli, ad urlare alla piazza il comma 2 dell’articolo 3 della Costituzione: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

A unire tutti, soprattutto “studenti e operai”, arriva infine Roberto Vecchioni che offre alla piazza “Chiamami ancora amore”, canzone trionfatrice al festival di Sanremo, perfetto inno di quest’altra Italia che, come recita il testo, si dice convinta “che questa maledetta notte dovrà pur finire…”. Ma Vecchioni canta anche “Sogna ragazzo sogna”, traccia che di tutta la carriera artistica dell’autore forse lo rappresenta di più come uomo, come professore, come pensatore: è un incitamento a non lasciarsi andare, a riflettere, a mettersi in discussione; è una esortazione rivolta ai giovani, magari i suoi allievi, a non vivere passivamente, a non tralasciare i sentimenti ma a coltivarli, a correre qualche rischio pur di affermare le proprie idee.

 


[1] Art. 1 Cost.: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

Art. 2 Cost.: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

[2] Art. 101 Cost.: “La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge”.

[3] Art. 4 Cost.: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

[4] Art. 34 Cost.: “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”.