Sono davvero tanti i quesiti cui i tribunali debbono dare una risposta, dopo essere stati chiamati a valutare e decidere le sorti di una controversia. Infatti, abbiamo già parlato più volte di quanto sia utile il contributo della giurisprudenza, in caso di lacune nelle leggi o in ipotesi di norme di difficile interpretazione, o peggio ancora in caso di norme ambigue. Qui di seguito vogliamo occuparci, nuovamente, di una di tali questioni pratiche, che vede questa volta coinvolti Stato da una parte e contribuente dall’altro: entro quanto tempo si prescrivono le tasse dello Stato? ovvero, quando scatta la prescrizione tasse Stato e quindi non vanno più pagate? Vediamolo.
Prescrizione tasse Stato: il contesto di riferimento e la cartella esattoriale
Negli ultimi anni, in materia di prescrizione tasse Stato, stiamo registrando un orientamento giurisprudenziale piuttosto consolidato in una direzione, come testimoniano le pronunce non solo della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, ma anche della stessa Corte di Cassazione, che sul punto è intervenuta con vari provvedimenti, tutti fondati sullo stesso principio. L’argomento che qui interessa è appunto quello della prescrizione tasse Stato, ovvero della scadenza delle cartelle esattoriali. Queste ultime sono, secondo il diritto tributario italiano, quegli strumenti di cui l’Agenzia delle Entrate Riscossione si serve per riscuotere in modo coattivo un credito vantato verso il contribuente. La cartella esattoriale è da intendersi un atto amministrativo ed un titolo esecutivo, ovvero un atto per il quale si può attivare un pignoramento in assenza del pagamento delle tasse. In estrema sintesi la funzione della cartella esattoriale – che qui interessa dato che parliamo di prescrizione tasse Stato – è rendere celermente nota al contribuente la sua posizione debitoria verso l’ente impositore. Se il debito non viene saldato, l’emissione della cartella esattoriale autorizza all’iter di esecuzione forzata. Insomma, la cartella esattoriale è un atto che viene spedito al contribuente per richiedere formalmente il pagamento di tasse, multe, imposte ipotecarie e catastali, imposte sui redditi, contributi previdenziali ecc. Ricordiamolo brevemente: dal primo luglio 2017, l’attività concreta di riscossione è stata conferita all’Agenzia delle Entrate Riscossione e c’è stata così la formale abolizione della tanto discussa Equitalia.
Pertanto, la cartella, che certamente rileva in materia di prescrizione tasse Stato, rappresenta sia una sorta di diffida ad adempiere, dando al contribuente il termine di 60 giorni dalla notifica per saldare il debito, sia un precetto, permettendo all’Agente della Riscossione di agire esecutivamente contro il contribuente inadempiente. L’Agenzia della Riscossione, attraverso il sistema delle cartelle esattoriali, può quindi occuparsi dei crediti riconducibili allo Stato, facendo valere sanzioni ed interessi sull’importo originario di capitale.
La giurisprudenza sul tema: il cambio di rotta
Dopo queste necessarie premesse, possiamo tornare a quanto anticipato, ovvero alle precisazioni della giurisprudenza in materia di prescrizione tasse Stato. Anzitutto, rimarchiamo che se parliamo di prescrizione tasse Stato, ci riferiamo alle tasse già iscritte a ruolo, ovvero già sotto la lente dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, incaricata della formazione e notifica delle citate cartelle esattoriali. È chiaro che, una volta scaduti i termini di prescrizione, lo Stato non potrà più esigere alcunché nei confronti del contribuente-debitore.
In passato, la giurisprudenza aveva sostenuto, in materia di prescrizione tasse Stato e di correlata prescrizione cartelle esattoriali, che il termine di prescrizione per i tributi per gli enti locali come Regioni e Comuni fosse pari a 5 anni, mentre per i tributi allo Stato fosse di 10 anni. La ragione della distinzione era fondata sull’art. 2948 del Codice Civile, relativo alla prescrizione quinquennale, e sul concetto del “presupposto di imposta”, ovvero la base imponibile rappresentata dal reddito del contribuente, variabile ogni anno, in caso di tasse allo Stato.
Oggi, l’orientamento dominante dei giudici è però cambiato, prevedendo ormai il termine di prescrizione quinquennale sia per le tasse locali, sia per quelle erariali. Infatti, secondo la Commissione Tributaria del Lazio, la notifica della cartella esattoriale non ha la funzione di trasformare tale termine in quello più lungo decennale, come invece avviene a seguito della pronuncia della sentenza conseguente a contenzioso: insomma soltanto a seguito di processo, la prescrizione diventa decennale, poiché la sentenza di rigetto (che diventa il titolo per la richiesta di pagamento) su ricorso del contribuente segue – come tutti gli atti di natura giudiziaria – l’ordinario termine decennale di prescrizione. La citata Commissione, pertanto, ha semplicemente chiuso il cerchio, sancendo la prescrizione breve di 5 anni anche per la notifica di atti collegati a tasse dello Stato.
In estrema sintesi – per consolidato indirizzo giurisprudenziale – sia le tasse locali che quelle statali si prescrivono nel termine di 5 anni dalla data nella quale il tributo è dovuto o dalla data dell’ultimo atto di sollecito di pagamento. D’altra parte porta a queste conclusioni anche la considerazione per la quale l’ente deve attivarsi con la maggior celerità e tempestività possibile al fine di ottenere quanto dovuto dal contribuente, essendo quindi quello quinquennale un termine congruo.
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